08 marzo 2022 17:07

Jaroslav Gritsak, Ukrainska Pravda, Ucraina

Oggi noi ucraini non solo siamo in guerra con il regime di Vladimir Putin, ma abbiamo problemi anche con l’opposizione russa. Il 3 marzo Dmitrij Bykov, un poeta russo critico di Putin, che amo e rispetto, ha rilasciato un’intervista sull’Ucraina e il suo futuro. E sarebbe un’intervista davvero molto bella, non fosse per un piccolo dettaglio.

Parlando del futuro della Russia, Bykov sostiene che quello che sta succedendo è una novità assoluta, ma non segna la fine della storia russa. A suo avviso, questa è solo la fine della fase “moscovita” della storia slava. Citando il filosofo e sociologo russo Igor Čubajs, Bykov afferma che Mosca ha fallito nel suo ruolo di costruzione dello stato russo. E aggiunge che non ha mai affrontato tale compito nemmeno all’interno dell’intero mondo slavo: perché Mosca non riesce a emanciparsi dalla sua aggressività, legata alle sue radici storiche.

Poi Bykov prevede che ora comincerà la fase ucraina, o kievana (con riferimento alla Rus’ di Kiev, l’unione degli slavi orientali di epoca medievale), della storia slava. E aggiunge che il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj ha caratteristiche che riportano a quel periodo storico.

Posso dire una cosa su queste profezie: la fase ucraina della storia slava non comincerà mai. Perché gli slavi non sono solo gli ucraini, i russi e i bielorussi, ma anche i polacchi, i cechi, gli slovacchi, i sorabi, gli sloveni, i serbi, i croati, i bulgari, i macedoni e i bosniaci e i montenegrini. La maggior parte di loro ha scelto di stare nell’Unione europea. Gli ucraini li stano rapidamente seguendo, anche grazie agli sforzi di Putin.

Inutile nostalgia
Il punto è che non esiste un mondo slavo a sé stante. Ci sono due paesi slavi isolati – la Russia e la Bielorussia – e poi c’è il resto del mondo civile, che comprende alcuni stati europei con una popolazione prevalentemente slava.

Forse il periodo “moscovita” nella storia russa è finito. Ma la Rus’ di Kiev non tornerà. E il mondo slavo non è mai esistito.

Siamo stanchi di sentir dire ai liberali russi che l’Ucraina è una sorta di “Russia migliore”, una specie di “Russia-due”. E siamo stufi dei loro rimproveri: sui nostri errori, sul fatto che non amiamo abbastanza la cultura russa, la lingua russa…
È come se uno studente scarso che non ha fatto i compiti rimproverasse quello bravo perché i suoi bei voti non sono pienamente meritati, dicendogli che la prossima volta dovrà impegnarsi di più.

Anche oggi, con gli ucraini che muoiono sotto le bombe, Bykov si preoccupa del fatto che noi ucraini potremmo lasciarci andare all’autocompiacimento.

La differenza tra ucraini e russi non è la differenza tra uno studente scarso e uno eccellente. Non è nemmeno la differenza tra un bocciato pluriennale e uno studente universitario. È la differenza è tra due mondi. Che stavolta difficilmente si uniranno.

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Leonid Gozman, Novaja Gazeta, Russia

Non so quando e come finirà quello che oggi siamo obbligati a chiamare operazione militare speciale. Ma per me c’è un’altra domanda altrettanto importante: come vivremo noi russi d’ora in poi? Chi è rimasto qui, come me e mia moglie.

Perché, a proposito, se fino a ieri restare rientrava ancora nel campo delle scelte personali, adesso, ormai, andarsene è quasi impossibile. I confini, ufficialmente, non sono chiusi, ma tutti i voli Aeroflot, per esempio, sono cancellati.

Ma il punto non è questo.

Il nostro paese, quello in cui abbiamo vissuto negli ultimi anni, non c’è più.

Degli inevitabili problemi a livello economico, della caduta del tenore di vita, della militarizzazione, dell’inasprirsi della repressione, e così via, è già stato detto tutto. E della cosa più tremenda – la perdita di vite umane – anche. Ma ci sono ancora due cose.

Dall’inizio degli anni novanta centinaia di migliaia, milioni di persone hanno cominciato a costruire un nuovo paese. L’entrata di compagnie straniere nel nostro mercato non è avvenuta per magia, ma attraverso una lunga serie di trattative e accordi che si sono concretizzati con l’entrata dei marchi mondiali in Russia. I mezzi d’informazione indipendenti non sono nati con un decreto del presidente: ci sono voluti anni per dar loro vita. I čelnoki (chi faceva la spola per rivendere in Russia merci acquistate all’estero) non sono usciti di scena da soli: normali reti commerciali hanno preso il loro posto grazie a un gran lavoro e alla determinazione di molti. Come tutto il resto. Ma nel giro di una notte tutto si è dissolto e ci ritroviamo con un pugno di mosche, come nelle favole, quando finisce l’incantesimo. E la situazione peggiorerà.

In tarda epoca sovietica, non che mancassero gli intrighi, tuttavia i meccanismi per assicurare la sopravvivenza funzionavano, come, per esempio, la metropolitana. Quei meccanismi ormai sono scomparsi da molto tempo e quelli vecchi ora vengono distrutti davanti ai nostri occhi a un’inimmaginabile velocità. E con loro se ne andrà anche la vita a cui eravamo abituati: i computer, le automobili, fare acquisti senza dover mettersi in fila.

Ma c’è anche un altro problema di cui nessuno sta ancora parlando.

In un paese ci sono persone di vario tipo. Ci sono quelli che leggono e pensano, quelli che vogliono aiutare il prossimo e quelli a cui piace graffiare le auto degli altri con un chiodo. In una società normale questi ultimi sono tenuti sotto controllo, o attraverso il deterrente di una punizione o per mano della morale vigente che fa loro capire che, se fanno o dicono una certa cosa, si ritroveranno ai margini, saranno esclusi, perderanno il rispetto degli altri.

Siccome ogni sistema tenta di far leva su chi è in sintonia con esso, in vari periodi della storia varie persone divengono la base del sistema ed emergono. Da noi, gli sfregiatori di automobili hanno subodorato che è arrivato il loro momento. Il nuovo sistema – nuovo, che però ha conservato l’amministrazione precedente – conterà proprio su di loro, farà di loro le persone giuste, il collante nazionale, i portatori della spiritualità e del patriottismo. A dire il vero, la loro visione del mondo da tempo veniva riflettuta dalle tv di stato, dove tuttavia, a fare propaganda, erano semplicemente persone pagate e interessate, questi invece sono in buona fede. Credono a tutto: nemici, cospirazioni e, naturalmente, nella vittoria. Saranno incoraggiati, promossi e alle loro marachelle, tipo massacri e pestaggi di persone potenzialmente sospette, si guarderà con indulgenza. Noi vivremo in un paese in cui saranno loro a dettar legge.

E come faremo a vivere con tutto questo e con tutti loro? Senza canali di informazione, senza social network, con i confini chiusi? Con la minaccia di finire in galera per quella parola che noi non possiamo non pronunciare? E come faremo a continuare a lottare per quella Russia che vogliamo vedere, quella che, come ebbe a dire Caterina la Grande, “è uno stato europeo”?

Scusate, a tutte queste domande manca ancora una risposta: la cercheremo.

(Traduzione di Alessandra Bertuccelli)

Jaroslav Gritsak è uno storico ucraino. Leonid Gozman è un politico russo d’opposizione.

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