22 maggio 2019 14:56

Questo articolo fa parte di una serie realizzata da Internazionale per spiegare come funzionano le istituzioni dell’Unione europea, in vista delle elezioni del 26 maggio 2019.

La Corte di giustizia è l’autorità giudiziaria dell’Unione europea. Ha il compito di garantire che il diritto comunitario sia interpretato e applicato nello stesso modo in tutti i paesi e che sia rispettato da tutte le istituzioni e gli stati dell’Unione. Grazie alle sue sentenze la corte è stata, ed è ancora, una delle istituzioni comunitarie che hanno contribuito di più a far progredire l’integrazione europea. Ha sempre ribadito due princìpi essenziali: gli atti legislativi comunitari hanno la precedenza sulle leggi nazionali in caso di conflitto o incompatibilità, e la legislazione dell’Unione ha un effetto diretto sui diritti e i doveri dei suoi cittadini.

Storia

Nel 1952 fu creata la Corte di giustizia della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca), che fu sostituita sei anni dopo, in seguito all’entrata in vigore del trattato di Roma, dalla Corte di giustizia delle comunità europee. Questa ha preso il nome di Corte di giustizia dell’Unione europea con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona nel 2009.Ha sede in Lussemburgo. Non va confusa con la Corte europea dei diritti umani, un organo giurisdizionale sovranazionale a cui aderiscono i 47 paesi del Consiglio d’Europa, e che quindi è del tutto slegato dall’Unione europea.

La struttura

La Corte di giustizia dell’Unione europea è composta da due organi giurisdizionali: la corte di giustizia propriamente detta e il tribunale. La corte è composta da 28 giudici (uno per ogni stato dell’Unione; dopo la Brexit dovrebbero diventare 27) e da 11 avvocati generali. Giudici e avvocati sono nominati di comune accordo dai governi nazionali per un mandato di sei anni. I giudici sono scelti tra personalità in grado di offrire garanzie di autonomia professionale e indipendenza politica, e con competenze ed esperienze giuridiche riconosciute e di alto livello. Il tribunale è composto attualmente da 46 giudici, che il 1 settembre 2019 diventeranno 56, due per ogni stato. Dal 2016 ha inglobato il tribunale della funzione pubblica, che era competente per le controversie tra l’Unione e i suoi dipendenti.

Compiti e poteri

Interpretazione del diritto
Con le pronunce pregiudiziali la Corte interviene per dare chiarimenti ai giudici nazionali che hanno dubbi sull’interpretazione o sulla validità di normative comunitarie.

Rispetto della legge
Le procedure d’infrazione contro uno stato che non rispetta il diritto comunitario sono avviate dalla Commissione europea o dai singoli stati. Se la Corte accerta la violazione, la stato ha l’obbligo di rimediare all’infrazione, altrimenti rischia una seconda procedura, che può portare a sanzioni.

Annullamento di atti giuridici dell’Unione
Se un atto legislativo comunitario è accusato di non rispettare i trattati o i diritti fondamentali, spetta alla corte decidere se bisogna annullarlo. I ricorsi per chiedere un annullamento possono essere presentati dai singoli stati, dal consiglio dell’Unione europea, dalla commissione e, in determinati casi, anche dal parlamento e dai cittadini.

Interventi dell’Unione europea
Se il parlamento, il consiglio o la commissione non prendono decisioni che sono tenuti a prendere, la corte può intervenire. I ricorsi per omissione possono essere presentati dai governi degli stati, da altre istituzioni comunitarie e, in determinati casi, anche da cittadini e imprese.

Sanzioni alle istituzioni dell’Unione
I cittadini e le imprese che hanno subìto un danno a causa di un’azione o di un’omissione di un’istituzione dell’Unione europea o di un suo dipendente possono rivolgersi alla corte. Possono farlo indirettamente, passando per un giudice nazionale, o direttamente, se danneggiati individualmente.

Le sentenze

Molti giudizi della corte hanno avuto conseguenze significative per i cittadini europei. Per esempio la cosiddetta sentenza Bosman del 1995, dal nome del calciatore olandese Jean-Marc Bosman. La sentenza ha applicato il principio della libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea anche ai calciatori, eliminando così il tetto al numero di giocatori comunitari che le squadre europee potevano mettere sotto contratto e rivoluzionando così l’intero settore calcistico. Per quanto riguarda il campo della libera prestazione dei servizi, con la sentenza Watts del 2006, la corte ha riconosciuto il diritto dei cittadini a spostarsi in altri stati dell’Unione per essere curati se i sistemi sanitari nazionali non sono in grado di offrire la stesse prestazioni in tempi ragionevoli. La corte è intervenuta anche su questioni politicamente e socialmente sensibili come l’uso del velo islamico. Con le sentenze Achbita e Bougnaoui, nel 2017 la corte ha riconosciuto al datore di lavoro il diritto di proibire l’uso del velo in azienda a patto che il divieto non sia discriminatorio e riguardi qualunque simbolo religioso, a prescindere dalla fede delle persone coinvolte. Con la sentenza Van der Lans, nel 2015 sono stati invece ampliati gli indennizzi e le tutele per i cittadini colpiti da ritardi aerei e cancellazioni di voli.

Questo articolo fa parte di una serie realizzata da Internazionale per spiegare come funzionano le istituzioni dell’Unione europea, in vista delle elezioni del 26 maggio 2019. È uscito sul numero 1305 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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