Irina Karamanos avrebbe potuto prendere l’auto per andare al lavoro. Ma a Santiago era primavera e Karamanos, antropologa e attivista, voleva fare una passeggiata. Zaino in spalla e scarpe da ginnastica ai piedi aveva deciso di mescolarsi alla folla. Arrivata a un semaforo rosso, però, un passante si era fermato e aveva riconosciuto il volto familiare di una delle donne più famose del paese: la first lady che non voleva più esserlo.

Tre settimane prima Karamanos, compagna del presidente cileno Gabriel Boric, aveva dichiarato pubblicamente di voler rinunciare a questo ruolo, un incarico che secondo lei non dovrebbe proprio esistere. Karamanos è stata riluttante fin da quando, nel dicembre 2021, Boric, che allora aveva trentacinque anni, è stato eletto presidente. Quando ha prestato giuramento, lo scorso marzo, è diventato il più giovane leader dell’America Latina, uno dei tanti politici di sinistra che stanno andando al potere nella regione. Karamanos è l’attivista femminista che lo ha aiutato a vincere.

Foto di Tamara Merino, The Washington Post/Getty Images

In un primo momento aveva accettato con riluttanza di fare la first lady, sperando di poter trasformare quel ruolo. La decisione però aveva fatto arrabbiare molti sostenitori. Nei mesi successivi ha lavorato in silenzio per modernizzarlo. Aveva in programma di trasferire i compiti – sostanzialmente gestire sei fondazioni, presiedere dei programmi sociali, un museo della scienza e un’organizzazione per i diritti delle donne – ai ministeri che secondo lei potevano occuparsene con più competenza. Nel farlo, sperava di poter dare un nuovo significato alla figura di partner del presidente, non solo in Cile, ma anche nel resto del mondo. Prima però doveva convincere i ministri del governo di Boric che il suo progetto non era così radicale e che era possibile cambiare tradizioni e burocrazia. Voleva che i cambiamenti da lei proposti fossero permanenti.

Ecco perché in quella sua passeggiata mattutina Karamanos aveva continuato a telefonare ai ministri e ai responsabili delle sei fondazioni che avrebbe dovuto presiedere. “Non risponde nessuno”, aveva detto alla sua addetta stampa, perciò aveva cominciato a mandare messaggi vocali. Uno era per una fondazione che era in gran parte contraria alla sua idea: l’orchestra dei bambini non voleva perdere il prestigio di essere rappresentata da una first lady.

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Secondo Karamanos, però, quel ruolo non aveva niente a che fare con le sue competenze e la sua esperienza. L’unica cosa importante era il titolo formale. E lei sapeva di essere molto più di questo. Non è così che Karamanos e Boric pensavano di trascorrere i loro trent’anni.

La coppia si frequentava da due anni quando si è capito che Boric, studente e attivista diventato parlamentare, era la migliore opzione a disposizione del partito Convergencia social per la presidenza. Lei è stata la responsabile della raccolta delle trentamila firme necessarie per la candidatura.

Progetti in pausa

Karamanos, 33 anni, non pensava di essere il tipo di persona che mette in pausa i suoi progetti futuri per un uomo. Figlia d’immigrati – madre uruguaiana di origini tedesche e padre greco, morto quando lei aveva otto anni – parla quattro lingue, ne ha studiate altre due ed è laureata in scienze dell’educazione e in antropologia all’università di Heidelberg, in Germania. Se avesse accettato di fare la first lady avrebbe dovuto fare un lavoro impegnativo a tempo pieno senza essere pagata. “D’ora in poi tutto quello che farò passerà in secondo piano”, ha detto. “La prima cosa che tutti sapranno di me è che sono la compagna del presidente”.

Il consiglio ha approvato la sua proposta all’unanimità. Fuori dal palazzo, però, molti cileni non erano d’accordo

Il concetto di first lady nasce negli Stati Uniti e risale a Dolley Madison. La moglie del quarto presidente James Madison contribuì ad arredare la Casa Bianca e organizzava eventi sociali per i politici di entrambi i partiti. Eleanor Roosevelt e Jacqueline Kennedy fecero fare dei passi avanti a questo ruolo nell’immaginario pubblico, e oggi ci si aspetta che la first lady debba accompagnare il presidente e sostenere cause condivisibili da tutti.

Anche in alcuni paesi dell’America Latina si pensa che siano questi i suoi compiti. Karamanos non è la prima first lady riluttante, pensiamo per esempio a Melania Trump. In Ecuador, Anne Malherbe Gosselin, la moglie di origini belghe dell’ex presidente Rafael Correa, si è sottratta a un ruolo che lei stessa ha definito “classista”. In Messico Beatriz Gutiérrez Müller, moglie del presidente Andrés Manuel López Obrador, ha continuato a insegnare all’università durante il mandato del marito.“Non capisco perché dovrei lasciare il mio lavoro per accompagnare un uomo che ha cambiato il suo”, ha commentato Müller. Però non ha smesso di rappresentare il governo messicano in occasione di eventi diplomatici.

Dinamite politica

Secondo gli storici Jill Biden, che ha insegnato a lungo inglese al Northern Virginia community college, è la prima first lady statunitense a mantenere il suo lavoro mentre il marito è presidente.

La studiosa cilena di scienze politiche Carolina Guerrero, però, è convinta che nessuna di queste donne abbia cercato di cambiare radicalmente il ruolo come Karamanos. Negli Stati Uniti la storica dell’università dell’Ohio Katherine Jellison definisce il suo tentativo “dinamite politica”.

Forse il fatto che sia il Cile a fare da apripista ha un senso. Il paese in passato è stato guidato da una donna, Michelle Bachelet, che durante il suo primo mandato aveva delegato le responsabilità della first lady a due politiche, e durante il secondo mandato l’aveva affidato al figlio. I cileni hanno già visto il palazzo presidenziale senza una first lady.

