◆ Non siamo nel graphic novel d’autore all’ennesima potenza dei Frank Miller e degli Alan Moore, ma Alex Ross con le sue tante opere, tra cui le serie Marvels (con Kurt Busiek) e il meraviglioso graphic novel Kingdom come (con Mark Waid), si è affermato come un autore neoclassico di prima grandezza, che lavora sul fumetto pittorico in maniera multiforme. In una sorta di seguito di una celebre avventura del quartetto, coniata dal duo Stan Lee e Jack Kirby (Questo uomo… questo mostro!), Ross sperimenta molto (anche se meno dei grandi disegnatori Marvel degli anni sessanta e settanta) e dimostra un’ispirata visionarietà che trascina il lettore. Il suo segno grafico, ben riconoscibile e mai schiacciato dai colori, si incide sulla carta, la graffia, e la straordinaria colorazione, dovuta sempre a Ross insieme a Josh Johnson, è di volta in volta pop-art che guarda all’estetica del glam-rock, un po’ anche a quella cosiddetta camp. Insieme alle costruzioni a doppia pagina delle tavole, Ross crea nel lettore una vertigine spaesante e soprattutto una psichedelia rinnovata, espressione di una dimensione interiore. Perfetto per questo viaggio nell’antimateria, qui in qualche modo un universo parallelo creato anche dalla psiche umana. Su un pianeta gemello e speculare della Terra i nativi americani hanno edificato un altro concetto di civiltà, un altro genere di kingdom.

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Questo articolo è uscito sul numero 1486 di Internazionale, a pagina 102. Compra questo numero | Abbonati