I produttori italiani di parmigiano, olio d’oliva e altre prelibatezze stanno spedendo di corsa i loro prodotti negli Stati Uniti prima che il futuro presidente eletto Donald Trump metta in atto la sua minaccia di alzare le tariffe doganali sulle importazioni.

Nel 2023 gli Stati Uniti hanno importato cibi, vini e liquori italiani per 4,4 miliardi di euro. Ora però in Italia si teme che l’appetito statunitense per questi prodotti sarà scoraggiato dal probabile aumento dei prezzi dovuto ai nuovi dazi.“Si stanno affrettando tutti a stipare nei magazzini più merce possibile prima che Trump entri in carica”, ha detto Michele Buccelletti, la cui azienda di famiglia produce olio d’oliva e vino in Toscana e in Umbria. Tuttavia questi sforzi si scontrano con la mancanza di container sotto Natale. “Al momento è impossibile trovare container refrigerati da 20 o 40 piedi (28 o 60 metri cubi)”, ha aggiunto Buccelletti. Di solito spedisce dai venti ai trentamila litri di olio extravergine d’oliva negli Stati Uniti due o tre volte l’anno, ma dopo la vittoria di Trump, l’importatore statunitense gli ha chiesto di incrementare le spedizioni.

Filippo Marchi, direttore generale della Granarolo, un’azienda casearia con sede a Bologna, spiega che stanno cercando di inviare più parmigiano reggiano e grana padano alla filiale statunitense. Marchi si è detto preoccupato per i “colli di bottiglia” della produzione, legati ai tempi lunghi di stagionatura dei formaggi, oltre che per i limiti dovuti dalla capacità di spedizione. “Non è possibile produrre grandi quantità in breve tempo”, ha spiegato. “Fino a dicembre è piuttosto difficile trovare spazi extra per il carico. Stiamo cercando tutti di fare la stessa cosa”, ha aggiunto. La Granarolo vorrebbe ingrandire i suoi magazzini per conservare le scorte aggiuntive fino alla fine di febbraio, quando si prevede che i dazi entreranno in vigore. Ma Marchi spera ancora che Trump ci ripensi e non introduca dazi, soprattutto nel settore alimentare. “Bisogna pensare alla disponibilità dei prodotti sugli scaffali dei supermercati,” ha detto.

Grandi quantità di vino

Secondo Luigi Pio Scordamaglia, capo area mercati, internazionalizzazione e politiche comunitarie della Coldiretti, lo stoccaggio della merce probabilmente è cominciato ancora prima della vittoria di Trump, visto che vari produttori si stavano preparando a questa eventualità. Nella prima metà del 2024 le esportazioni italiane di cibo e di vino verso gli Stati Uniti sono aumentate del 19,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si prevede che in totale le esportazioni agroalimentari italiane verso gli Stati Uniti – il mercato più importante al di fuori dell’Europa – quest’anno dovrebbero raggiungere un valore di 7,8 miliardi di euro. Anche se probabilmente i nuovi dazi rallenteranno la crescita, secondo Scordamaglia il mercato rimarrà solido grazie alla “forte domanda di prodotti alimentari italiani negli Stati Uniti”.

Alcuni sperano che la presidente del consiglio Giorgia Meloni, che ha stretto una forte amicizia con Elon Musk, potente sostenitore di Trump e designato come capo di un nuovo ente con compiti di consulenza sul taglio delle spese delle agenzie federali, possa ottenere un trattamento di favore per i prodotti italiani. A novembre il ministro degli esteri Antonio Tajani ha dichiarato che nel primo mandato Trump aveva dimostrato di avere un “occhio di riguardo per l’Italia e aveva fatto scelte diverse per noi rispetto ad altri paesi”, il che potrebbe far sperare in una protezione dall’impatto delle tariffe doganali. “Siamo tutti preoccupati per i dazi, questo è un fatto”, ha tuttavia ammesso Meloni mentre si trovava a Rio de Janeiro per il G20. Il suo governo, ha aggiunto, continuerà a dialogare con l’amministrazione Trump, cercando anche di rafforzare la competitività dell’Europa.

Tra il 2016 e il 2020 Trump aveva imposto dazi del 25 per cento su vari prodotti europei, tra cui vini francesi e formaggi italiani, in risposta ai finanziamenti europei concessi al gigante aerospaziale Airbus. Anche se i vini italiani erano stati risparmiati dai dazi, le aziende vinicole ne avevano risentito lo stesso, spiega Albiera Antinori, presidente della cantina Marchesi Antinori, perché i rivenditori statunitensi avevano aumentato comunque i prezzi: “È stato un danno per l’intero settore. Mette in difficoltà i consumatori e la catena di approvvigionamento”.

Non tutti i produttori di vino italiani stanno accelerando le esportazioni, ha detto Antinori, dato che negli Stati Uniti sono già presenti grandi quantità di vino rosso.

Aumentare rapidamente le esportazioni può essere rischioso, osserva Francesco Mutti, amministratore delegato dell’azienda Mutti, la più grande esportatrice italiana di conserve di pomodoro per il mercato statunitense: bisogna considerare che i costi per comprare la merce e per stoccarla potrebbero non essere compensati se la minaccia dei dazi di Trump non si concretizzasse o se le tariffe fossero inferiori al previsto.

Secondo Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, un’eventuale crescita delle esportazioni sarebbe probabilmente seguita da una fase di rallentamento. Molti produttori temono inoltre che, davanti a un aumento dei prezzi dei prodotti italiani, i consumatori americani scelgano alternative locali più economiche. “Il grande rischio dei dazi è il ritorno sul mercato dei prodotti contraffatti, che sembrano italiani ma non lo sono,” ha detto. “Alcuni consumatori americani sceglieranno quelli che costano meno”. ◆ nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati