Il padiglione italiano all’Expo di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, 1 ottobre 2021. (Giuseppe Cacace, Afp)

In Italia le persone che l’anno scorso hanno pagato almeno un euro di irpef (l’imposta sul reddito delle persone fisiche) sono state 30.327.388: è il numero più basso dal 2008. Il 13 per cento dei contribuenti, quelli con redditi dai 35mila euro lordi in su, paga il 60 per cento dell’irpef italiana, quindi il welfare di tutti. Solo l’1,2 per cento dei contribuenti dichiara di guadagnare più di centomila euro lordi all’anno.

Sono i dati di un rapporto presentato qualche giorno fa dalla Cida e da Itinerari previdenziali. Che sottolineano quello che i relatori hanno definito un “paradosso inaccettabile”: da una parte in Italia gli stipendi non crescono, dall’altra sono sempre di meno i lavoratori e le lavoratrici che sostengono il peso della pressione fiscale.

E il fatto che solo il 13 per cento dei contribuenti guadagni più di 35mila euro all’anno può significare due cose, ha detto Stefano Cuzzilla, il presidente della Cida: “O stiamo scivolando verso un impoverimento generale non adeguato a una potenza industriale oppure in questo paese c’è un sommerso enorme. Di fatto, stiamo continuando a favorire gli evasori”.

Come racconta un articolo che pubblichiamo in questo numero, negli Stati Uniti ci sono dei miliardari che si definiscono “altruisti efficaci”: rivendicano il diritto di guadagnare cifre colossali per poterle donare alle organizzazioni secondo loro più utili per l’umanità.

In realtà se volessero fare un gesto davvero altruista basterebbe che pagassero più tasse. Magari secondo il principio indicato, come sempre con grande chiarezza, dalla costituzione italiana: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Ma forse in Italia questo più che un gesto altruista sarebbe rivoluzionario. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1491 di Internazionale, a pagina 7. Compra questo numero | Abbonati