Lungo Bolotnaja naberežnaja, l’argine meridionale dell’isola Balčug nel centro di Mosca, è stata inaugurata la Ges-2, un moderno centro culturale che occupa gli spazi di un’antica centrale elettrica riqualificata dall’architetto Renzo Piano per la Fondazione V-A-C. Non si tratta di un museo o di un centro per le arti, ma di un’istituzione di nuova generazione, dove fruizione e produzione artistica andranno di pari passo.

Ogni lunedì il presidente della quinta repubblica francese, Georges Pompidou, faceva il giro delle gallerie di Parigi, approfittando del giorno di chiusura. E un bel giorno prese la scandalosa decisione di fare piazza pulita dei vecchi edifici del quartiere di Beaubourg e di costruirci un centro destinato all’arte contemporanea: il centro Pompidou. Il centro culturale Ges-2 non è il Beaubourg, ma ci si avvicina. E Renzo Piano, autore del progetto per la riconversione della centrale di Mosca, costruì, insieme a Richard Rogers, anche il Pompidou. L’architetto non scherzava quando diceva che nel giro di cinquant’anni avrebbe costruito un nuovo Beaubourg.

Tutto in questo nuovo spazio culturale nella capitale russa è di altissimo livello: dall’architettura alle mostre, dai ristoranti all’auditorium, dalla biblioteca alle stanze dedicate ai programmi didattici, dagli appartamenti per gli artisti residenti alle piattaforme aperte destinate al teatro e alle performance. Ogni piattaforma è protetta da una “calotta” che la isola dal rumore della prospekt, ovvero la passerella principale della Ges-2, lunga un centinaio di metri. L’acustica è stata curata dal team di Kahle Acoustics, lo stesso che si occupa della cura del suono nella nuova Philharmonie di Parigi progettata da Jean Nouvel.

Senza tabù

È un vero miracolo del pensiero e della tecnologia. Quattro tubi blu, che aspirano l’aria pulita a settanta metri di altezza, servono per la ventilazione. I pannelli foto­voltaici installati sul tetto produrranno un decimo dell’elettricità consumata dall’edificio. I magazzini ottocenteschi di una distilleria della vodka Smirnov rinvenuti durante lo sgombero dell’area sono stati trasformati in laboratori dove praticare ogni genere di artigianato, dalla lavorazione dei tessuti alla stampa 3d. Anche il livello superiore del parcheggio sotterraneo è particolare: il regista italiano Romeo Castellucci lo ha definito uno spazio teatrale ideale. Al secondo piano sotterraneo c’è un deposito per le opere d’arte protetto da una doppia parete che ne garantisce la salvaguardia in caso di un aumento del livello del canale laterale del fiume Moskova.

E poi c’è il programma espositivo, messo a punto da Ragnar Kjartansson. L’artista islandese dice di essere cresciuto in un paese il cui livello di libertà sconfina nell’assurdo e quindi, senza mezzi termini, non tollera i tabù.

Kjartansson è già molto noto in Russia. Nel 2014 ha deliziato gli spettatori della biennale di San Pietroburgo con la performance Sorrow conquers happiness _(La tristezza trionfa sulla gioia), che ha ripetuto a Mosca due anni fa. E nel 2009, alla Biennale di Venezia, nel padiglione islandese ha dipinto ogni giorno per sei mesi ritratti dell’amico artista Páll Haukur Björnsson. Tutti i 144 ritratti – insieme a un video e a un progetto fotografico dell’artista russa Olga Černyševa dedicato ai camionisti – costituivano la mostra _To Moscow! To Moscow! To Moscow!.

L’interno della Ges-2, Mosca (Stanislav Krasilnikov, TASS/Alamy)

Sulla prospekt _poi sono stati costruiti dei padiglioni per girare un centinaio di episodi di una versione russa della soap opera _Santa Barbara, trasmessa negli anni novanta, quando il giovanissimo Kjartansson visitò San Pietroburgo. Il nome per esteso dell’installazione è Santa Barbara. How not to be colonised?, a ricordare come questa prima soap statunitense entrata nel mondo post-sovietico fu una sorta di finestra spalancata sull’idealizzato mondo occidentale.

C’è anche un terzo progetto, intitolato When gondola engines were taken to bits – A carnival in four acts. E qui, tra le altre cose, ci sono gli abiti di Gljuklja (lo pseudonimo creativo di Natalja Peršina-Jakimanskaja) e del suo gruppo Factory of found clothes.

L’inaugurazione della Ges-2 significa che l’arte contemporanea in Russia è salva? Forse no. Ma almeno per un po’ servirà da salvacondotto.

Imbarazzo e ambiguità

Lo spettacolo offerto dai principali canali televisivi federali nel raccontare l’inaugurazione, il 1 dicembre, è stato ridicolo, tra goffi tentativi di esaltazione e distorsione dei fatti, proprio come mezzo secolo prima avrebbero fatto con la mungitura giornaliera del latte. Il sindaco Sergej Sobjanin ha detto che Mosca “ha trasmesso” diversi edifici alla Ges-2 e al presidente del consiglio di amministrazione di Novatek e cofondatore della Fondazione V-A-C Leonid Michelson. Trasmesso è un termine ambiguo per dire che gli edifici sono stati venduti.

L’acquisto della centrale elettrica è costato 2,78 miliardi di rubli (più di 33 milioni di euro). Per la bonifica del territorio sono stati spesi altri 291 milioni di rubli (quasi tre milioni e mezzo di euro). È stato un processo lungo, cominciato ben prima dell’acquisto della centrale. A un certo punto la direttrice generale della fondazione, Teresa Iarocci Mavica, ha avuto l’idea di coinvolgere Renzo Piano, che non aveva mai lavorato a Mosca.

Piano è stato attento a recuperare le strutture esistenti. La Ges-2 fu costruita tra il 1904 e il 1907 dall’architetto Vasilij Baškirov per alimentare le linee tranviarie: le facciate storiche e il tetto in vetro, progettato con Vladimir Šuchov, sono stati mantenuti. Il luogo stesso, a lungo abbandonato e inaccessibile, è letteralmente rinato. Il contrasto con il vicino cinema abbandonato Udarnik è evidente. L’imprenditore Shalva Breus, fondatore del premio Kandinskij, ha promesso più volte di trasformare la sala in un centro per l’arte contemporanea. Ma non è successo, mentre insieme alla Ges-2 è stato ricostruito il ponte dei Patriarchi e sono stati installati la scultura di Urs Fischer Big clay #4 – opera che suscita emozioni molto diverse rispetto al monumento a Kalašnikov inaugurato nel 2017 – e un boschetto di seicento betulle su una collinetta artificiale nel cortile.

Ma a quali condizioni sono “tollerate” certe libertà dell’arte contemporanea nella Russia di oggi? Una delle Pussy
Riot, Marija Alëchina, che ha visitato la Ges-2, ha fatto notare che l’esibizione di Ragnar Kjartansson intitolata God, Moscow è stata tradotta sul cartellino esplicativo in russo con “Senza titolo”.

“Quando ho chiesto il perché di questa scelta, mi è stato detto che scrivere la parola ‘dio’ è vietato”, ha raccontato Alëchina su Instagram. ◆ ab

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Questo articolo è uscito sul numero 1442 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati