16 novembre 2016 14:54

La maggior parte dei richiedenti asilo ospitati dal sistema di accoglienza italiano proviene dalla Nigeria, dal Pakistan, dal Gambia, dal Senegal e dal Bangladesh. Lo afferma il rapporto sulla protezione internazionale pubblicato il 16 novembre da Anci, Cittalia, Fondazione migrantes e Servizio centrale Sprar.

Anche se gli arrivi in Italia sono diminuiti nel 2015 rispetto all’anno precedente, le richieste d’asilo sono aumentate del 32 per cento (83.970) rispetto al 2014. Nei primi sei mesi del 2016 questa tendenza è confermata da un aumento delle domande di circa il 60 per cento rispetto all’anno precedente. L’incremento è dovuto alla parziale chiusura delle frontiere dello spazio Schengen, che ha rapidamente trasformato l’Italia da paese di transito a paese di destinazione dei migranti.

Inoltre, la mancanza di canali l’ingresso legali per i cittadini stranieri e l’impossibilità di regolarizzare la loro posizione una volta entrati, hanno aumentato la pressione sul sistema d’asilo in Italia, contribuendo a creare quella che il rapporto definisce “una fabbrica delle clandestinità di stato”. Il meccanismo per cui un richiedente asilo viene assistito per anni, ma il suo percorso di integrazione può culminare con un diniego che spinge la persona nella clandestinità, dopo aver provato a integrarla.

Anche per questo motivo, è aumentato il numero di dinieghi della protezione internazionale da parte delle commissioni territoriali, gli organi amministrativi che hanno il compito di valutare le richieste d’asilo su tutto il territorio nazionale.

Secondo il rapporto pubblicato il 16 novembre da Anci, Cittalia, Fondazione migrantes e Servizio centrale Sprar sulla protezione internazionale in Italia, il numero dei dinieghi di protezione è aumentato del 20 per cento, a fronte di un numero stabile di arrivi di migranti in Italia rispetto all’anno precedente. Il 60 per cento delle domande d’asilo presentate in Italia riceve parere negativo, in linea con la media europea.

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La riforma del sistema d’accoglienza è necessaria. Nel 2015 in Italia i richiedenti asilo presenti nelle strutture di accoglienza erano 114.400. La maggior parte è stata ospitata in Centri di accoglienza straordinari (Cas), strutture d’emergenza, pensate per affrontare l’incremento di arrivi dopo le primavere arabe nel 2011. Le Cas, però, sono diventate un sistema parallelo e preponderante rispetto a quello dell’accoglienza ordinaria dei richiedenti asilo nel paese, il Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar).

Nel 2015, infatti, i progetti finanziati del sistema ordinario sono stati 430 per un totale di 20.356 posti, mentre nei Cas era presente il 70 per cento dei richiedenti asilo. La qualità dei servizi offerti dai Cas, spesso allestiti in strutture turistiche e alberghiere, è disomogenea, così come lo è la loro collocazione sul territorio nazionale. Il rapporto Anci, Cittalia, Fondazione migrantes e Servizio centrale Sprar indica in questo doppio binario dell’accoglienza una delle debolezze strutturali del sistema di accoglienza italiano. Nel rapporto si legge:

Sappiamo bene che, nonostante ciò abbia fornito la risposta immediata al bisogno, non sempre tuttavia, la qualità della risposta è stata soddisfacente. L’uso di alberghi o di altre strutture ricettive, a vocazione turistica e dunque diverse da quelle previste per l’accoglienza di richiedenti la protezione internazionale, sono diventate da straordinarie a ordinarie, tant’è che le strutture straordinarie costituiscono circa l’80 per cento dei posti d’accoglienza oggi disponibili in Italia.

Inoltre, afferma il rapporto, su ottomila comuni italiani solo 2.600 hanno accolto i migranti, cioè un comune su quattro. Il 10 agosto 2016 il ministero dell’interno ha approvato un decreto per potenziare il sistema ordinario di accoglienza chiamato Sprar proprio per limitare il ricorso all’accoglienza di emergenza dei Cas. Lo Sprar, infatti, permette una maggiore trasparenza e rendicontazione delle spese e risponde a linee guida nazionali che il sistema di accoglienza straordinario non è tenuto a seguire. Secondo il rapporto, una direttiva del ministero dell’interno dell’11 ottobre predisporrebbe l’uniformazione del sistema di accoglienza e la stabilizzazione del sistema Sprar come sistema unico di accoglienza dei richiedenti asilo.

Nella direttiva viene annunciato che a breve sarà adottato un nuovo sistema di ripartizione e distribuzione dei richiedenti asilo e dei rifugiati sul territorio nazionale attraverso lo Sprar e al contempo vengono richiamati i prefetti all’applicazione di una ‘clausola di salvaguardia’ che renda esenti i comuni che appartengono alla rete Sprar, o che abbiano già formalmente manifestato la volontà di aderirvi, dall’attivazione di ulteriori forme di accoglienza.

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Il contesto europeo. Nel 2015 e nel primo semestre del 2016 si è assistito all’acuirsi di molte situazioni di guerra, 35 in tutto, che si sommano a 17 situazioni di crisi. Questi conflitti hanno come effetto la fuga di un numero sempre maggiore di persone. Nel 2015 a livello mondiale sono stati registrati 65,3 milioni di migranti forzati, di cui 21,3 milioni di rifugiati (16,1 milioni sotto il mandato dell’Unhcr), 40,8 milioni di sfollati interni e 3,2 milioni di richiedenti asilo, il più alto numero registrato dalla seconda guerra mondiale. Nel 2015 i primi dieci paesi di accoglienza di rifugiati si trovavano in regioni non europee e non occidentali. La Turchia si conferma il paese che ospita il maggior numero di rifugiati al mondo nel suo territorio (2,5 milioni contro 1,6 dell’anno precedente). Segue il Pakistan con 1,6 milioni di rifugiati, la maggioranza dei quali provenienti dall’Afghanistan e il Libano con 1,1 milioni di persone. Nel corso del 2015 sono state presentate in Europa 1.393.350 domande di protezione internazionale, di cui il 94,9 per cento nei 28 paesi membri dell’Unione europea: un numero più che raddoppiato dall’anno precedente. La Germania con 476.620 domande presentate(pari al 36 per cento delle istanze) è il primo paese per richieste di protezione internazionale, con una crescita pari al 135 per cento rispetto all’anno precedente. A larga distanza seguono Ungheria e Svezia, con rispettivamente 177.135 (13,4 per cento) e 162.550 (12,3 per cento) domande e quindi Austria (88.180) e Italia (84.085). Questi primi cinque paesi ricevono il 74,8 per cento delle domande presentate in Unione europea. A fronte delle 776.160 decisioni da parte dell’Unione europea nel 2015, il 43 per cento (333.205) ha portato al riconoscimento di una forma di protezione internazionale.

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