Sulla tastiera del computer un foglio di carta sta lentamente ingiallendo. Ogo, la persona che lo ha scritto, chiede che il convegno internazionale del maggio 2018 a cui dovrebbe partecipare sia rinominato “Eliminazione della malaria entro il 2030: sfide e opportunità”. Ogo sta per Ogobara Doumbo, un ricercatore maliano morto nel giugno del 2018, una personalità di primo piano nella lotta alla malaria. A due anni dalla sua morte improvvisa, lo spirito di Doumbo – che al Malaria research and training center (Mrtc) di Bamako chiamano ancora “il maestro” – pervade tutto l’istituto, dove ogni giorno lavorano 150 ricercatori. Ribadendo l’importanza di questo centro, Dinkorma Ouologuem, specialista di biologia cellulare che ha studiato a Filadelfia e poi è rientrata in Mali, afferma che “i paesi del nord sono ormai dipendenti dalle ricerche dell’Mrtc”.
Nell’agosto del 2019 la rivista Science ha pubblicato uno studio del laboratorio maliano sui “genomi del parassita in quindici paesi africani, che ha permesso di localizzare la loro provenienza e le strategie di lotta”, sottolinea il direttore dell’istituto, Abdoulaye Djimdé.
La pioggia battente contro i vetri degli uffici annuncia il ritorno delle zanzare. Con più di 200 milioni di casi di malaria registrati ogni anno, l’Africa è il continente più colpito dalla parassitosi (causata nella maggior parte dei casi dal Plasmodium falciparum). Un vivaio significativo per la ricerca e su cui gli studiosi africani vogliono avere il controllo per “determinare le politiche del settore”, osserva Djimdé. Com’è successo nel 2006, quando questo scienziato ha dimostrato all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) la resistenza del parassita alla clorochina.
L’Mrtc studia oggi la resistenza dell’essere umano al parassita per sviluppare un vaccino, o almeno un farmaco efficace. Grazie alla presenza di diversi specialisti nel laboratorio, “posso andare a parlare con il mio collega nell’ufficio accanto invece di mobilitare risorse esterne”, osserva Ouologuem. E quando nell’istituto una ricerca viene approfondita sulla base di osservazioni locali, “si allarga la discussione ai paesi vicini, prima di esportarla a livello internazionale”.
Non solo servizi
L’Mrtc nacque nel 1992 su iniziativa di un parassitologo marsigliese, Philippe Ranque, morto nel 2006. Molto presto lo studioso francese “vide nel brillante studente Ogobara Doumbo il suo futuro successore a capo del reparto di epidemiologia delle malattie parassitarie”, racconta il figlio Stéphane Ranque, anche lui parassitologo.
Dopo il ritorno in Mali, Doumbo cercò di adattare la ricerca locale agli standard internazionali e di sviluppare il maggior numero possibile di collaborazioni con università straniere per permettere ai giovani maliani di studiare fuori dal loro paese in cambio della promessa di tornare. In questo modo ha creato una base di ricercatori locali, racconta Djimbé.
Anche gli statunitensi del National institute for health si sono interessati
all’Mrtc. “Volevano studiare la modificazione genetica delle zanzare, un programma tuttora in corso”, spiega il direttore. Doumbo, però, non voleva “che l’Mrtc fosse trattato come un semplice fornitore di servizi, ma come un partner”, ricorda Ranque. Ed effettivamente la situazione è cambiata. “L’obiettivo oggi è trovare un farmaco efficace prima di andare in pensione”, dice sorridendo Djimbé. ◆ adr
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Questo articolo è uscito sul numero 1366 di Internazionale, a pagina 58. Compra questo numero | Abbonati