29 giugno 2015 17:23

La ’ndrangheta calabrese si è infiltrata nella politica australiana, svela un’inchiesta durata più di un anno del programma dell’Abc Four Corners e del gruppo Fairfax Media. I politici a livello nazionale e locale sarebbero stati esposti a “potenziale corruzione” a causa di “falle” nel sistema della raccolta fondi. L’inchiesta ha sottolineato che la ’ndrangheta opera in Australia usando minacce e violenza sia in attività lecite, come il mercato della frutta e della verdura, sia illecite, come il traffico di droga. Sono stati individuati anche contatti tra “criminali presunti e riconosciuti” e importanti politici. Gli affiliati alla mafia calabrese avrebbero partecipato a diversi incontri di raccolta fondi con l’obiettivo di dare “un volto pubblico e legittimo” alle sue attività, si legge sull’inchiesta.

In un’occasione, per esempio, un uomo affiliato alla ’ndrangheta ha incontrato l’allora primo ministro John Howard e altre figure di rilievo del partito liberale durante un evento per la raccolta fondi all’inizio degli anni duemila. L’ex premier non avrebbe comunque legami con l’associazione mafiosa. È stato anche scoperto che il figlio di un presunto boss della ’ndrangheta ha lavorato per un periodo all’ambasciata australiana a Roma. Inoltre politici dei due più importanti partiti australiani, laburisti e liberali, hanno subìto le pressioni di donatori legati alla ’ndrangheta per favorire i loro affari.

L’inchiesta evidenzia una serie di “falle” nel sistema delle donazioni, a causa delle quali i politici australiani restano esposti a potenziale corruzione. I partiti e i candidati politici possono ricevere sostegno e contributi finanziari che non sono soggetti al regime di trasparenza e quindi risulta difficile identificare le tangenti versate sotto forma di donazioni ai partiti. La commissione elettorale ha cercato in diverse occasioni di introdurre modifiche per garantire una maggiore trasparenza, ma il parlamento le ha sempre respinte.

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