Il razzo più potente mai costruito è su una pista di lancio in Florida. Una folla di spettatori ascolta il conto alla rovescia: “4, 3, 2…”, poi la base del razzo comincia a rombare. Le vibrazioni attraversano prima le piante dei piedi degli osservatori e poi colpiscono i loro corpi come un’onda dell’oceano. Getti di fuoco e vapore rimbalzano sul cemento e a un tratto il razzo si alza verso il cielo. Gli astronauti all’interno vedono il mondo rimpicciolire sotto di loro mentre cominciano il loro viaggio verso la Luna.

Potrebbe essere una scena di sessant’anni fa, oppure un’immagine dal futuro. I lanci delle missioni Artemis sembreranno molto simili a quelli del programma Apollo degli anni sessanta. Ma le somiglianze finiscono qui. “L’Apollo era straordinario, ma serviva soprattutto a dimostrare che potevamo farcela”, dice Steve Creech, della Nasa. “Stavolta vogliamo farlo in un modo che sia sostenibile e sia un punto di partenza per nuove iniziative”.

In altri termini, non si tratta semplicemente di tornare sulla Luna. Sono i primi barlumi di quella che molti sperano sia una lunga campagna di esplorazione umana dello spazio. I piani della Nasa non potrebbero essere più grandiosi. Prevedono veicoli lunari e basi permanenti con reti elettriche e attività minerarie. E tutto questo dovrebbe succedere verso la fine del decennio. Sembra straordinariamente ambizioso, e suscita inevitabilmente una domanda: quali nuove tecnologie seviranno?

Quali sono gli obiettivi delle missioni Artemis?

Le missioni Artemis in gran parte ripeteranno le imprese compiute durante la corsa allo spazio. Artemis 1 passerà cento chilometri sopra la superficie lunare e resterà in orbita per vari giorni, permettendo alla navicella Orion – la capsula che dovrà trasportare gli astronauti – di essere testata nello spazio. Artemis 2, prevista per il 2024, prevede un sorvolo lunare con equipaggio. Poi, nel 2025, la terza missione del programma vedrà gli astronauti camminare di nuovo sulla Luna, e per la prima volta ci sarà anche una donna. “Credo che vedere camminare sulla Luna le donne, le persone non bianche, la prossima generazione, possa avere gli stessi effetti che ebbe negli anni sessanta: ispirerà molti a dedicarsi alla scienza e guiderà l’avanguardia della tecnologia”, dice Lori Garver, ex viceamministratrice della Nasa.

Da questo punto in poi le cose dovrebbero cambiare radicalmente. La Nasa vuole mettere nell’orbita lunare una stazione spaziale chiamata Gateway (portale), che dovrebbe permettere a un veicolo riutilizzabile di andare avanti e indietro tra orbita e superficie, rendendo più facili ed economici i viaggi sulla Luna. L’agenzia ha già stipulato un contratto con la Northrop Grumman perché costruisca due componenti fondamentali del Gateway: un modulo dove gli astronauti possano vivere, denominato Habitation and logistics outpost, e uno per fornire energia e propulsione. Artemis 4, che potrebbe essere lanciata nella seconda metà degli anni venti, porterà queste componenti nell’orbita lunare. Artemis 5, l’ultima missione che la Nasa ha messo in programma (senza fissare ancora una data), sarà la prima in cui degli esseri umani guideranno un rover sulla Luna. Inoltre aggiungerà al Gateway un nuovo modulo di rifornimento, costruito dall’Agenzia spaziale europea e da aziende private.

Oltre a tutte queste nuove infrastrutture, anche le ricerche scientifiche svolte dalle missioni saranno diverse. Gli allunaggi dovrebbero avvenire vicino al polo sud della Luna, particolarmente interessante per la sua abbondanza di ghiaccio. Sulla Luna gli astronauti avranno bisogno di una fonte locale di acqua potabile, troppo pesante per essere trasportata dalla Terra. Inoltre l’acqua può essere separata in ossigeno e idrogeno: il primo è indispensabile per respirare, il secondo servirà per il carburante necessario ad alimentare i razzi che potrebbero essere lanciati dalla Luna verso Marte e altrove.