Karamanos però vuole rendere tutto questo la regola, non l’eccezione. All’inizio di ottobre, dopo aver evitato di farsi intervistare per otto mesi, si è presentata in pubblico e ha annunciato l’intenzione di mantenere la sua promessa. “Il ruolo istituzionale di first lady per come lo conosciamo non esisterà più”, ha detto ai giornalisti.

Durante una delle ultime settimane passate nel palazzo presidenziale, Karamanos ha rovistato nel suo zaino e ha tirato fuori un arricciacapelli e un iPad con lo schermo rotto. Si è sempre sentita un po’ fuori posto in quell’edificio, con i suoi lampadari e i drappi di velluto dorato, in cui le precedenti first lady spendevano più di duemila dollari al mese in decorazioni floreali mentre lei ha messo solo un mazzetto di fiori finti accanto alla finestra. Alla fine di quella settimana si è seduta a un tavolo ovale, davanti a un consiglio di dodici persone pronte ad approvare il progetto di separazione della loro fondazione, che finanzia un museo della scienza, dall’ufficio della first lady.

A loro, molto più anziani di lei, Karamanos ha spiegato che la fondazione sarebbe stata gestita in modo più appropriato da una persona scelta direttamente dal ministro della cultura.“Il partner di un presidente è scelto per essere un partner, non per presiedere a delle fondazioni”, ha detto.

Il consiglio ha approvato la sua proposta all’unanimità. Fuori delle mura del palazzo, però, molti cileni non erano d’accordo, e Karamanos lo sapeva. Nei giorni successivi il consenso di Gabriel Boric è diminuito: secondo un sondaggio, all’inizio di novembre non superava il 27 per cento, mentre di recente è risalito al 33 per cento. A settembre il presidente ha subìto la sua più grande sconfitta finora, quando gli elettori hanno respinto la nuova costituzione che Boric aveva sostenuto.

Gli sforzi di Karamanos hanno infastidito qualcuno fin da subito, quando i giornali hanno scritto che il nome dell’ufficio della first lady era stato cambiato in “ufficio di Irina Karamanos”. Agli occhi di alcune persone questo rafforzava l’idea che la trasformazione di Karamanos riguardasse lei personalmente e non il ruolo di first lady. In seguito lei ha definito il cambiamento del nome un “errore amministrativo”.

Marcela Solabarrieta, 52 anni, ritiene gli sforzi di Karamanos “poco educati”. “Se non voleva tutto questo, non avrebbe dovuto scegliere di essere la compagna di un candidato alla presidenza”, ha commentato. Alejandra Morales, un’artista di 55 anni, è convinta che Karamanos dovrebbe modernizzare il ruolo, non eliminarlo. “Non abbiamo eletto te”, ha twittato un uomo, “questo non c’era nel programma del presidente. Perché dai per scontato di avere un tuo programma e riduci la figura della first lady solo a qualcosa di decorativo, portandole via tutti i poteri?”. Per come la vede Karamanos, però, eliminare quei poteri potrebbe rafforzare i partner dei futuri presidenti. È una questione di autonomia, osserva, sia professionale sia economica.

Per Karamanos quest’anno è stato una sorta di esperimento antropologico. Perciò quando un gruppo di ricercatrici di scienze politiche e studi di genere le ha chiesto di parlare del suo tentativo, lei ha colto la palla al balzo. Sedute attorno a un tavolo alla pontificia università cattolica del Cile, l’hanno bersagliata di domande. Oltre a eliminare l’incarico di first lady, in che modo Karamanos avrebbe potuto cambiare concretamente l’idea che i cileni hanno della compagna del presidente? È possibile eliminare i ruoli di genere nella presidenza?

Karamanos ha raccontato alle donne di quante volte le è capitato che le persone per strada le raccomandassero di “prendersi cura” di Gabriel Boric. “Naturalmente mi prendo cura di lui. Ma se non lo facessi? Cosa succederebbe? Non potrebbe fare il presidente? Non sarebbe autosufficiente?”, rispondeva.

In cerca di risposte

Karamanos vorrebbe cancellare l’idea che ci si possa fidare di un uomo di potere solo se ha una donna accanto che lo ammorbidisce e gli dà equilibrio. Ha comunque intenzione di accompagnare Boric ad alcune cene ed eventi, se non altro per poterlo vedere. Ma non andrà con lui in tutti i viaggi all’estero né parteciperà a tutte le cerimonie ufficiali. Non prenderà nemmeno parte ai vertici annuali delle first lady. Come potrà avere una vita normale, le hanno chiesto? Come potrà trovare un lavoro che non scateni un conflitto d’interessi?

Karamanos ha pensato a cosa vorrebbe fare. Per esempio potrebbe tornare a fare ricerca, magari concentrandosi sull’educazione. Ma non sa ancora come andranno davvero le cose. Dopo essere uscita dall’università pontificia, ha riguardato gli appunti. Una delle domande era sottolineata: “Cosa vuole Irina?”. Presto, spera, sarà in grado di trovare la risposta . ◆ gim

Biografia

1989 Nasce a Santiago del Cile. Il padre era di origine greca, la madre uruguaiana.
2014 Si laurea in scienza dell’educazione e antropologia all’università di Heidelberg, in Germania.
2016 Entra nel Movimiento autonomista (Ma), un movimento politico cileno di sinistra, in cui conosce il futuro compagno Gabriel Boric.
novembre 2021 Boric vince le elezioni presidenziali e lei diventa first lady.
ottobre 2022Annuncia pubblicamente di voler rinunciare al suo ruolo.


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Questo articolo è uscito sul numero 1491 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati