Il tasso di mortalità tra gli statunitensi bianchi di mezza età è in crescita. È quanto emerge da uno studio realizzato dagli economisti Angus Deaton, vincitore del premio Nobel per l’economia 2015, e Anne Case. L’aumento della mortalità tra i bianchi non ispanici di età compresa tra i 45 e i 54 anni è dovuto in particolare all’incremento del numero di morti per abuso di droga, dei suicidi e delle patologie legate all’alcolismo. Nel 2011 la frequenza di morti per abuso di droghe o alcol ha superato quella dei decessi legati al cancro ai polmoni.
Biggest increases in death rates among middle-aged whites due to drug & alcohol poisoning. https://t.co/Ec3ghAVvBy pic.twitter.com/7PbBosTkRs
— Catherine Rampell (@crampell) 2 Novembre 2015
Lo studio mostra che sono i bianchi con un titolo di studio più basso – diploma superiore o meno – a essere più colpiti. Questa tendenza si registra solo negli Stati Uniti. Confrontando infatti i dati che riguardano diversi paesi sviluppati (Francia, Germania, Regno Unito, Canada, Australia e Svezia), è emerso che il tasso di mortalità in questa categoria è in calo. Lo stesso vale per gli statunitensi ispanici e per i bianchi non ispanici almeno laureati.
Dal 1998 il tasso di mortalità negli altri paesi ricchi presi in considerazione è diminuito circa del 2 per cento ogni anno, mentre negli Stati Uniti, per i bianchi non ispanici, è cresciuto dello 0,5 per cento ogni anno. Dati in controtendenza rispetto al passato, visto che fino al 1978 anche negli Stati era stato registrato un calo del tasso di mortalità.
Per gli statunitensi ispanici nella fascia d’età in esame la tendenza è molto simile a quella registrata nel Regno Unito (calo dell’1,8 per cento annuo), mentre per i neri non ispanici la mortalità è diminuita del 2,6 per cento ogni anno. Ma il tasso di mortalità per gli statunitensi afroamericani di mezza età continua a essere più alto rispetto a quello relativo ai bianchi: su centomila persone con età compresa tra 45 e 54 anni, muoiono ogni anno 581 neri contro 415 bianchi.
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