La crisi di governo in Italia, che un tempo era un fenomeno così frequente da costituire quasi un non evento, ha messo in luce la fragilità di un’Europa alle prese con l’aumento dei prezzi dell’energia, una valuta in caduta libera, una leadership vacillante e una guerra in Ucraina la cui durata sembra favorire la determinazione autoritaria della Russia rispetto all’incertezza democratica dell’occidente.

Questa incertezza ha travolto l’Italia quando il suo presidente del consiglio Mario Draghi, simbolo della determinazione europea di fronte all’aggressione russa, il 14 luglio si è dimesso in seguito alla ribellione di uno dei partiti populisti che sostengono il suo governo di unità nazionale. Dimissioni subito respinte dal presidente della repubblica Sergio Mattarella.

Una delle questioni che hanno diviso la coalizione di Draghi è la costruzione di un inceneritore per i rifiuti a Roma, non proprio il genere di cose di cui il presidente russo Vladimir Putin si deve preoccupare. “A Mosca hanno brindato, perché la testa di Mario Draghi è stata servita a Putin su un piatto d’argento”, ha commentato il ministro degli esteri Luigi Di Maio.

Le democrazie sono flessibili e spesso sorprendono i leader autoritari che contano sui loro punti deboli. Ma stavolta una schiera di politici di centrodestra ed estrema destra solidali con Putin sta aspettando dietro le quinte. Le elezioni anticipate potrebbero portare uno di loro al potere.

Dilemma lacerante

L’Europa è messa alla prova non solo sull’unità del fronte contro la Russia, ma anche sulla resistenza delle sue democrazie. Le forze nazionaliste, spesso scettiche nei confronti dell’Unione europea e affascinate dalla Russia, nei principali paesi dell’Unione sono state tenute a bada, ma non ancora domate.

A causa dei tagli decisi da Putin alle forniture di gas, che coprono un terzo del fabbisogno del continente, si prepara un inverno di malcontento. Il leader francese Emmanuel Macron e il tedesco Olaf Scholz, a volte appaiono allo sbando davanti al dilemma lacerante di come salvare l’Ucraina senza provocare una guerra nucleare con la Russia. “Il tempo è veleno per l’occidente e alleato di Putin”, ha commentato un diplomatico europeo, che ha chiesto l’anonimato. “Eppure dobbiamo vincere questa prova di forza”.

Da qui alla fine del 2022 per gli europei la prova sarà dura. Quest’anno il valore dell’euro, la valuta condivisa da diciannove dei paesi dell’Unione, è già sceso dell’11 per cento rispetto al dollaro statunitense e, per la prima volta in due decenni, ha raggiunto la parità, un tasso di cambio di uno a uno. L’inflazione continua a salire. La carenza di alcuni prodotti e gli incendi che stanno accompagnando un’eccezionale ondata di caldo, anche in parti della Francia settentrionale mai colpite in precedenza, alimentano un senso d’inquietudine. Per molti europei, lo slittamento dell’euro verso la parità con il dollaro è simbolico del fatto che i problemi economici generati dalla guerra sono molto più gravi per l’Europa che per gli Stati Uniti.

Gli accordi con l’Algeria

La stretta sul gas ha già portato il governo tedesco ad annunciare un’imminente recessione. Aziende e famiglie si stanno preparando ad affrontare un inverno di razionamento, mentre case, scuole e città hanno già cominciato ad abbassare i termostati e a ridurre l’uso dell’aria condizionata. C’è anche malcontento per la decisione di Washington di combattere la guerra al confine orientale della Germania fino all’ultimo ucraino.

L’Italia sta cercando di accelerare l’indipendenza energetica dalla Russia, rivolgendosi all’Algeria per nuove forniture di gas, aumentando lo sfruttamento di fonti di energia rinnovabile e bruciando più carbone per mantenere le case illuminate e le aziende in attività.

La Francia, meno vulnerabile a causa della sue centrali nucleari, sta spingendo per un piano di contenimento dell’energia che in una recente intervista televisiva Macron ha definito necessario. “Questa guerra durerà, ma la Francia sarà sempre in grado di aiutare l’Ucraina”, ha detto il presidente francese. Qualcosa di un po’ diverso dalla promessa fatta a Kiev il mese scorso, e cioè che l’Europa “è al suo fianco e ci rimarrà per tutto il tempo necessario a ottenere la vittoria”.

In nessun paese il dilemma dell’Europa è sentito più acutamente che in Germania, una nazione visceralmente avversa alla guerra, scomodamente dipendente da Putin per l’energia, e divisa tra l’indignazione morale per i massacri di civili e la paura mortale di scatenare la terza guerra mondiale. In un saggio uscito a maggio, in cui applaude alla cautela di Scholz, il filosofo tedesco Jurgen Habermas ha scritto: “L’occidente, che, con le drastiche sanzioni, non ha lasciato dubbi sulla sua partecipazione di fatto a questo conflitto, deve valutare attentamente ogni ulteriore supporto militare per capire se rischia di oltrepassare l’indeterminato confine dell’ingresso ufficiale in guerra. Indeterminato perché dipende dalla definizione che ne darà Putin”.

Misura del cambiamento

Nathalie Tocci, la direttrice dell’Istituto per gli affari internazionali di Roma, ha affermato di non vedere un imminente indebolimento della determinazione occidentale, nonostante la crisi in atto nel suo paese. “I livelli di violenza dei russi sono così vergognosi che è impossibile ridurre il sostegno all’Ucraina o annullare le sanzioni”, ha dichiarato. Le cose potrebbero cambiare “se in Europa un inverno freddo e costoso, combinato con una pausa nella guerra, rendesse irresistibili le sirene della pace”.

Una misura del cambiamento della politica europea è l’insolita importanza che ha assunto l’ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi. L’Italia è stata la prima grande nazione occidentale a sostenere pubblicamente l’eventuale adesione dell’Ucraina all’Unione europea, allontanando il suo paese da un rapporto ambiguo con la Russia di Putin.

“Dal punto di vista geopolitico, l’Italia perderà molta della sua forza”, ha dichiarato Lucio Caracciolo, il direttore della rivista italiana di geopolitica Limes, alludendo alla possibilità di una caduta del governo. “Draghi è rispettabile e Draghi è l’Italia. Se cade, cade anche l’Italia”.

Draghi ha rafforzato il paese dandogli qualcosa che spesso gli è mancato: la prevedibilità, che ora potrebbe andarsene con lui. E l’imprevedibilità italiana potrebbe costituire un problema per un’Europa già a disagio.◆ bt

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Questo articolo è uscito sul numero 1470 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati