Da dove ha origine il magma del nostro inconscio? E se fosse tutt’uno con la nostra vita fino al punto da configurarsi come magma cosmico, ma un cosmo vuoto, senz’anima? Nel realizzare questa notevole rilettura della vita in chiave fantastica di un genio letterario come Howard Phillips Lovecraft – che non solo rivoluzionò tutto con la sua fusione di horror, fantasy e fantascienza di straordinaria originalità e forza espressiva, ma precorse la fantascienza come oggi la intendiamo – gli autori raccontano però tutto alla rovescia: partiamo dall’infanzia di Lovecraft, qui dominata dal leitmotiv della lettera lasciata dal padre in punto di morte al figlio e subito sottratta dalla madre, che morirà 23 anni dopo. Lettera che assurge ad archetipo, quello delle fiabe sulla porta da non aprire, paradigma della paura e del fascino verso quel che c’è oltre la soglia. Nel loro Lovecraft la fantomatica entità di Cthulhu esiste veramente e ha contattato l’autore sotto le sembianze di un vecchio: l’immaginario ha una sua “aura” concreta. Qui Lovecraft, che nei suoi saggi delineò una filosofia chiamandola cosmicismo, sprofonda nel nichilismo fino ad andare perfino oltre: guardare l’abisso, accettarne e contemplarne l’immenso vuoto ma con lo sguardo magico e incantato del bambino. Straordinario il lavoro sequenziale di Marco Taddei dalla forza espressionista speculare a quello grafico di Maurizio Lacavalla, potentissimo. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1597 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati