Vi hanno mai detto o per scherzo o sul serio: sei senza vergogna? E avete mai risposto ridendo: sì, sono senza vergogna, e allora? Ci sono azioni e reazioni dei nostri corpi che, a sentircele addosso, ci perturbano, tendiamo o a negarle o ad affermarle con spavalderia. Ma non sarebbe bello smontarle, modificarle, governarle? L’invidia, per esempio. Ci si potrebbe lavorare su e piegarla, che so, a valutazione estetica, farne un sondaggio dello sguardo per capire cosa ci piacerebbe avere di ciò che altri hanno e noi per ora no. O la superbia, quell’odioso presumere di essere il migliore: perché non addomesticarla, perché non mutarla in spinta a volare alto per dare ottima prova di noi? Nelle nostre posture maligne c’è troppa energia sperperata. Addestrarci a comportamenti meno odiosi semplificherebbe la nostra vita e quella degli altri. In questo potrebbe essere di grande aiuto proprio la vergogna, dice Frédéric Gros in un libro intitolato La vergogna è un sentimento rivoluzionario (Nottetempo). Disimpariamo dunque a non arrossire, smettiamola con la simpatia per le facce toste. Il rossore ci svela insopportabili a noi stessi, ci spinge a rompere col mondo immondo, ci fa insorgere. A un certo punto Gros scrive: “Istintivamente non avrei fiducia in qualcuno che affermasse di non aver mai provato vergogna”. È così. Basta con gli svergognati, vergogniamoci.

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Questo articolo è uscito sul numero 1516 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati