Il 4 marzo 2025 la Commissione europea ha presentato un piano che punta a mobilitare quasi ottocento miliardi di euro per la difesa dell’Europa e a fornire aiuti immediati all’Ucraina, in difficoltà a causa della sospensione di quelli statunitensi. In una lettera indirizzata ai leader dei ventisette paesi dell’Unione la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha illustrato il piano “Riarmare l’Europa”. La cifra di ottocento miliardi non va presa alla lettera, sottolinea però El País, “perché ha bisogno di essere spiegata nel dettaglio. Tutto fa pensare che si limiterà a riorientare risorse già in circolazione, anche se la cifra dà comunque un’idea dell’impegno: significa investire quattro volte di più di quanto l’Unione ha dato all’Ucraina da quando la Russia l’ha invasa”. Insomma, continua il quotidiano spagnolo, “nel piano di Von der Leyen ci sono pochissimi soldi freschi. La parte del leone è l’invito a spendere rivolto agli stati: 650 miliardi di flessibilità fiscale in quattro anni (traduzione: la spesa per la difesa non sarà inclusa nel deficit, per incoraggiare i partner a spendere il 2 per cento del pil come chiesto dalla Nato, o il 3,5 per cento del pil che è stato posto come nuovo obiettivo). Il resto si basa sul riutilizzo dei soldi previsti dal fondo Next generation (circa novanta miliardi) e di quelli dei fondi strutturali per ricerca, sviluppo, innovazione e mobilità a favore dell’industria della difesa. Curiosamente, anche durante la crisi dell’euro e quella del covid erano stati mobilitati ottocento miliardi di euro: una cifra magica. Ma allora c’erano molti più soldi freschi”.
C’è un altro aspetto di cui tener conto. “Mentre l’alleato tradizionale – Washington – ritira il sostegno all’Ucraina e la Commissione europea si prepara ad aumentare drasticamente la spesa per la difesa, l’industria delle armi sta facendo di tutto per assicurarsi di essere ben posizionata per influenzare la politica di Bruxelles”, scrive il quotidiano Politico. “Da quando la guerra ha raggiunto le porte dell’Europa, nel febbraio 2022, le aziende della difesa hanno cominciato la stagione del raccolto, aumentando significativamente la loro presenza nelle sedi delle istituzioni europee. Tra il 2022 e il 2023 il budget per le attività di lobbying è aumentato di circa il 40 per cento. La maggior parte delle aziende ha aumentato il personale a Bruxelles. ‘Stiamo assistendo a un interesse senza precedenti, guidato dalla cruda realtà del panorama della sicurezza’, afferma Line Tresselt, direttrice del gruppo difesa e sicurezza della Rud Pedersen, una società di consulenza. È una vecchia battaglia: i produttori di armi europei vogliono assicurarsi che i fondi dell’Unione vadano alle aziende locali, mentre anche quelli non europei vogliono una fetta della torta”. Fetta che è sempre più grande, ricorda Diario Red: “Il 3 marzo le borse europee si sono svegliate con dei rialzi storici per le principali aziende di armi del continente: la spagnola Indra è cresciuta di più del 10 per cento, l’italiana Leonardo di quasi il 12 e le francesi Thales e Dassault Aviation rispettivamente del 15,8 e del 16,8. La britannica Bae Systems è salita **
del 17 per cento e la tedesca Rheinmetall del 14. La BlackRock, il più grande fondo d’investimento al mondo, ha di recente migliorato il rating delle azioni europee, citando l’aumento della spesa militare come una delle ragioni principali”. Comunque, scrive Sylvie Kauffmann su **Le Monde, “ci sono volute l’ebbrezza di potere di un vecchio imprenditore immobiliare diventato presidente degli Stati Uniti e la brutalità di un quarantenne laureato a Yale – J.D. Vance, un ideologo illiberale e bullo – per svegliare finalmente un’Europa addormentata. Volendo distruggere l’Europa, Trump la sta spingendo a unirsi”. ◆
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1604 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati