All’inizio di marzo Giorgia Meloni si è presentata vestita di bianco a Washington per un lungo incontro con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Al termine la presidente del consiglio italiana è apparsa raggiante. Allineata sul sostegno occidentale all’Ucraina e considerata una partner affidabile dalla Nato, Meloni è stata coccolata dall’ottuagenario presidente, che non ha esitato a baciarla affettuosamente sulla testa davanti alle telecamere. Lontano dall’Italia la leader dei postfascisti si è definitivamente normalizzata. Meloni, che al momento del suo trionfo suscitava forti perplessità tra i lea­der occidentali, sembra essersi inserita senza difficoltà nell’ambiente politico internazionale. Oggi la nostalgia mussoliniana del suo partito, i suoi attacchi contro l’Unione europea e le sue vecchie posizioni a favore di Vladimir Putin (“Stop alle sanzioni contro la Russia”, invocava dopo l’annessione della Crimea nel 2014) sembrano un lontano ricordo. All’estero Meloni vende una sorta di conservatorismo all’italiana incarnato da una destra senza complessi.

Ma in Italia si moltiplicano i provvedimenti improntati alla sicurezza e le misure contro determinati gruppi. Inoltre l’allergia ai contrappesi del governo è diventata evidente. Nel novembre 2022, appena entrata in carica, Meloni ha introdotto un decreto che ha inaugurato il suo mandato nel segno della repressione. Dopo un rave party a cui avevano partecipato circa mille giovani per la festa di Halloween, organizzato in una fabbrica abbandonata vicino a Modena, il governo ha proposto una misura radicale: pene detentive da tre a sei anni e multa da mille a diecimila euro per chiunque organizzi o promuova “l’invasione di terreni o edifici”, oltre alla confisca delle attrezzature.

Nella prima formulazione del decreto il governo aveva previsto la possibilità di compiere sequestri e intercettazioni. “Per il solo fatto di partecipare all’invasione (senza organizzarla) la pena è diminuita”, si legge nel testo piuttosto vago del decreto. Alla fine del 2023 il sottosegretario alla giustizia, Andrea Delmastro, esultava dichiarando: “in un anno abbiamo azzerato i rave illegali”.

“Non esistono più grandi rave party”, conferma il giornalista musicale Damir Ivic. “Tutti gli eventi maggiori come il Teknival non passeranno più dall’Italia. Difficile stabilire con certezza se sia una conseguenza del decreto. Esistono ancora rave più piccoli, ma gli organizzatori devono cercare di non farsi notare”. A ottobre circa cento giovani, tra cui 28 minorenni, non hanno avuto questa fortuna. La polizia li ha identificati e segnalati alla giustizia con l’accusa di essersi riuniti dentro un hangar vicino a Monza. Il provvedimento sui rave può sembrare secondario, ma svela il modo di agire del governo: appena una notizia o un evento sociale agita l’opinione pubblica, l’estrema destra al potere tira fuori il bastone.

Punire i genitori

In autunno un altro fatto di cronaca ha spinto Meloni a introdurre nuove misure punitive. A Caivano, alla periferia di Napoli, due ragazzine di dieci e dodici anni sarebbero state violentate da un gruppo di adolescenti e maggiorenni. La presidente del consiglio ha subito emanato un decreto legge che prevede pesanti ripercussioni per i genitori i cui figli non frequentano più il sistema scolastico, dalla sospensione dei sussidi di disoccupazione fino a due anni di reclusione per i recidivi. “È una misura demenziale che nasce dalla volontà di risolvere un problema sociale con una risposta penale. Invece di spingere i genitori a prendersi le loro responsabilità aiutandoli, si reagisce in modo repressivo”, sottolinea Mauro Palma, ex garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, che critica altre misure presenti nel decreto, come la possibilità di arrestare i minori da 14 anni in su per reati come la detenzione e il traffico di droga, anche di piccole quantità.

Sull’onda del decreto Caivano, l’associazione Antigone, per i diritti e le garanzie nel sistema penale, denuncia un aumento significativo (+20 per cento) del numero di giovani rinchiusi negli istituti penitenziari per minori, già sovraffollati.

L’associazione Antigone denuncia un aumento dei detenuti nelle carceri minorili

La mano del governo è stata altrettanto pesante nei confronti degli attivisti del collettivo Ultima generazione (Ug) che hanno organizzato una serie di proteste per attirare l’attenzione sulla crisi climatica. Gli attivisti, definiti “ecovandali”, che gettano vernice sui monumenti (“lavabile”, precisano loro) rischiano fino a 60mila euro di multa e cinque anni di carcere. Questa minaccia sta cominciando a tradursi in una serie di condanne. “Per aver affisso alcune fotografie sul vetro protettivo della Venere di Botticelli, alla Galleria degli Uffizi, ho ricevuto una multa di ventimila euro”, racconta Alessandra Pipitone, 21 anni, portavoce di Ug. I dodici militanti ambientalisti che di recente hanno bloccato un tratto dell’autostrada tra Civitavecchia e Roma sono stati arrestati in “flagranza di reato” e hanno trascorso tre giorni in cella. In un altro processo, per un blocco stradale a Bologna, tre attivisti sono stati condannati a sei mesi. “Le misure intimidatorie si moltiplicano”, sottolinea Pipitone, i cui genitori ricevono regolarmente le visite della polizia e della degli agenti della Digos, anche se la ragazza non vive più con loro.

“È in corso un attacco sistematico contro le iniziative e i luoghi di riunione dei giovani: i rave party, le manifestazioni per la difesa del clima e le mobilitazioni studentesche”, sottolinea Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale della Rete degli studenti medi, un collettivo di liceali che denuncia la repressione da parte della polizia. A fine febbraio, a Pisa, le forze dell’ordine in assetto antisommossa hanno caricato un corteo pacifico che manifestava a favore della Palestina. “Era da tempo, sicuramente dal G8 di Genova, che non vedevamo scene simili: giovani disarmati e con le mani in alto picchiati selvaggiamente dalla polizia”, dice Notarnicola. Davanti a una tale brutalità, il presidente della repubblica Sergio Mattarella ha abbandonato la neutralità presidenziale denunciando un “fatto grave”.

“Constatiamo un atteggiamento sempre più duro nei confronti di reati che preoccupano la popolazione ma possono essere considerati minori, come l’immigrazione irregolare o i rave party. Mentre si registra un passo indietro per altri reati”, sottolinea Eugenio Albamonte, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, riferendosi all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio che sta per essere votata dal parlamento nonostante le proteste delle organizzazioni anticorruzione.

Mossa dopo mossa, il governo di estrema destra avanza le sue pedine negli ambiti che gli sono più cari. “In apparenza il governo non sta toccando il diritto all’interruzione di gravidanza, ma in realtà spesso siamo costretti a far venire a Roma donne che vivono a Napoli o in Sicilia e che non trovano medici disponibili”, spiega la ginecologa Silvana Agatone, presidente dell’associazione Laiga per la difesa del diritto all’aborto. In Italia l’obiezione di coscienza dei medici, prevista dalla legge, è molto diffusa. In alcune regioni, soprattutto al sud, mancano le strutture per le donne che voglio abortire. Non è una novità, ma è significativo che la ministra della famiglia, della natalità e delle pari opportunità Eugenia Roccella abbia affermato con chiarezza la sua posizione: “L’aborto è una delle libertà delle donne? Purtroppo sì, e non è una bella cosa”.

Agatone teme un colpo di mano della maggioranza sull’aborto: “Molti enti locali [governati dall’estrema destra] finanziano le associazioni pro-vita che vanno negli ospedali per dissuadere le donne dall’abortire e che organizzano funerali e cimiteri per i feti”. Alla fine del 2022 il vicepresidente del senato Maurizio Gasparri, di Forza Italia, ha presentato un disegno di legge per riconoscere una personalità giuridica al feto. “Temo che alla fine riusciranno a farla passare”, mette in guardia la ginecologa.

“Le piccole vittorie che abbiamo ottenuto negli ultimi anni sono messe in discussione”, sottolinea con preoccupazione Manuela Belmonti, fondatrice dell’associazione Famiglie arcobaleno, che riunisce i genitori omosessuali. “Ci hanno presi di mira, siamo diventati i nemici da abbattere”. Non solo il governo ha fatto votare una legge che rende la maternità surrogata un “reato universale” (con condanne fino a due anni e un milione di euro di multa), ma ha chiesto ai sindaci di non trasmettere più automaticamente gli atti di nascita dei figli delle famiglie omogenitoriali. Di recente il tribunale di Padova ha respinto la richiesta di cancellare il nome della madre non biologica dagli atti di nascita, dando speranza alle coppie omosessuali. “Ma la preoccupazione resta. Per far valere i nostri diritti dobbiamo ricorrere alla giustizia. Questo significa costi e incertezza. Il clima è cambiato. Gli omofobi alzano la testa e si sentono autorizzati ad aumentare gli attacchi verbali. Il generale Vannacci è l’emblema di questo cambiamento”, protesta Belmonti. Roberto Vannacci, ex comandante di un reggimento di paracadutisti e autore di un libro omofobo e razzista, Il mondo al contrario, che ha venduto oltre duecentomila copie, è corteggiato dalla Lega di Matteo Salvini. Il generale afferma che gli omosessuali non sono “persone normali” e stigmatizza il desiderio delle coppie lgbt di formare una famiglia, sostenendo che sia innaturale come il cannibalismo.

Modello ungherese

Nell’opinione pubblica si è diffusa l’idea che le misure del governo siano più che altro una dichiarazione d’intenti. “Ma noi percepiamo chiaramente la differenza”, assicura Andrea Costa, presidente dell’associazione Baobab experience, che sostiene i migranti a Roma. Costa sottolinea che “i controlli di polizia sono diventati sistematici. Lavorare è più difficile perché rischiamo ogni giorno di essere accusati di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Già con i governi precedenti le cose erano complicate, ma ora la situazione è peggiorata”.

Meloni, da sempre favorevole all’idea di un governo forte, si appresta a far votare in parlamento una riforma costituzionale che aumenterebbe sensibilmente i poteri del presidente del consiglio. “È evidente la tendenza del governo a considerare come ostacoli gli organi di controllo, che si parli della corte costituzionale, della magistratura o della corte dei conti”, afferma Albamonte. Giuliano Amato, ex presidente del consiglio e presidente emerito della corte costituzionale, ha dichiarato che l’Italia di Giorgia Meloni potrebbe scivolare nell’illiberalismo, sul modello ungherese e polacco: “Non c’è nulla che lo impedisca. Da noi ora sembra inconcepibile, ma potrebbe accadere”. ◆ as

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1559 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati