La marina militare statunitense ha cominciato a pattugliare le acque intorno alle isole artificiali nel mar Cinese meridionale, costruite da Pechino come avamposti per reclamare la sovranità sulle isole Spratly. Il cacciatorpediniere lanciamissili Uss Lassen è entrato alle 6.40 di martedì mattina (quando in Italia era notte) nelle acque territoriali di una delle scogliere contese, con l’ordine di navigare all’interno delle 12 miglia nautiche (22,2 chilometri) da Subi reef e Mischief reef, due degli atolli fortificati dai cinesi nelle Spratly, che in mandarino si chiamano Nansha.

L’operazione, che il Pentagono stava pianificando da settimane, è stata approvata dalla Casa Bianca e si è conclusa senza incidenti dopo poche ore. Pechino rivendica la sovranità sulle isole Spratly e sulle vicine Paracel, nel mar Cinese meridionale oltre che sulle isole Senkaku/Diaoyu nel mar Cinese orientale. La controversia sulle Spratly è cominciata dopo la seconda guerra mondiale, ma solo da pochi anni il governo di Pechino ha deciso di imporre fisicamente il proprio controllo sull’insieme di atolli, barriere coralline, scogli e isolotti, rivendicati anche da Vietnam, Filippine, Taiwan, Malesia e Brunei.

Con un’imponente operazione di dragaggio, dalla fine del 2013 la Cina – che reclama il 90 per cento del mar Cinese meridionale – ha costruito infatti almeno sette isole artificiali. E nell’ultimo anno e mezzo ha sottratto al mare più di 800 ettari sulle isole di Subi reef, Mischief reef e Fiery cross reef, dove sta costruendo una pista di atterraggio lunga tre chilometri che potrebbe essere usata come base per operazioni militari.

L’immagine satellitare della pista di atterraggio che la Cina sta costruendo a Fiery Cross reef nelle isole Spratly, nel mar Cinese meridionale, il 2 aprile 2015. (DigitalGlobe/Afp)

L’iniziativa ha alimentato i timori degli Stati Uniti, che da tempo chiedono ai cinesi di rinunciare a questa espansione. Invece Pechino è andata avanti, imponendo il limite alla navigazione di 12 miglia nautiche previsto per le acque territoriali nazionali anche tra le isole artificiali su cui rivendica un’“indiscussa sovranità”.

Il governo di Pechino ha quindi definito “illegale” la missione dell’Uss Lassen, descritta come una “minaccia alla sovranità della Cina”, mentre gli Stati Uniti hanno invocato la libertà di navigazione in acque internazionali perché non riconoscono gli atolli artificiali come territorio cinese.

Il portavoce del ministero degli esteri di Pechino ha assicurato che il suo paese risponderà con fermezza a qualsiasi azione deliberatamente provocatoria, e il vice ministro Zhang Yesui ha convocato l’ambasciatore statunitense Max Baucus per una protesta formale.

Le acque del mar Cinese meridionale sono uno snodo fondamentale per il traffico marittimo, con il passaggio di merci per più di tremila miliardi di dollari l’anno. Nella zona compresa tra Taiwan e lo stretto di Malacca transita il 40 per cento del commercio mondiale, compresa gran parte delle importazioni petrolifere della Cina. Sui fondali sono stati poi scoperti importanti giacimenti di gas e petrolio, sfruttabili solo da chi detiene i diritti sulle acque. Tra le risorse cruciali dell’area c’è anche la pesca.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it