13 maggio 2016 14:45

Sembra assurdo che un ex distributore di poke oggi abbia un ruolo così importante nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti. Dodici anni dopo la nascita di Facebook, il 63 per cento degli utenti lo considera una fonte d’informazione, secondo i risultati di uno studio del Pew research center. Quasi un quarto dei suoi utenti millenial, nati tra il 1980 e il 2000, afferma che circa la metà dei post che vede su Facebook parlano di politica.

Sono dati interessanti per un’analisi della campagna elettorale. Ma dopo un articolo pubblicato su Gizmodo in cui si racconta che Facebook spesso ha nascosto le notizie sui conservatori nella sezione trending topics (gli argomenti di tendenza), è ancora più evidente il potere del social network, che ha 1,65 miliardi di utenti attivi ogni mese.

Le insinuazioni di Gizmodo possono essere scioccanti, ma rafforzano la sfiducia di lunga data degli utenti nei confronti di Facebook, nonostante il suo ruolo sempre più importante nel mondo delle notizie.

Secondo uno studio del 2015, negli Stati Uniti quasi la metà di chi lo usa e ha meno di 35 anni lo considera uno strumento importante per tenersi informati.

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In un altro studio, il 61 per cento dei millenial ha riferito di leggere notizie di politica su Facebook ogni settimana, una percentuale più alta di qualunque altro mezzo d’informazione. Il Pew research center ha anche analizzato i livelli di fiducia nei confronti di diverse fonti d’informazione. Buzzfeed non ottiene molta fiducia, mentre Google News – che ha lo stesso potere di Facebook nel dare visibilità ai contenuti – riceve più fiducia che sfiducia tra millenial, generazione X (nati tra il 1964 e il 1980) e baby boomer (nati tra il 1945 e il 1964).

Yahoo News è percepita come neutra. Facebook invece non era inclusa nel questionario.

I conservatori in agitazione

Facebook non è mai riuscita a suscitare grande fiducia. Secondo uno studio pubblicato a gennaio dalla società di consulenza Prophet, il social network è al duecentesimo posto su 400 nella classifica delle “aziende di cui mi fido”. Allo stesso modo, solo il 17,1 per cento degli intervistati dall’azienda MyLife nel 2014 ha dichiarato di fidarsi delle modalità con cui Facebook gestisce i dati personali (persino il governo federale ha ottenuto di più, il 23,2 per cento).

Il 10 maggio Tom Stocky, capo della squadra che si occupa dei trending topics di Facebook, ha smentito le accuse di manipolazione, ma la notizia ha già messo in agitazione gli ambienti conservatori, oltre che il governo degli Stati Uniti. Una lettera inviata questa settimana a Facebook da parte del comitato sul commercio del senato ha chiesto alla società di spiegare come gestisce i contenuti, e riferendosi al contenuto delle accuse di Gizmodo ha parlato di comportamenti “incompatibili con i valori di internet”.

È giusto che Facebook rispetti gli stessi standard delle altra aziende, compreso il massimo della trasparenza che la “formula segreta” del suo algoritmo le permette. Ma ci vuole anche una certa incoerenza di pensiero nel riporre aspettative d’integrità giornalistica in un sito di cui buona parte delle persone non si fida. Le implicazioni di una gestione dei contenuti sempre più attiva da parte di Facebook sono enormi, e vale la pena tenere d’occhio la questione. Ma non ha senso scandalizzarsi ogni volta che scopriamo che Facebook non è esattamente un’autorità magnanima.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito su Quartz.

This article was originally published in Quartz. Click here to view the original. © 2016. All rights reserved. Distributed by Tribune Content Agency.

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