17 gennaio 2023 14:55

The New York Times, Stati Uniti
“Ovviamente la mafia non è sconfitta. Sarebbe un grosso errore pensare che la partita sia finita”. Così il New York Times riporta le parole del procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia. “Gli esperti, e anche le autorità come De Lucia, che hanno definito l’arresto ‘un contributo importante’, sono cauti sull’impatto finale dell’arresto nei confronti di cosa nostra siciliana o delle altre organizzazioni criminali italiane, ancora potenti e in espansione”. Pur con tutte queste cautele, la stampa internazionale ha colto la storicità dell’arresto del boss di cosa nostra Matteo Messina Denaro, il 16 gennaio. Anche perché, come scrive il corrispondente da Roma James Horowitz, anche per gli standard della mafia “i suoi crimini facevano gelare il sangue”.

El País, Spagna
“È una figura leggendaria, la cui cattura significa per l’Italia e la Sicilia la fine di un fardello di trent’anni di paura e orrore. Con la certezza che un’epoca sta finalmente per finire. La più sanguinosa nella storia di cosa nostra. L’ultimo grande capo dei corleonesi è caduto”, scrive El País. “Messina Denaro era l’ultimo rimasto di questo gruppo criminale, quello che ancora teneva viva la fiamma di questa terrificante leggenda. E anche un teorico potere di ricatto per gli inconfessabili segreti dello stato che custodiva. È l’inizio di una nuova fase, che impegnerà i magistrati e la stampa italiana per gli anni a venire, in cui molte domande dovranno trovare risposta. Probabilmente per ingigantire i misteri della storia recente dell’Italia, piuttosto che risolverli. Qualcuno lo ha protetto in questi anni? Come ha fatto a sfuggire sempre all’ultimo momento a numerose operazioni? Cosa sa dei rapporti tra i vertici dello stato e i corleonesi? Hanno negoziato e raggiunto accordi?”.

Le Monde, Francia
“‘Questo arresto segna la fine di un lungo periodo in cui lo stato di diritto è stato tenuto sotto scacco’”, afferma l’ex procuratrice aggiunta di Palermo Teresa Principato, che ha guidato la caccia a Matteo Messina Denaro per otto anni, intervistata da Le Monde. “‘La lunga latitanza non è dovuta alla scarsa capacità della polizia e degli investigatori. Era il risultato di un sistema di sostegno di cui Messina Denaro ha potuto beneficiare a tutti i livelli, politico, economico, istituzionale’, accusa la magistrata, che però non crede che il suo arresto porterà a rivelazioni sconvolgenti. ‘Dovrebbe avere qualcosa da negoziare per collaborare con lo stato. Ma è molto malato, addirittura in fin di vita, e ha poco da guadagnare’, ha detto. Le dure condizioni di detenzione, usate come strumento di pressione sui leader mafiosi, dovrebbero in teoria essere applicate a Matteo Messina Denaro. Ma il suo stato di salute potrebbe permettergli di evitarle. Spetta ora ai tribunali individuare il sistema di collusione che gli ha permesso di rimanere libero per trent’anni. Un sistema ancora in vigore”.

La Vanguardia, Spagna
E ora? si chiede il quotidiano catalano. “Per il momento, il detenuto è in una cella in una località segreta, dove rimarrà durante la prima fase delle indagini. Secondo i mezzi d’informazione italiani, è atterrato la sera del 16 gennaio con un volo militare all’aeroporto di Pescara, nel centro Italia, ed è molto probabile che sia stato rinchiuso in un carcere di massima sicurezza all’Aquila in regime di 41 bis dedicato ai mafiosi, dove non potrà avere alcun contatto con il mondo esterno”.

Vice, Stati Uniti
“Quando i carabinieri hanno condotto Messina Denaro fuori della clinica, le strade si sono riempite di applausi”, nota la rivista Vice. “‘Questo applauso dimostra che non tutti a Palermo sostengono la mafia, anzi’, sottolinea Federico Varese, docente di criminologia alla Oxford university. ‘È stato condannato per crimini molto efferati, molto violenti, quindi è un grande successo per lo stato italiano che sia finalmente in carcere. Era l’unico grande boss della mafia siciliana ancora libero’. Varese spiega che negli ultimi tre decenni la mafia siciliana ha subìto un ‘significativo declino’ sulla scena mondiale, perché è stata scalzata dal lucroso traffico internazionale di droga dalla mafia calabrese. Ma non è scomparsa. ‘cosa nostra è ancora radicata nella Sicilia occidentale, dove non tutti applaudono. Non è solo un’organizzazione criminale, è un’organizzazione che esiste per ragioni politiche, sociali ed economiche profondamente radicate. Sono queste a dover essere affrontate per liberarsi per sempre della mafia’”.

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