Il 29 luglio l’autorità bancaria europea, l’Eba, pubblicherà i risultati dei cosiddetti stress test su 51 istituti di credito (quelli con un attivo superiore ai 30 miliardi di euro) di 15 paesi europei. Gli stress test valutano la solidità di un istituto di credito, simulando diversi scenari e immaginandone l’impatto sul capitale dell’istituto in esame.

Cinque banche italiane sono coinvolte nella valutazione: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Popolare, Ubi Banca e Monte dei Paschi di Siena. Le banche italiane sono sotto osservazione da tempo e in molti temono che potrebbero non superare i test dell’autorità europea perché possiedono una quota elevata di crediti deteriorati che limitano la loro capacità di erogare nuovi prestiti e le prospettive di redditività.

L’Eba pubblicherà i risultati della simulazione alle 22, per aspettare la chiusura dei mercati europei e statunitensi ed evitare speculazioni.

1. Che cosa sono gli stress test
Gli stress test sono degli studi condotti da un’autorità bancaria interstatale che servono ad accertare la solidità di un istituto di credito. Questo tipo di valutazioni, in cui vengono simulati diversi scenari economici e finanziari, si svolgono in due fasi. In una prima fase viene valutato lo stato di salute di una banca in condizioni ordinarie, mentre in una seconda fase vengono valutate le prestazioni della stessa banca in condizioni negative o critiche. Attraverso gli stress test si cerca di stabilire quanto capitale sia a disposizione della banca, nel caso in cui si verifichi la necessità di dover assorbire perdite improvvise determinate da una crisi economica. Tra le condizioni ipotizzate c’è un calo del pil nel biennio 2016/2018, un peggioramento del rating dei titoli di stato e dei prezzi degli immobili residenziali e commerciali. Gli stress test si fanno in Europa dal 2009 e questo appuntamento è il quinto per le banche europee. Sono stati introdotti dopo la crisi finanziaria del 2008 per ristabilire la fiducia degli investitori negli istituti di credito.

2. Le novità introdotte negli stress test del 2016
Il numero delle banche coinvolte nella valutazione è inferiore rispetto al 2014: all’epoca parteciparono al test 124 banche. Quest’anno verrano esaminate solo quelle con un attivo superiore ai 30 miliardi di euro. Secondo molti analisti questa selezione è un elemento di debolezza: per esempio non verranno sottoposte alla valutazione le banche greche e portoghesi, settori critici della finanza europea, perché non sono sufficientemente grandi.

Un’altra novità molto importante è che l’Eba non ha previsto una soglia minima di capitale da rispettare nello scenario avverso (la soglia era stata fissata al 5,5 per cento due anni fa). In questo modo la ricapitalizzazione per le banche che non supereranno lo stress test non sarà automatica, ma sarà solo indicato lo stato di salute della banca e saranno fornite delle linee guida per porre rimedio alle criticità e smaltire i crediti deteriorati. Ma molti analisti sostengono che comunque per orientarsi sulle prestazioni di ogni istituto sarà applicata la soglia del 2014.

Le novità sono anche di natura operativa e si riferiscono a tre nuove tipologie di rischio prese in considerazione: il cosiddetto conduct risk (il rischio che comportamenti fraudolenti determino sanzioni o costi per l’istituto) il rischio valutario, cioè l’impatto dell’oscillazione delle valute sulla qualità del credito in valuta estera, e il rischio tassi d’interesse, che valuta l’influenza di tassi d’interesse nulli o negativi sulla redditività della banca.

3. Quali banche sono da tenere sotto osservazione

Le banche italiane preoccupano gli analisti da tempo, perché hanno delle quote molto alte di crediti deteriorati. In particolare si dà quasi per scontato che la banca più antica d’Europa, il Monte dei Paschi di Siena, non superi la valutazione dell’Eba in condizioni avverse (non l’aveva superata nemmeno nel 2014).

L’istituto di credito toscano ha 47 miliardi di euro di crediti deteriorati: la situazione peggiore tra le banche europee. Questo fattore, a cui si aggiunge un deficit di capitale, rischia di creare un effetto contagio nella regione. “La cattiva notizia è che i problemi emersi nel 2014 non sono stati affrontati”, ha detto l’analista Nicola Veron alla Reuters. “Da un punto di vista politico, siamo ancora all’inizio di un lungo percorso per le banche europee e l’Italia è ancora indietro”. Secondo alcune indiscrezioni, l’istituto starebbe vicino a una ricapitalizzazione da 5 miliardi di euro. Ma è difficile che bastino a sanarlo.

Anche le tedesche Deutsche Bank e Commerzbank saranno sotto stessa osservazione. Deutsche Bank ha a bilancio 30mila miliardi di derivati di tipo 3 (quelli non quotati) e ha annunciato di aver dimezzato i profitti. In Spagna preoccupa la situazione di Santander e Banco Popular. Quest’ultimo è schiacciato dalle sofferenze legate alla bolla immobiliare del 2012 e all’istituto potrebbe non bastare l’aumento di capitale da 2,5 miliardi recentemente annunciato.

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