Dopo un anno di processo, l’attivista curdoiraniana Maysoon Majidi, 28 anni, è stata assolta dal tribunale di Crotone il 5 febbraio dall’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, perché il fatto non sussiste. Era stata accusata di essere l’aiutante del capitano che conduceva un’imbarcazione con 77 persone a bordo, approdata sulle coste calabresi il 31 dicembre del 2023.
“Per favore non giudicate quelli che scappano dal loro paese per cercare una vita migliore, soprattutto quelli che scappano dai regimi e dalle persecuzioni, perché questo significa aiutare quei regimi e quei dittatori”, ha commentato Majidi, dopo la lettura del verdetto, rivolgendo un pensiero a tutti gli stranieri che sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e ancora detenuti in carcere in Italia.
Il giorno dopo il suo arrivo a bordo, dopo un viaggio partito dalla Turchia e finito sulle coste calabresi, Majidi è stata arrestata, sulla base di due testimonianze poi smentite. Secondo l’accusa, Majidi aveva aiutato il capitano, il turco Ufuk Akturk, che tuttavia ha negato il coinvolgimento della donna. La testimonianza di Akturk è stata fondamentale nella sentenza di assoluzione. Dopo dieci mesi di carcere, l’attivista era stata rimessa in libertà il 22 ottobre 2024 ed è rimasta in attesa della sentenza arrivata il 5 febbraio.
Nata nel 1996 nel Kurdistan iraniano, Majidi ha studiato teatro e sociologia. Nel suo paese ha denunciato l’attacco ai diritti e alle libertà femminili da parte del regime in diversi articoli scritti con uno pseudonimo, girando un cortometraggio e mostrando la condizione dei curdi che rischiano la vita trasportando merci sulle montagne che separano l’Iran dall’Iraq per mancanza di altre prospettive economiche.
Amnesty International, A buon diritto e numerose altre associazioni hanno sostenuto l’attivista durante il processo. Domenico Lucano, sindaco di Riace, le ha conferito cittadinanza onoraria del suo comune.
“Questa vicenda ha evidenziato ancora una volta le gravi lacune di un assetto normativo che mira a criminalizzare le persone migranti e le azioni di solidarietà, piuttosto che perseguire i veri trafficanti di esseri umani”, ha commentato la portavoce di Amnesty international Serena Chiodo.
“La vicenda di Maysoon Majidi, infatti, rientra in una più ampia problematica. L’attuale legislazione italiana sul favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, all’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione, identifica nel profitto un’aggravante, ma non un elemento costitutivo del reato, di fatto non distinguendo chiaramente tra i trafficanti che operano per profitto, e coloro che portano avanti azioni di sostegno oppure che agiscono per tutelare la vita di compagni di viaggio o la propria, portando così alla criminalizzazione anche di chi agisce per mera solidarietà umana o per autodeterminarsi e provare a salvarsi”, ha proseguito Chiodo.
Da quando è stata arrestata Majidi, oltre cento persone migranti hanno subìto la stessa sorte, accusate di essere degli scafisti e di aver commesso il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Attualmente, circa mille persone sono ancora in carcere con questa imputazione, ma nella maggior parte dei casi si tratta di condanne molto pesanti, nei confronti di persone a loro volta migranti e richiedenti asilo. Akturk Ufuk, per esempio, è stato condannato a otto anni e quattro mesi di detenzione, per aver fatto arrivare una barca di profughi sani e salvi sulla costa calabrese, tra cui la stessa Maysoon Majidi.
“La scarcerazione di Maysoon Majidi è una buona notizia, ma non basta a nascondere l’ingiustizia subita. La criminalizzazione dei cosiddetti ‘scafisti’ è il pretesto con cui si puniscono persone che spesso sono esse stesse migranti, mentre i veri responsabili per i naufragi e la violenza delle frontiere restano impuniti, su ogni sponda del mare”, ha affermato l’Arci Porco Rosso in un comunicato. L’associazione ogni anno pubblica un rapporto sulla condizione dei cosiddetti scafisti e sulla loro criminalizzazione.
Inoltre, l’organizzazione critica anche l’introduzione del nuovo reato, l’articolo 12 bis, voluto dopo il naufragio del febbraio 2022 a Steccato di Cutro dal governo guidato da Giorgia Meloni. “Il nuovo reato di Meloni per punire i cosiddetti scafisti è un flop in aula”, hanno scritto gli attivisti in un comunicato. La scorsa settimana a Locri, cinque imputati che erano stati accusati di questo reato sono stati assolti. “Il tentativo di applicare il nuovo reato, che prevedeva una pena minima di 15 anni di prigione, è stato respinto dal tribunale”, spiegano gli attivisti.
Lo scorso giugno un altro tentativo di applicare la nuova legge si era rivelato fallimentare: due giovani della Sierra Leone rischiavano condanne fino a trent’anni, ma uno è stato assolto e rilasciato, mentre l’altro ha ricevuto una condanna a quattro anni per l’articolo 12 una formulazione che criminalizza le persone in movimento dal 1998. Altre due persone , poi, sono ancora accusate del nuovo reato, tra cui Ahmed, un adolescente egiziano.
La barca su cui viaggiava è stata soccorsa dalla nave umanitaria dell’organizzazione ResQ. “Invece di accertare le responsabilità istituzionali e politiche dell’ennesimo naufragio, l’Italia ha arrestato Ahmed e un’altra persona migrante, usandoli come capri espiatori”, è scritto nel comunicato. Il ragazzo è stato rilasciato dal carcere e accolto in una comunità per adolescenti, mentre si aspetta che cominci il dibattimento che lo riguarda.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it