“Entro dodici mesi”, scrive il quotidiano spagnolo La Vanguardia, “il governo guidato da Giorgia Meloni vuole creare le condizioni per il ritorno dell’Italia al nucleare. Si tratta di una decisione storica, visto che quasi quarant’anni fa, dopo l’incidente alla centrale di Černobyl e i referendum nel 1987, il paese aveva rifiutato questa forma di energia”.
Il 28 febbraio il consiglio dei ministri ha approvato una nuova legge quadro che concede al governo la delega, da esercitare entro un anno, per emanare uno o più decreti legislativi per definire le nuove norme “per produrre energia da fonte nucleare sostenibile sul territorio nazionale”. Il piano fissa una quota ottimale di produzione di energia nucleare tra l’11 e il 22 per cento della domanda di elettricità. “Il nucleare sostenibile”, spiega la relazione illustrativa al disegno di legge, “può offrire energia elettrica pienamente decarbonizzata in modo continuativo nel tempo, emancipando al tempo stesso il paese dalla dipendenza dai fornitori esteri di fonti fossili”.
La nuova legge dovrà anche regolare lo smantellamento degli impianti esistenti, la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito. “L’obiettivo del governo è avere un quadro normativo per superare i divieti sanciti dai referendum abrogativi del 1987”, scrive il quotidiano spagnolo, “puntando sul fatto che oggi la tecnologia è diversa da quella di allora”.
Il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha precisato che “stiamo parlando di piccoli reattori in fase sperimentale che vedremo nel prossimo decennio”, invece delle grandi centrali di terza generazione (quelle chiuse nel 1987).
Una decisione in controtendenza, dato che, spiega La Vanguardia, “in Europa, la Germania ha abbandonato il nucleare quando a guidare il paese c’era Angela Merkel. E che anche la Spagna sta pianificando una chiusura scaglionata delle centrali”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1604 di Internazionale, a pagina 41. Compra questo numero | Abbonati