14 giugno 2022 13:07

Quando Shadrack Lolokuru aveva “nove o dieci anni”, i suoi genitori lo misero in un secchio e lo calarono in un pozzo. Dal fondo torbido, riempì il secchio e lo fece risalire per abbeverare mucche della famiglia. Nessuno pensava che fosse una cosa strana. Tra la sua gente, i samburu del Kenya settentrionale, “un bambino di cinque anni è considerato grande abbastanza” per aiutare a prendersi cura delle mucche, dice, portandole al pascolo, sorvegliandole e assicurandosi che i preziosi animali abbiano erba e acqua a sufficienza.

Oggi Lolokuru ha una cinquantina d’anni e possiede ancora delle mucche insieme ai suoi due fratelli. L’acqua è ancora più scarsa di quando era ragazzo, in parte a causa dei cambiamenti climatici. Secondo il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, quest’anno il Corno d’Africa sta affrontando la peggiore siccità degli ultimi quarant’anni. Per i Lolokuru, le condizioni climatiche avverse stanno diventando la norma e non sono d’accordo su quale sia la miglior strategia di adattamento.

Shadrack Lolokuru e suo fratello minore Robert hanno studiato e lavorano entrambi come contabili a Nairobi, la capitale. Il fratello maggiore Lkitotian, che si occupa del bestiame nel villaggio d’origine, non è mai andato a scuola. Chi ha un’istruzione vede il mondo in modo molto diverso da chi non ce l’ha.

La cultura dell’adattamento
Shadrack legge i giornali e ha capito che l’aridità di quest’anno non è un caso isolato. È probabile che il clima diventerà sempre più caldo e con un numero maggiore di eventi estremi. Quindi è favorevole alla vendita di metà della mandria. In questo modo avranno acqua a sufficienza per mantenere in vita le altre bestie. Altrimenti, l’intera mandria potrebbe morire. “Le nostre mucche a volte sono così deboli che non riescono a raggiungere l’acqua”, conferma. “Muoiono durante il tragitto.”

Ma Lkitotian non vuole vendere. Ha un “attaccamento culturale” all’idea di avere una mandria grande, spiega Shadrack. “Più mucche hai, più alto è il tuo rango sociale, più la gente pensa che tu sia una persona rispettabile e un gran lavoratore”, dice. “Meno mucche hai, meno vali come uomo”. Lkitotian, come molti dei suoi vicini, fatica a comprendere il cambiamento climatico. “Non lo capiscono. Non credono che il clima stia cambiando. L’importanza dell’istruzione nell’affrontare il cambiamento climatico è sottovalutata. Credono che tornerà a essere com’è sempre stato per generazioni”, si rammarica Shadrack.

L’importanza dell’istruzione nell’affrontare il cambiamento climatico è sottovalutata

Poco alla volta, Shadrack sta convincendo il fratello a vendere alcune mucche. Negli ultimi anni la mandria è stata ridotta da 140 a cento capi. Lkitotian non è contento, ma si fida dei suoi fratelli minori e li rispetta. Le trattative all’interno della famiglia sono difficili. Shadrack dice che deve “procedere con cautela”. Ma sa già cosa accadrà se dovesse fallire. Diverse famiglie del suo villaggio hanno perso tutto il bestiame, e alcuni di questi ex mandriani si presentano alla porta della sua casa a Nairobi chiedendogli aiuto per trovare lavoro come guardie di sicurezza.

L’importanza dell’istruzione nell’affrontare il cambiamento climatico è sottovalutata. Il suo ruolo nella mitigazione del riscaldamento globale – le persone più istruite fanno meno figli e inventano tecnologie più sostenibili, però tendono anche a emettere più gas serra – è altrettanto importante. Ma qui analizziamo come un minimo di nozioni possa aiutare le persone ad adattarsi e come la mancanza di scolarizzazione le renda vulnerabili.

A prescindere da quanto si riscalderà la Terra, dovremo cambiare il nostro modo di vivere e di lavorare. Uno studio condotto da Erich Striessnig, Wolfgang Lutz e Anthony Patt dell’Istituto internazionale per l’analisi dei sistemi applicati di Laxenburg, in Austria, suggerisce che l’istruzione può facilitare questo processo. Le persone più istruite hanno maggiore accesso alle informazioni, come per esempio ai sistemi di allerta precoce per le tempeste o la siccità. L’istruzione “migliora le capacità cognitive e la volontà di modificare i comportamenti a rischio, ampliando al contempo l’orizzonte di pianificazione personale”. Porta a prendersi cura della propria salute, così le persone sono fisicamente in grado di adattarsi, e comporta redditi più alti, che tornano sempre utili.

Gli autori confrontano due scenari per l’Africa subsahariana: uno dove il 30 per cento delle giovani donne ha completato la scuola secondaria entro il 2050, e uno dove a completarla è stato il 70 per cento. In base alle loro stime, nel secondo caso il numero di morti per inondazioni, siccità, incendi, temperature eccessive e altri fenomeni atmosferici estremi tra il 2040 e il 2050 sarebbe inferiore del 60 per cento.

Terreni inariditi vicino a Eyrib, nella contea di Wajir, Kenya, 10 dicembre 2021. (Ed Ram, Getty Images)

Sembra che sia l’istruzione stessa a fare la differenza, e non semplicemente la ricchezza che spesso l’accompagna. Uno studio condotto da Raya Muttarak dell’Università di Bologna e da Anna Dimitrova del Centro Wittgenstein di Vienna analizza il rapporto tra inondazioni e ritardo della crescita infantile in India. Nei luoghi dove le piogge monsoniche hanno registrato una deviazione standard superiore alla media (un indicatore usato per mappare le inondazioni), i bambini avevano il 20 per cento di probabilità in più di soffrire di un ritardo della crescita, probabilmente perché le inondazioni distruggono i raccolti e diffondono le malattie, per esempio riversando i liquami nelle fonti di acqua potabile.

Poiché il ritardo della crescita colpisce anche il cervello, questi bambini andranno sicuramente peggio a scuola. Ma i ricercatori hanno scoperto che un bimbo con una madre istruita ha molte meno probabilità di sviluppare questo disturbo. In effetti, i bambini nati in famiglie povere ma da madri istruite hanno più o meno le stesse probabilità di sviluppare un ritardo della crescita a causa delle inondazioni che hanno i bambini nati in famiglie benestanti ma da madri non istruite.

Le ragioni di questo fenomeno sono molteplici. Le madri con un livello di istruzione più elevato in genere sono più esperte in materia di alimentazione. Sono più scrupolose per quanto riguarda l’igiene e più inclini a rivolgersi alla medicina ufficiale (rispetto a quella tradizionale, per lo più inutile). Essendo più brave nell’acquisire nuove informazioni, sono in grado di valutare maggiormente i rischi legati a eventi sconosciuti e di reagire in modo più consapevole ai cambiamenti improvvisi.

Piani di fuga
Anna Dimitrova ha ottenuto risultati analoghi studiando le famiglie che sono riuscite ad affrontare meglio la siccità in Etiopia. L’istruzione della madre è stata la chiave per prevenire il ritardo della crescita. Raya Muttarak ha anche scoperto che, in un villaggio della zona costiera della Thailandia, un aumento dell’1 per cento nel numero di donne con un’istruzione secondaria ha fatto aumentare dell’11 per cento le probabilità che le famiglie fossero pronte ad affrontare un disastro come uno tsunami. Queste donne erano più abili nel pensiero astratto: riuscivano a immaginare un evento che non avevano mai osservato, a elaborare un piano di fuga e a condividerlo con i loro amici.

In Nepal, quando Samir K.C. dell’Asian demographic research institute ha esaminato i decessi causati da inondazioni e frane, ha scoperto che l’istruzione era un fattore predittivo di sopravvivenza di gran lunga migliore, sia per le famiglie sia per il loro bestiame, rispetto alla ricchezza (dove come indicatore di ricchezza veniva considerato il fatto che le famiglie vivessero in una casa con una struttura permanente).

Purtroppo, le zone più a rischio per i cambiamenti climatici, come l’Africa e l’Asia meridionale, hanno spesso delle pessime scuole. E il covid-19 ha peggiorato la situazione, con la chiusura delle aule per 1,6 miliardi di bambini in tutto il mondo. Prima della pandemia, il 53 per cento dei bambini di dieci anni nei paesi a basso e medio reddito non sapeva leggere un testo semplice. Secondo la Banca mondiale, questa percentuale oggi potrebbe essere salita al 70 per cento.

Si tratterebbe di un’emergenza in qualsiasi circostanza, ma il riscaldamento globale la rende ancora più grave. “La formazione scolastica fornisce alle persone gli strumenti per adattarsi ai cambiamenti climatici. È uno dei motivi per cui è così importante che gli stati aiutino i bambini a recuperare tutto quello che hanno perso durante la pandemia”, afferma Muttarak.

È ora di mettersi a studiare
Secondo Wolfgang Lutz, molti fondi destinati a grandi progetti di ingegneria contro gli effetti del cambiamento climatico andranno sprecati a causa della sua imprevedibilità. Al contrario, migliorare l’istruzione nei paesi poveri, in particolare quella delle ragazze, aiuterà le società a reagire in quasi tutti gli scenari. Quindi, sostiene il ricercatore, potrebbe essere un modo più utile per spendere parte del denaro impiegato per le dighe (marittime e non).

I poveri tendono a essere molto conservatori. Spesso si attengono ai metodi di coltivazione usati dai loro antenati. Questa avversione al rischio è razionale. Provare qualcosa di nuovo può essere fatale per chi non ha dei risparmi o una rete sociale su cui fare affidamento. Un contabile che si riqualifica come avvocato può trovare noioso il nuovo lavoro, in un’agricoltura di sussistenza chi prova una nuova tecnica di semina che si rivela fallimentare può morire di fame.

L’istruzione, tuttavia, infonde nelle persone la fiducia per liberarsi dalle tradizioni, sviluppare la curiosità di cercare nuove informazioni e le capacità cognitive per elaborarle e agire di conseguenza. Prendiamo, per esempio, la famiglia Mulwa della contea di Kitui, nel Kenya orientale. Isaiah e suo figlio Philip, ormai adulto, coltivano mais in appezzamenti vicini. Il raccolto di Isaiah arriva appena al ginocchio, quello di Philip supera la testa del visitatore più alto. Isaiah, che ha ricevuto un’istruzione rudimentale, quest’anno prevede di ottenere la metà del raccolto abituale perché le piogge sono molto scarse. “Non c’è niente da fare”, dice, “aspettiamo la prossima pioggia. E preghiamo Dio che vada meglio”.

Philip, che ha studiato di più, è meno fatalista. Ha scavato un fosso di ritenzione per conservare l’acqua. Lui e sua moglie comprano fertilizzanti e semi resistenti alla siccità, invece di usare semplicemente quelli del raccolto dell’anno precedente. Analizzano il ph del terreno e aggiungono calce se è troppo acido. Piantano i semi prima dei loro vicini, così da beneficiare delle prime piogge. Hanno adottato tutte queste tecniche negli ultimi dieci o quindici anni, in parte in risposta ai cambiamenti climatici. I nuovi metodi funzionano bene, come dimostra il raccolto abbondante di Philip, che si è offerto di insegnarli a suo padre, ma lui “non è interessato” e non li usa.

Da dove cominciare?
Isaiah non è un caso isolato. Pochi abitanti del suo villaggio capiscono cosa sta accadendo al clima. “Non lo so”, dicono molti di loro. È una frase che si sente ripetere nelle famiglie non scolarizzate di tutti i paesi in via di sviluppo, quando chi teme qualsiasi cambiamento cerca di comprenderne uno gigantesco che gli è piombato addosso. A circa seimila chilometri di distanza dal Kenya, nelle pianure del Nepal, abbiamo riscontrato uno sconcerto simile.

A prima vista, la piccola città di Basantpur somiglia all’idillio bucolico raffigurato in molti film di Bollywood. Capre, galline e anatre si aggirano fuori dalle tozze case di mattoni. Il bestiame si ripara dal sole sotto a delle tettoie. Chilometri di risaie si estendono a perdita d’occhio.

Eppure è in corso uno stravolgimento. Harikala Kaphle, una donna di 78 anni che con il figlio e la nuora coltiva un appezzamento di terreno pari a circa un terzo di ettaro, calcola che negli ultimi cinque o sei anni i suoi raccolti si siano dimezzati. Le piogge sono meno prevedibili di un tempo. Non sa perché, né come intervenire. Non ha consultato esperti, non ha chiesto consigli, non ha ricevuto alcuna formazione. Ha costruito degli argini, ma sono stati spazzati via. “Che cosa posso fare? La pioggia è troppo forte. A volte rischia persino di tirar giù la mia casa”, dice. Per lei è difficile capire da dove cominciare. Non ha un’istruzione e non sa né leggere né scrivere. Suo figlio e sua nuora hanno frequentato la scuola elementare per un paio d’anni, ma anche loro hanno cominciato a lavorare nei campi da bambini. “Se avessi studiato fino alla quinta elementare”, dice, “avrei potuto fare molto di più”.

Le famiglie meno istruite hanno maggiori probabilità che le loro mucche muoiano di sete, e di non poter pagare le tasse scolastiche

Uno dei suoi vicini, Ashok Kumar Lamichhane, ha un approccio diverso. La sua azienda agricola è più piccola, solo un quinto di ettaro. Ma ha scelto colture più redditizie, come peperoni, cetrioli e peperoncini, e li vende con un buon profitto.

L’aumento delle temperature e gli eventi meteorologici imprevedibili hanno portato una moltitudine di problemi, dalle inondazioni alle frane, dalle erbe infestanti alle zanzare che diffondono la dengue, una febbre virale. Lamichhane, tuttavia, non è privo di risorse. Figlio di contadini, ha studiato fino alla decima classe e guarda tantissimi video su YouTube girati in India, Nepal e occidente che spiegano come coltivare meglio, come fermare le frane e così via.

“Non è esattamente la stessa situazione, quindi non posso copiare alla lettera quelle tecniche”, dice. “Ma posso adattarle alle mie esigenze”. Per far fronte alle frane che spazzavano via i suoi argini, per esempio, ha imparato a costruirne di più resistenti utilizzando arbusti e rami. Un altro problema sono le fonti d’acqua che si prosciugano: per risolverlo ha utilizzato l’irrigazione a goccia. Ora Lamichhane vuole variare la sua coltivazione introducendo i funghi, per poi rivenderli. “Una formazione in India mi sarebbe costata tra le 300mila e le 400mila rupie nepalesi (quasi tremila euro)”, racconta. “Invece ho imparato da solo, online”. Ha seguito almeno cento corsi di formazione agricola, dice con orgoglio.

Il più elementare tra i risultati raggiunti grazie alla scuola – l’alfabetizzazione – può fare la differenza nell’aiutare le persone ad adattarsi al cambiamento climatico, creando le basi per l’acquisizione di nuove competenze. Prendiamo il lavoro della Penang inshore fishermen welfare association (Pifwa), sulla costa occidentale della Malaysia. Nata come organizzazione contro la pesca di frodo delle imbarcazioni straniere, ben presto ha diversificato la propria attività cominciando a piantare alberi di mangrovia, e ha insegnato alla popolazione locale come farlo.

Gli ambientalisti amano le mangrovie: sono gli unici alberi che attecchiscono nell’acqua salata e le loro radici aggrovigliate creano un efficace pozzo di assorbimento dell’anidride carbonica (contribuendo a neutralizzarla). Ai pescatori piacciono perché nelle paludi di mangrovie si riproducono pesci di ogni tipo. La Pifwa ha aiutato a piantare 400mila alberelli di mangrovia, una vera manna in un momento in cui i costruttori stanno devastando questo ecosistema in Malaysia e altrove. Gran parte dei costi non è stata sostenuta dall’organizzazione, ma da altri gruppi locali ai quali la Pifwa ha tenuto corsi di formazione e con i quali ha collaborato.

Mangrovie accademiche
Alla fine di un sentiero sterrato che si snoda tra corsi d’acqua incrociati si trova il centro educativo della Pifwa, un edificio basso di colore blu. All’interno c’è un’aula con poster di uccelli, pesci e i pericoli che li minacciano. Un vocabolario mostra come scrivere “disboscamento”, “deforestazione” e “legname”. Da 25 anni il gruppo predica i benefici delle mangrovie nelle scuole e nelle fabbriche, ai politici locali e soprattutto alle donne del posto, che “sono state davvero convincenti quando ne hanno parlato ai loro mariti”, dice Ilias Shafie, presidente di Pifwa.

All’inizio è stato difficile, ma lo tsunami del 2004 ha fatto capire alla gente quanto siano necessarie le foreste di mangrovie per proteggere la costa. Inoltre, negli ultimi decenni l’istruzione è migliorata enormemente. Nel 1980, solo un quinto degli adulti in Malaysia aveva completato la scuola secondaria di primo grado. Ora più di tre quarti di loro lo hanno fatto. In altre parole, la grande maggioranza degli adulti in età lavorativa è alfabetizzata. E questo rende “molto più facile” insegnargli l’importanza della salvaguardia dell’ambiente e convincerli a prenderla sul serio, dice Shafie. Oggi in quell’area ci sono molte mangrovie, che riempiono le reti dei pescatori locali e proteggono i villaggi costieri da uragani e inondazioni.

L’istruzione può creare circoli virtuosi, l’ignoranza, invece, circoli viziosi. Per esempio, nel villaggio natale di Shadrack, nel Kenya settentrionale, i genitori pagano le rette scolastiche dei figli vendendo il latte. Le famiglie meno istruite hanno maggiori probabilità che le loro mucche muoiano di sete, e di non poter pagare le tasse scolastiche. Molti ritirano i figli da scuola. Alcuni lo fanno in via preventiva, per evitare di dover vendere l’ultima mucca. Così la generazione successiva è destinata al fallimento. Al contrario, gli agricoltori più istruiti tendono a mettere l’educazione dei propri figli prima di qualsiasi altra cosa o quasi.

Una storia che proviene dal Kenya orientale è ancora più impressionante. Nella contea di Makueni c’è una collina rocciosa che si erge sopra due villaggi. Negli ultimi anni la pioggia è sempre stata scarsa. Ma quando arriva, si presenta con diluvi imprevedibili, spazza via il terreno, scava voragini e scompare poi verso il mare. L’amministrazione locale ha costruito una semplice barriera di cemento sulla collina per catturare queste piogge e incanalarle verso i villaggi sottostanti che avevano un disperato bisogno d’acqua.

Nel villaggio di Masue, gli abitanti hanno accolto con favore questa innovazione. All’improvviso la loro scuola aveva l’acqua corrente. Si trattava di una doppia benedizione. Non solo gli abitanti del villaggio potevano recuperare dell’acqua pulita semplicemente facendo la fila per averla. Ma anche le ragazze, che di solito camminavano per chilometri per andare a prenderla, potevano andare a scuola e tornare a casa con l’acqua di cui avevano bisogno. Le iscrizioni sono raddoppiate. La prossima generazione di Mafue sarà più istruita di quella attuale.

Al contrario gli abitanti di Kasuvi, il villaggio sull’altro lato della collina, erano meno entusiasti. Molti di loro credevano in un vecchio mito secondo il quale se manometti una fonte d’acqua naturale, quella si prosciuga per sempre. Erano così allarmati dal nuovo tubo di plastica sul loro lato della collina che lo hanno distrutto con i panga (una specie di machete), racconta Douglas Mutua, un insegnante locale. Molti abitanti del villaggio sono “analfabeti”, sospira, e per queste persone “è difficile cambiare il modo di pensare”.

(Traduzione di Davide Musso)

Quest’articolo è stato pubblicato sul settimanale britannico The Economist

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