La reintroduzione delle specie negli ambienti naturali è uno dei campi più importanti dell’etologia, la scienza che studia il comportamento animale. In trent’anni di attività l’etologo georgiano Jason Badridze ha allevato un centinaio di lupi, ventidue dei quali sono tornati con successo allo stato selvatico.

Badridze ha salvato da una morte certa molti cuccioli, riscattandoli direttamente dai cacciatori. Prima nel suo appartamento a Tbilisi, poi negli istituti di fisiologia e zoologia, li ha nutriti, gli ha insegnato a cacciare e perfino a evitare le persone e gli animali domestici. Grazie a lui i cuccioli sono riusciti ad acquistare tutte le abilità necessarie per sopravvivere in autonomia nel loro habitat naturale. Ma il legame di Jason Badridze con i lupi ha un inizio strepitoso: due anni passati insieme a un branco.

In epoca sovietica il lupo era considerato un animale da abbattere, e il governo georgiano dava una ricompensa per ogni esemplare ucciso. Badridze, invece, credeva che questa specie si distinguesse dalle altre per la sua intelligenza. Gli sarebbe piaciuto studiarla. Per conoscere il comportamento di un animale però non basta osservarlo allo zoo: bisogna andare nel suo habitat naturale.

Nel gennaio 1974 Badridze cominciò a fare ricerca sul campo nella riserva naturale di Borjomi, nel Caucaso minore, sapendo che in quelle zone viveva un branco di sei lupi. Seguì l’iter burocratico e riuscì a ottenere il permesso per vivere e lavorare in quella riserva. Il primo passo fu abituare i lupi alla sua presenza. “Era un lavoro molto noioso. Mi legavo alle gambe i pannolini dei miei figli e poi li stendevo sui sentieri dove passavano i lupi”, racconta. In seguito cominciò a lasciare dei pezzi di carne sui pannolini. Dopo quattro mesi si rese conto che i lupi non avevano più paura di lui: se all’inizio ignoravano i pannolini o li rosicchiavano, ora mangiavano tranquillamente le esche. Decise che era venuto il momento d’incontrarli.

In quel periodo la lupa stava cercando una tana per partorire, e Badridze si appostò lungo il sentiero dove i due maschi adulti, i capi del branco, sarebbero dovuti passare. Quando incrociarono l’uomo, gli animali si fermarono e lo studiarono con attenzione.

Correva per i monti con i lupi, coprendo anche distanze di quaranta chilometri

Uno dei due lupi andò verso di lui, mentre la femmina restava indietro. “Il maschio si avvicinò, fermandosi a circa cinque metri di distanza. Rimase così per diversi minuti, che mi sembrarono ore. Digrignò i denti, abbaiò, schioccò le fauci e tornò sul sentiero”, ricorda Badridze. Superato quel momento lo scienziato, sapendo già dove si trovava la tana scelta dalla lupa, aspettò lì.

Fuori dalla tana

Pochi giorni dopo la femmina e il maschio arrivarono. Il terzo giorno, quando finalmente la lupa uscì, aveva la pancia molto più piccola e dall’aspetto dei capezzoli era chiaro che stava già allattando. Il diciottesimo giorno tutta la famiglia si riunì all’ingresso della tana in modo da attirare i cuccioli verso l’esterno per la loro prima uscita. Osservando quei cuccioli giocare, anni dopo Badridze sarebbe stato in grado di trarre conclusioni importanti su come reintrodurre nella natura gli animali.

Nel branco c’erano sei lupi adulti e Badridze diede un nome a ciascuno di loro. La coppia dominante, molto innamorata, era formata da Niko e Manana. C’erano anche tre perejarki, un termine colloquiale per indicare i lupi della cucciolata dell’anno precedente. Il primo era Guram: Badridze lo aveva chiamato così in onore di un amico, uno scalatore morto durante una spedizione. La seconda era Ruchi (“grigio” in georgiano): questa lupa in seguito diventò una seconda madre per i cuccioli e cominciò ad allattarli. E poi c’era Vorčun, cioè Brontolo, che aveva un caratteraccio. Con loro viveva anche Nestor, un vecchio lupo che non partecipava mai alla caccia e riceveva cibo dagli altri.

Anche se Badridze non era entrato a far parte del sistema sociale del branco, prendeva parte alla caccia. Correva per i monti con i lupi, coprendo anche distanze di quaranta chilometri. Un giorno, mentre tornavano da una caccia infruttuosa, lo scienziato era esausto e si avvicinò a un enorme masso per riposarsi. In quel momento saltò fuori un orso inferocito. Terrorizzato, Badridze si lasciò scappare un urlo e i lupi, sentendolo, vennero in suo aiuto e attaccarono l’orso. Il predatore scappò. L’episodio colpì moltissimo lo scienziato: i lupi, generalmente terrorizzati dagli orsi, avevano rischiato la loro vita per salvarlo. Concluse che questa specie aveva un altruismo innato.

Biografia

1944 Nasce a Tbilisi, in Georgia.

1968 Si laurea in biologia all’università della capitale georgiana.

1974 Comincia a fare ricerca sul campo nella riserva naturale di Borjomi, dove decide di trasferirsi in pianta stabile per vivere insieme a un branco di lupi.

1976 Conclude gli studi sul campo.

1999 Scrive un articolo sulla rivista dell’International union for conservation of nature (Iucn), che sarà una delle poche pubblicazioni che firmerà.


Le avventure con il branco di lupi durarono due anni, intervallati dalle pause che Badridze si concedeva ogni tanto per tornare dalla sua famiglia a Tbilisi. In totale passò 1.500 ore con gli animali nel loro habitat naturale. Quando capì di aver raccolto abbastanza informazioni e che era arrivato il momento di condurre esperimenti in gabbia, raccolse le sue cose e il branco lo scortò al confine del suo territorio. Mentre lo superava, sentì i lupi ululare.

Successivamente, Badridze avrebbe vissuto insieme ad altri cinque branchi, ma senza avere esperienze paragonabili alla prima. La famiglia di Borjomi era unica, perché si prendeva cura del vecchio Nestor (di solito i lupi allontanano gli animali deboli dal branco). “Un giorno Nestor si alzò, riusciva a malapena a camminare, e andò a morire. La reazione degli altri fu tragica, un ululato straziante”.

All’inizio degli anni ottanta, lavorando al reinserimento dei lupi in natura, Jason Badridze aveva attrezzature per fare riprese video e riuscì anche a filmare gli animali. Poi dovette venderle per comprare da mangiare ai lupi, e gli rimase solo una macchina fotografica da quattro soldi. Sfortunatamente parte del suo archivio è andata perduta per un guasto al computer.

Farsi accettare

Quando ho sentito per la prima volta la storia di Badridze, mi è venuta una voglia irresistibile di conoscerlo e fare un documentario su di lui. Ho anche visitato la riserva di Lagodekhi e il parco nazionale di Vashlovani, nell’est del paese, dove l’etologo ha lavorato per molti anni.

In mezzo al caos, alla crudeltà e alla spietatezza della natura selvaggia, un uomo è stato in grado non solo di scoprire i legami che alimentano questo mondo, ma anche di farsi accettare dagli animali. “Nove anni dopo l’esperienza nella riserva naturale di Borjomi incontrai un paio di quei lupi, e fu davvero molto bello!”, racconta Badridze ridendo. Gli animali erano così felici che cominciarono a giocargli intorno. ◆ ab

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Questo articolo è uscito sul numero 1454 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati