C’è poco da ridere. Il 15 novembre sette astronauti a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss) hanno dovuto prepararsi per un’evacuazione d’emergenza. La causa? Una nube di detriti spaziali creata da un missile lanciato dalla Russia contro uno dei suoi satelliti. Angosciante? Bisogna farci l’abitudine. A quattrocento chilometri sopra le nostre teste ci sono l’inquinamento e le guerre del futuro.

Lo spazio è una discarica. Il 4 ottobre 1957 l’Unione Sovietica mise in orbita il primo satellite, lo Sputnik. Sessant’anni dopo intorno alla Terra girano diecimila tonnellate di rifiuti: vecchi satelliti, frammenti di metallo, equipaggiamenti di astronauti. Anche i più piccoli oggetti possono provocare danni considerevoli a una velocità di sette o otto chilometri al secondo. I rifiuti minacciano gli equipaggi, l’Iss, i satelliti e i servizi come le previsioni meteo e il gps. I progetti per il lancio di nuovi satelliti fanno temere la saturazione dello spazio. Bisogna fare ordine e autorizzare solo lanci a “rifiuti zero”, altrimenti rischiamo che il cielo ci cada sulla testa.

Lo spazio è anche un enorme campo di battaglia. Un trattato del 1967 avrebbe dovuto demilitarizzarlo, ma non ha funzionato. Intimidazioni, spionaggio, attacchi: la lista è lunga. Le tensioni geopolitiche sulla Terra si ripercuotono oltre l’atmosfera e gli interessi economici complicano tutto. La Russia e la Cina vogliono collaborare per opporsi alle potenze occidentali. Dando prova di poter colpire un satellite, Mosca ha mostrato i muscoli. La crisi dei missili del ventunesimo secolo non si svolgerà a Cuba, ma nello spazio. Dopo l’ansia climatica, come non provare anche un po’ di ansia spaziale? ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1436 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati