07 settembre 2020 11:08

David Graeber era un antropologo statunitense. Insegnava alla London school of economics ed è stato tra i promotori del movimento Occupy Wall street. È morto a Venezia il 2 settembre 2020, a 59 anni. Questo articolo è stato pubblicato il 4 dicembre 2015 sul numero 1131 di Internazionale.

La vita pubblica britannica è sempre stata piena di tabù, e questo è vero soprattutto in economia. Nel Regno Unito, ormai, si può discutere liberamente di sesso, ma non appena si parla di politica di bilancio ci sono molte cose che tutti sanno, e che sono scritte perfino sui libri, ma di cui nessuno osa parlare in pubblico. È un problema reale. Per colpa di questi tabù, infatti, è impossibile analizzare i veri motivi del crollo del 2008, e quindi è praticamente certo che la crisi si ripeterà.

Vorrei affrontare il più grande di questi tabù. Chiamiamolo il “principio di Tizio-Caio”: meno il governo è indebitato, più sono indebitati tutti gli altri. L’ho chiamato così perché si basa su un calcolo aritmetico molto semplice. Diciamo che su un tavolo da poker ci sono 40 fiches. Tizio ne prende una metà e Caio l’altra. Se Tizio ne prende dieci di più, Caio ne ha dieci di meno. Ora guardate il grafico 1: mostra il saldo di bilancio del settore pubblico e dei privati nell’economia britannica.

Avete notato la simmetria? La parte in alto è lo specchio di quella in basso. È quella che si definisce “un’identità contabile”: se un valore sale, l’altro necessariamente scende. Quindi se il governo dice che “dobbiamo essere responsabili e onorare il debito pubblico” e registra un surplus di bilancio, significa che il settore pubblico riscuote più tasse rispetto all’ammontare delle sue spese. Da qualche parte i soldi devono arrivare. Quindi, se lo stato è in surplus, il settore privato va in deficit. Se lo stato riduce il debito, gli altri devono indebitarsi nella stessa proporzione. Le fiches vengono ridistribuite. È semplice aritmetica.

Ovviamente il “settore privato” comprende di tutto, dalle famiglie ai piccoli negozi fino alle multinazionali. Se il debito privato complessivo sale, non tutti sono colpiti allo stesso modo. C’entra poco la disciplina di bilancio, è soprattutto una questione di potere. I ricchi trovano sempre mille scappatoie. Quindi se il debito pubblico si trasferisce al settore privato si scarica invariabilmente sulle spalle di chi fa più fatica a pagarlo, sotto forma di mutui o piccoli prestiti a breve termine. Chi è al governo lo sa bene. Ma sa anche che se continua a ripetere “stiamo cercando di essere responsabili. Le famiglie devono stare attente ai conti, e quindi anche noi”, la gente penserà che se lo stato avrà un surplus di bilancio in qualche modo aiuterà anche noi a fare lo stesso. Invece è esattamente il contrario: se il governo tiene i conti a posto, noi non possiamo tenere a posto i nostri.

A questo punto qualcuno obietterà: ma perché ci deve essere per forza qualcuno che s’indebita? Stato, famiglie, aziende: lasciamo che tutti vivano secondo le loro possibilità, così nessuno deve niente a nessuno. Anche per questo c’è una risposta: senza debiti non ci sarebbe più il denaro. Questa è un’altra cosa che tutti sanno, ma di cui nessuno vuole parlare. La moneta è debito. Le banconote sono promesse di pagamento circolanti (sulle banconote in sterline c’è scritto: “Prometto di pagare su richiesta al portatore”). Le sterline sono debito pubblico circolante, oppure le creano le banche quando emettono un prestito. Ecco da dove viene il denaro.

Ovviamente, se nessuno chiedesse prestiti non ci sarebbe il denaro e l’economia crollerebbe. Quindi ci dev’essere per forza un debito. E questo debito va pagato a qualcuno. Chiameremo questo qualcuno “i ricchi”, visto che in molti casi sono loro. Se lo stato crea molto debito, significa che i ricchi hanno in mano molti titoli di stato, che pagano interessi abbastanza bassi. E il governo ci tassa per ripagarli. Se lo stato ripaga il suo debito, di fatto sta trasferendo direttamente quel debito sulle nostre spalle, sotto forma di mutui, carte di credito, prestiti a breve termine. Naturalmente i soldi vanno restituiti agli stessi ricchi.

Ma se si scarica tutto il debito sulle spalle di chi fatica a sostenerlo, il giocattolo alla fine si rompe. Il grafico 2 mostra che negli ultimi anni per tre volte lo stato britannico è andato in avanzo di bilancio: come si può vedere, dopo un certo numero di anni a ogni surplus è seguita una recessione uguale e contraria.

È molto probabile che tra poco succederà di nuovo. In questo momento la politica dei conservatori britannici consiste nel creare una bolla immobiliare. L’inflazione dei prezzi delle case innesca un boom edilizio che crea l’illusione di una crescita dell’economia. Ma l’unico modo per finanziarlo è caricare i proprietari di casa di debiti ipotecari. Il grafico 3 mostra le previsioni dell’Office for budget responsibility (Obr, un ente pubblico che fornisce analisi sulle finanze pubbliche del Regno Unito) sui prezzi delle case nei prossimi cinque anni: è il caso di dire che “schizzano alle stelle”.

Nel grafico 4, invece, ci sono le previsioni dell’Obr sul debito delle famiglie: siamo ritornati al punto in cui eravamo poco prima della crisi dei mutui del 2008.

Pensate davvero che i risultati saranno diversi? Ma qualcosa di simile deve succedere per forza quando il governo va in surplus. Tutti continuano a caricare il debito sulle spalle dei più deboli, finché tutto crollerà come un castello di carte. Come nel 2008.

(Traduzione di Fabrizio Saulini)

Questo articolo è stato pubblicato il 4 dicembre 2015 sul numero 1131 di Internazionale. Era uscito sul Guardian.

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