Non è questione di buona cultura, disgraziatamente. Putin – ha detto Bergoglio la settimana scorsa alla giornalista argentina Elisabetta Piqué – è colto, conosce alla perfezione il tedesco e l’inglese, con lui si possono fare conversazioni anche letterarie di alto livello; ma la cultura, ha sottolineato il papa, “è qualcosa che si acquisisce, non è una categoria morale, sono due cose diverse”. Si tratta di una vecchia tesi continuamente corroborata da dati di fatto. I colti non sono necessariamente buoni e non esprimono necessariamente una particolare intelligenza del mondo. Anzi, anche quando hanno qualche talento, possono rivelarsi spregevoli canaglie piuttosto ottuse. Ma – va detto – anche le categorie morali sono appiccicate con lo sputo e non offrono niente di risolutivo. Non sono pochi i profeti, i papi, i monsignori, i rigorosi sostenitori di cieli stellati e leggi morali che al momento opportuno hanno dato il tormento a confratelli, colleghi e concittadini. Che dire dunque? Mettere fuori gioco il peggio che cova in tutti noi resta fondamentale e a questo fine la buona cultura non guasta, come non guasta un non tartufesco abito morale. Ma finché si lascia la selva oscura di questo pianeta a feroci consorterie accecate dai loro interessi locali e globali, la buona conversazione e gli imperativi morali non ci salveranno dalle zuffe e dalla distruzione.

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Questo articolo è uscito sul numero 1504 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati