10 giugno 2015 20:36
Gaza durante una tempesta di sabbia l’11 febbraio 2015. (Mohammed Abed, Afp)

La situazione politica e di sicurezza nella Striscia di Gaza si sta complicando a causa dell’emergere di nuovi gruppi palestinesi che proclamano la loro vicinanza ai jihadisti dello Stato islamico. Alcuni osservatori riferiscono di una vera e propria lotta per il potere tra Hamas, l’organizzazione politica e militare che governa la Striscia, e varie organizzazioni salafite, che seguono una corrente più radicale dell’islam sunnita. Finora quella che ha assunto maggior rilevanza è la Brigata Sheikh Omar Hadid, che ha rivendicato il lancio di due razzi, il 26 maggio e il 3 giugno, sulla città israeliana di Ashkelon.

In risposta ai razzi, il 4 giugno l’esercito israeliano ha bombardato due campi di addestramento militare gestiti da Hamas e dall’organizzazione Jihad islamica. Il ministro della difesa israeliano, Moshe Yaalon, ha spiegato di considerare Hamas responsabile di qualunque attacco in territorio israeliano. Nella Striscia di Gaza sono attivi da anni elementi radicali, ma è la prima volta che un attacco contro Israele è rivendicato da un’organizzazione vicina al gruppo Stato islamico.

L’attività dei salafiti a Gaza non è un fenomeno nuovo, ma finora Hamas è riuscita a tenerla sotto controllo. Il primo scontro rilevante risale al 2009, quando i miliziani di Hamas fecero irruzione in una moschea di Rafah, nel sud della Striscia, controllata da un gruppo che si faceva chiamare Guerrieri di dio. Sei militanti furono uccisi. Un altro momento di tensione si verificò dopo il rapimento e l’uccisione dell’attivista italiano Vittorio Arrigoni da parte di un gruppo salafita.

Ma dalla fine dell’offensiva israeliana su Gaza della scorsa estate, i salafiti hanno ripreso forza, anche a causa del crescente scontento della popolazione per la mancata distribuzione di aiuti per la ricostruzione. Hamas inoltre sembra star perdendo consensi perché sempre di più è percepita come un’organizzazione corrotta e interessata solo al potere. A questo si aggiunge la frustrazione di molti nei confronti della riconciliazione tra Hamas e gli avversari di Al Fatah: a un anno dalla creazione del governo di unità nazionale, non hanno visto dei cambiamenti concreti nella loro vita. Tutti questi elementi hanno creato un terreno fertile per l’affermazione di gruppi radicali nella Striscia di Gaza. A quanto risulta, alcuni salafiti provengono dalle file di Hamas. Tra loro anche uno degli ideologi del movimento, Adnan Mayyat, recentemente uscito di prigione.

Negli ultimi mesi una serie di attacchi contro gli uffici di Hamas ha portato a un giro di vite dell’organizzazione contro i gruppi salafiti. Decine di persone sono state arrestate e una moschea di Deir al Balah è stata distrutta. Il lancio di razzi contro Israele è stato una ritorsione nei confronti di Hamas, per spingere l’organizzazione a rilasciare i salafiti in carcere.

La Brigata Sheikh Omar Hadid ha dichiarato i suoi legami con i jihadisti dello Stato islamico, ma non ha ancora formalmente giurato fedeltà al gruppo. I jihadisti dello Stato islamico, d’altra parte, non hanno dato notizia di una loro presenza nella Striscia di Gaza. Gli esperti hanno opinioni diverse sull’evoluzione della presenza salafita nella Striscia e sul modo in cui Hamas affronterà il problema. Se da un lato sembrano essere poco numerosi e avere una struttura poco solida, dall’altro i salafiti, notano alcuni osservatori, hanno beneficiato del sostegno economico di alcuni ex affiliati fuggiti nel Sinai egiziano e di individui facoltosi all’interno della Striscia.

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