Pochi pianisti sono riusciti a venire a capo della Via crucis che Franz Liszt compose nel 1879, perché l’alchimia di questo lavoro austero e incostante funzioni, serve che insieme al pianista ci sia un ensemble vocale al suo livello. Leif Ove Andsnes l’ha trovato tra i suoi compatrioti del Norwegian Soloists Choir, che riescono a dare vita a questo rito un po’ sconnesso. Dall’inizio, che ricama sull’inno latino Vexilla regis, i cantanti illuminano il saluto alla croce nella nudità del canto a cappella. Il Cristo vibrante di Oystein Stensheim ci sconvolge. Nella chiesa neoromanica di Oslo dove si sono tenute le registrazioni, Andsnes ha trovato un pianoforte Steinway del 1917 che lo aiuta ad approfondire l’introspezione, in particolare nei momenti solitari (IV, V, XIII), senza rinunciare al dramma, grazie anche alla precisione e alla dinamica di un tocco sontuoso. L’ascolto del coro da parte del pianista, evidente nelle sue risposte sempre assolutamente precise, è davvero notevole. Andsnes non è solo il motore di questa Via crucis, ma regna su tutto un programma lisztiano completato con intelligenza dalle sei Consolations e da due delle Harmonies poétiques et religieuses.
Benoît Fauchet, Diapason
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Questo articolo è uscito sul numero 1614 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati