03 novembre 2022 15:10

Tra cinque giorni, l’8 novembre, negli Stati Uniti si terranno le elezioni di metà mandato per rinnovare tutta la camera dei rappresentanti e un terzo del senato. Le previsioni dei mezzi d’informazione sono piuttosto negative per l’amministrazione Biden e per il Partito democratico, che al momento può contare sulla maggioranza sia alla camera sia al senato. Generalmente le prime elezioni di metà mandato dopo le presidenziali penalizzano il partito del presidente. Fino a qualche settimana fa sembrava che i candidati democratici potessero andare un po’ meglio del previsto, soprattutto per via della sentenza della corte suprema che ha cancellato il diritto costituzionale all’aborto, che potrebbe mobilitare l’elettorato progressista e infastidire una parte dei moderati.

Ma ora questo effetto sembra svanito. La grande maggioranza degli statunitensi è preoccupata soprattutto dall’inflazione e da una potenziale recessione, ed è convinta che l’amministrazione Biden non stia affrontando la situazione in modo adeguato. Secondo il sito di previsioni FiveThirtyEight, i repubblicani prenderanno quasi sicuramente il controllo della camera e hanno circa il 50 per cento di possibilità di ottenere la maggioranza al senato. Quindi anche lo scenario migliore per i democratici (mantenere il controllo del senato) lascerebbe Biden con un raggio d’azione limitato nei prossimi anni.

I commentatori cominciano a chiedersi se un cambio di maggioranza al congresso potrebbe condizionare la politica statunitense riguardo alla guerra in Ucraina. Vari segnali puntano in questa direzione.

Richiesta di negoziato
Con l’avvicinarsi delle elezioni e il peggioramento della situazione economica, la fazione più isolazionista in politica estera del Partito repubblicano ha cominciato a farsi sentire, spesso fomentata dall’ex presidente Donald Trump e dai commentatori di destra come Tucker Carlson di Fox News. I vertici repubblicani, in particolare il leader del partito al senato Mitch McConnell, restano favorevoli agli aiuti all’Ucraina (finora il congresso ha stanziato 54 miliardi di dollari), ma la loro posizione tenderà a indebolirsi con il passare del tempo, soprattutto se i candidati repubblicani trumpiani andranno bene alle elezioni.

Alla metà di ottobre Kevin McCarthy, repubblicano della California che sarà molto probabilmente il prossimo speaker della camera, ha detto che nel 2023 “gli statunitensi dovranno affrontare una recessione e non scriveranno un assegno in bianco all’Ucraina”. Negli stessi giorni sono arrivati segnali simili dai democratici. Il 24 ottobre è stata resa pubblica una lettera in cui trenta deputati del partito chiedono a Biden di modificare la sua strategia sulla guerra in Ucraina. I parlamentari, che fanno parte dell’ala progressista del partito, affermano che il sostegno economico e militare a Kiev dovrebbe andare di pari passo con dei negoziati diplomatici con Mosca per arrivare a un cessate il fuoco.

Sia McCarthy sia i parlamentari democratici hanno ritirato le loro dichiarazioni, ma resta il fatto che le posizioni dell’opinione pubblica sull’Ucraina stanno cambiando, soprattutto tra i repubblicani: un sondaggio del Pew research center ha rivelato che per il 32 per cento di loro gli Stati Uniti stanno fornendo “troppi” aiuti, rispetto al 9 per cento di marzo.

Non sorprende che il presidente russo Vladimir Putin stia cercando di sfruttare le divisioni politiche negli Stati Uniti. Durante un discorso del 27 ottobre si è rivolto direttamente ai conservatori dei paesi occidentali, facendo leva sui temi cari ai loro politici ed elettori di destra: “Ci sono almeno due occidenti”, ha detto Putin. “Uno è quello dei valori tradizionali, principalmente cristiani, a cui i russi si sentono vicini. Ma c’è un altro occidente – aggressivo, cosmopolita, neocoloniale – che agisce come arma dell’élite neoliberale e che cerca di imporre i suoi valori piuttosto strani al resto del mondo”.

Questo articolo è tratto dalla newsletter di Internazionale Americana, che racconta cosa succede negli Stati Uniti. Ci si iscrive qui.

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