L’importanza del ghiaccio

Il ghiaccio della Luna è molto più freddo dei cubetti del congelatore, ed è contenuto nella roccia lunare. Capire come si comporta e come possiamo usarlo al meglio avrà un’importanza fondamentale, e richiederà una serie di nuove tecnologie. Le ricerche cominceranno alla fine del 2022, quando un veicolo robotico, il Nova-C – frutto della collaborazione tra la Nasa e l’azienda statunitense Intuitive machines – cercherà di perforare quasi un metro di suolo lunare per estrarre e analizzare il ghiaccio.

Il passo successivo sarà il ritorno degli umani sulla Luna nell’ambito della missione Artemis 3. Uno dei suoi obiettivi principali sarà raccogliere campioni di ghiaccio e portarli sulla Terra, dove potranno essere analizzati più approfonditamente. Potrebbe sembrare semplice: i congelatori esistono già. Ma dovremo inventare un tipo speciale di congelatore. “I campioni dovranno essere conservati a temperature estremamente fredde per tutto il tempo, perciò questi congelatori devono poter essere trasportati da un veicolo all’altro rimanendo freddi”, spiega Erika Alvarez della Nasa.

Gli scienziati non sono interessati solo al ghiaccio. Recentemente la Cina ha annunciato che i campioni portati sulla Terra nel 2020 dalla missione Chang’e-5 contengono un minerale sconosciuto. Questo minerale contiene fosfato, un nutriente importantissimo per le piante, ed elio-3, che potrebbe essere usato come carburante.

Il piano finale è costruire sulla Luna il campo base Artemis, che permetterebbe agli astronauti di restare sulla superficie lunare per giorni o addirittura settimane, raccogliendo dati e campioni. Passare da qualche ora sulla superficie a qualche giorno può sembrare un piccolo passo, ma sarà necessario un enorme balzo tecnologico.

Prima di potere anche solo cominciare a costruire una base, gli esploratori avranno bisogno di una rete elettrica. Sarà possibile usare l’energia solare, ma la base dovrà restare operativa nei periodi di oscurità, che durano circa due settimane. In questi periodi le temperature possono precipitare fino a 173 gradi sotto zero. “Dobbiamo avere una rete che possa autosostenersi in quelle condizioni e generare abbastanza energia per qualunque cosa, dai sistemi di supporto vitale alle luci fino al sostegno operativo”, dice Mary Lynne Dittmar della Axiom Space. La Nasa sta lavorando con i dipartimenti dell’energia e della difesa per sviluppare un piccolo reattore nucleare per la base.

Una volta garantita l’energia, rimane il problema di costruire concretamente la base. Nei voli spaziali la massa è tutto: non è possibile mandare sulla Luna tutti i materiali necessari per costruire un intero campo base, oltre a strumentazioni, provviste e astronauti. Perciò diversi gruppi di ricercatori stanno pensando a come sfruttare le risorse già disponibili sulla Luna. Questo potrebbe significare estrarre pietra, produrre mattoni con la polvere lunare o perfino stampare in 3D usando materiali ricavati dalla polvere.

Il problema è che maneggiare la polvere lunare è estremamente difficile. Dal momento che non ci sono vento e pioggia a levigarle, le particelle sono appuntite e hanno una carica elettrostatica, quindi si attaccano a qualunque cosa, comprese le tute spaziali e gli attrezzi.

Dalle missioni Apollo sappiamo che è difficile tenere la polvere lunare fuori dalle chiuse d’aria, e una volta entrata può essere respirata e causare la “febbre da fieno spaziale”. La Nasa sta già lavorando a strategie di contenimento, dai nanorivestimenti per le attrezzature a speciali sistemi di filtraggio per gli spazi abitativi. Questo ci ricorda che per gli astronauti la vita quotidiana sulla Luna sarà tutt’altro che semplice.

Quanto sarà difficile costruire una casa sulla Luna? Molto, per dirla in una parola. Oltre a progettare tutte queste nuove tecnologie, dovremo essere certi che possano resistere alle radiazioni spaziali. Senza un campo magnetico a proteggerla, la Luna è costantemente esposta. Una consolazione, forse, è che almeno le persone che andranno a creare una base sulla Luna avranno l’opzione di tornare a casa rapidamente, se necessario.

Dopo un altro breve conto alla rovescia, potranno accendere i propulsori e rientrare nell’atmosfera terrestre in soli tre giorni. ◆ gc

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Questo articolo è uscito sul numero 1486 di Internazionale, a pagina 50. Compra questo numero | Abbonati