C on indosso il vestito bianco e la cravatta nera tipici dei leader haitiani, Jimmy “Barbecue” Chérizier, ex poliziotto diventato boss criminale, si è presentato il 17 ottobre davanti al monumento che commemora l’omicidio del padre fondatore della patria Jean-Jacques Dessalines avvenuto nel 1806. Ha deposto la tradizionale corona di fiori e ha fatto il saluto militare. Accompagnato dalle telecamere, da una folla e da una delegazione composta da affiliati dei gruppi criminali armati e incappucciati, Chérizier si è comportato come se fosse un capo di stato, sfoggiando tutto il suo potere. Poche ore prima alcuni uomini armati avevano impedito l’accesso al centro storico al primo ministro ad interim Ariel Henry, che aveva dovuto accontentarsi di deporre una corona di fiori nel museo di Port-au-Prince dove sono conservate le spoglie di Dessalines.

Ad Haiti le gang sono ormai così influenti da essersi impossessate della commemorazione pubblica per la morte di Dessalines, da sempre celebrata dalle autorità nazionali. Dal 2018, quando il presidente Jovenel Moïse e il suo primo ministro Jean-Henry Céan furono cacciati da Pant-Rouge, nessun leader haitiano si è potuto avvicinare alla zona a nord della capitale dove fu ucciso Dessalines e dove si trova il monumento commemorativo.

Spesso gli affiliati sequestrano le cisterne e vendono il carburante

L’incidente del 17 ottobre si è svolto mentre sedici statunitensi e un canadese erano nelle mani di un altro famoso boss criminale alla periferia orientale della capitale. La vicenda dimostra che le autorità haitiane sono ormai impotenti davanti alla forza delle bande che tassano la popolazione, decidono quando e se è possibile uscire di casa e impediscono ai funzionari statali di svolgere i loro compiti.

“Le bande sono il governo”, spiega Gédéon Jean, attivista per la difesa dei diritti umani, riferendosi ai gruppi armati che controllano quasi tutte le aree della capitale e altre importanti città del paese. Ad Haiti i problemi non mancano. L’omicidio del presidente Moïse, avvenuto il 7 luglio nella sua residenza privata, non ha ancora un colpevole. La crisi umanitaria provocata dal terremoto del 14 agosto e dalla tempesta tropicale Grace si aggrava. L’economia è al tracollo e la politica è sempre più imprevedibile. Questo ha creato una nuova forte spinta all’emigrazione. Tuttavia secondo Jean e altri analisti il problema principale resta la criminalità, a cominciare dall’ondata di rapimenti.

Le ambizioni dei boss

La famigerata gang 400 Mawozo, che ha rapito i diciassette missionari cristiani, ha cominciato la sua attività criminale rubando bestiame e automobili. Poi si è messa a sequestrare interi autobus carichi di persone e a praticare l’estorsione, soprattutto nelle campagne.

A settembre tra i commercianti di Ganthier e in alcune aree del comune di Croix-des-Bouquets è circolata la voce che i criminali avevano compilato una lista di “tasse” da versare. Tutti i residenti, dal proprietario di un salone di bellezza al venditore di carbone, avrebbero dovuto pagare una cifra alla banda ogni settimana. Nel caso dei mercanti di capre il pagamento sarebbe avvenuto in capi di bestiame. Alcuni imprenditori sono stati personalmente convocati e informati, in altri casi la richiesta è pervenuta in forma anonima.

“Se vuoi avviare un’attività devi trattare con il gruppo”, spiega Jean. “Da anni controlla il mercato, la distribuzione dell’acqua e della corrente elettrica. Se 400 Mawozo dice di non uscire di casa, la gente di Croix-des-Bouquets ubbidisce”. Il nome della banda in creolo significa “quattrocento uomini senza esperienza”. Uno dei capi è recluso nel penitenziario nazionale, ma altri sfuggono agli arresti grazie all’aiuto di motociclisti, commercianti e poliziotti che li avvertono per tempo.

La base dell’organizzazione, situata poco lontano da dove è stato intercettato il veicolo che trasportava i missionari, è difficilmente raggiungibile, circondata da rovi e strade inaccessibili. Il 19 ottobre, terzo giorno di prigionia degli statunitensi, le autorità haitiane hanno comunicato che la banda ha chiesto un milione di dollari di riscatto per ciascun ostaggio. Il più giovane è un bambino di otto mesi. Anche se la richiesta di somme elevate da parte dei rapitori è una consuetudine, questa volta potrebbe voler dire che la banda sta cercando di raccogliere fondi in vista delle elezioni. Nel 2020 due organizzazioni per la difesa dei diritti umani ad Haiti, il Réseau national de défense des droits humains (Rnddh) e la Fondasyon Je Klere, hanno stabilito che gli affiliati alle gang, già responsabili di diversi massacri, stupri e rapimenti, stavano operando come mercenari al servizio delle forze politiche del paese. All’epoca, secondo la Fondasyon Je Klere, sul territorio nazionale operavano 150 bande. Oggi sono quasi duecento. I rapporti sono stati pubblicati pochi giorni dopo il rogo doloso di decine di abitazioni a Pont Rouge e nelle vicine comunità di Chancerelles, La Saline, Tokyo e Fort-Dimanche, dove diverse persone sono morte per le fiamme e i colpi di arma da fuoco. Nello stesso periodo Chérizier, coinvolto in diversi massacri, ha annunciato la creazione di una nuova federazione delle gang chiamata Famiglia G9 e alleati.

Presentandosi come salvatore del popolo haitiano, Chérizier ha dichiarato di non essere coinvolto nei rapimenti, ma diverse persone della sua alleanza sono state collegate ai sequestri di massa, alla violenza, all’estorsione e al traffico di droga, armi e munizioni. I criminali operano anche al servizio di importanti uomini d’affari e di politici.

Il 20 ottobre il problema delle gang ha fatto irruzione nella vita quotidiana di Haiti. La popolazione ha dovuto affrontare una grave carenza di carburante per lo sciopero dei trasportatori, esasperati dai frequenti rapimenti dei colleghi. Spesso le bande sequestrano le cisterne per poi vendere il carburante sul mercato nero. All’entrata meridionale di Port-au-Prince i gruppi criminali in lotta tra loro impediscono il passaggio delle cisterne, aggravando così la situazione.

Com’è possibile che Haiti, un paese che fino a qualche anno fa non conosceva i rapimenti, sia in questa condizione? Secondo Robert Fatton, esperto dell’università della Virginia, per rispondere basta osservare le politiche nazionali che hanno creato un sistema in cui la salute, l’istruzione e altri servizi fondamentali sono principalmente nelle mani di organizzazioni benefiche non governative, e in cui la lotta quotidiana per la sopravvivenza è inasprita dalle difficoltà economiche. Queste politiche hanno indebolito lo stato al punto che oggi non può più svolgere le sue funzioni di base.

L’assenza dello stato è palese nei quartieri da cui provengono i capi delle bande e dove vengono nascosti gli ostaggi: labirinti di baracche dove le acque di scarico scorrono all’aperto e i maiali si nutrono di cadaveri. “Sostituito da una ‘repubblica delle ong’, lo stato haitiano è diventato un guscio vuoto, incapace di fornire i servizi minimi alla popolazione”, spiega Fatton. “La criminalità ha assunto dimensioni che minacciano la sopravvivenza dello stato”. La disintegrazione dello stato haitiano, in corso da anni, ha prodotto un forte degrado politico, livelli allarmanti di pericolo e una grave erosione del senso civico.

“Le privazioni generalizzate hanno aggravato la crisi favorendo strategie opportunistiche basate sul clientelismo e le attività criminali”, aggiunge Fatton. Quasi tutti i componenti delle gang sono giovani e vengono da quartieri estremamente poveri, dove lo stato è assente e mancano i servizi. Alcuni leader, come Chérizier, si presentano come moderni Robin Hood che vogliono aiutare i poveri. Basta, però, fare un giro nei quartieri controllati dai criminali per capire che il denaro dei riscatti non ha portato miglioramenti, ma armi.

“Penso che ad Haiti lo stato funzioni solo sulla carta”, spiega Keith Mines, direttore del programma latinoamericano dell’Institute of peace di Washington. Mines teme che, senza un intervento deciso, ad Haiti “alcune bande potrebbero affermarsi fino a controllare il paese, e fare un colpo di stato”. Anche Mines si pone una domanda: qual è l’obiettivo finale delle bande? “Alcuni criminali, a cominciare da Barbecue, coltivano ambizioni nazionali. Non è da escludere che qualcuno di loro proverà a conquistare il potere”, dice. “In quel caso la situazione diventerebbe estremamente pericolosa, perché avremmo un governo criminale senza alcun interesse a governare né capacità di farlo”. ◆ as

Jacqueline Charles è una giornalista statunitense. Da più di dieci anni è corrispondente del Miami Herald da Haiti e dalla regione dei Caraibi.

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Questo articolo è uscito sul numero 1433 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati