23 ottobre 2020 15:54

Questo articolo è uscito sul numero 1305 di Internazionale.

Heather Woock ha ricevuto il primo messaggio su Facebook, mentre stava preparando la valigia per andare in vacanza, nell’agosto del 2017. A scriverle era uno sconosciuto che sosteneva di essere un suo fratellastro. Lei ha pensato che si trattasse di una truffa. I suoi genitori non le avevano mai detto che poteva avere dei fratelli. Ma nel messaggio c’era un dettaglio che l’aveva spaventata: il mittente accennava a un medico, Donald Cline. Woock conosceva quel nome. Prima che lei nascesse, la madre era andata da Cline per sottoporsi a un trattamento di fecondazione assistita. Woock ha pensato che forse qualcuno aveva avuto accesso alla cartella clinica di sua madre.

L’ha contattata per chiederle chiarimenti, ma la madre le ha detto di non preoccuparsi. Così Woock, che ha 33 anni e vive vicino a Indianapolis, ha preso un aereo ed è andata in vacanza sulla costa occidentale degli Stati Uniti. Ha ricevuto altri messaggi da altri presunti fratellastri. La cosa insomma cominciava a diventare strana. Ma poi il suo telefono si è rotto e lei è rimasta felicemente disconnessa nei dieci giorni successivi.

È stato solo quando è tornata a casa e ha comprato un telefono nuovo che ha visto la pioggia di messaggi da tanti altri fratellastri. Woock ha capito che avevano trovato il suo contatto su Facebook dopo aver cercato il nome utente collegato al suo account su ancestry.com, un sito che permette di fare dei test per ricostruire la propria storia genetica. Aveva sempre voluto approfondire la sua genealogia, così un Natale il marito le aveva regalato un test del dna. I risultati erano stati esattamente quelli che si aspettava – scozzese con qualcosa di inglese, irlandese e scandinavo – e non si era mai preoccupata di cliccare sul link che le avrebbe rivelato se aveva geni in comune con altre persone che avevano fatto il test sul sito.

A quanto pare aveva davvero dei parenti su ancestry.com, e non si trattava solo di cugini alla lontana. Le persone che le mandavano dei messaggi sostenevano di essere i figli segreti di Cline. Dicevano che anche i loro genitori erano stati in cura da lui. Secondo loro molti anni prima Cline aveva usato il suo seme per fecondare le donne che andavano da lui per sottoporsi all’inseminazione assistita, senza mai dirlo a nessuno.

Stando al test del dna anche Woock era una dei suoi figli.

Oltre a mettersi in contatto con lei, i fratellastri di Woock hanno scritto a decine di altre persone. Cline ha avuto dalle sue pazienti almeno cinquanta figli, confermati dai test del dna di 23andMe e Ancestry (alcuni hanno dei gemelli o altri fratelli che probabilmente condividono lo stesso padre biologico ma non si sono sottoposti al test). Queste persone si tengono in contatto attraverso un gruppo su Facebook. I nuovi fratelli arrivano a ondate con un tempismo perverso: subito dopo Natale, la festa della mamma o del papà, quando i test del dna vengono regalati con le migliori intenzioni del mondo.

Come Woock, molte delle persone coinvolte hanno scoperto di essere state concepite grazie a un donatore attraverso un test del dna. E anche loro all’inizio hanno pensato di essere vittime di una truffa. Ma poi hanno trovato delle prove che confermavano tutto.

I figli segreti di Cline che scoprono la verità in un certo senso sono fortunati, perché almeno hanno avuto chiarezza. A differenza di quelli che sono venuti prima, non hanno dovuto districarsi tra mezze verità, menzogne e confusione. Non hanno dovuto sedersi di fronte a Cline e ascoltarlo mentre citava versetti della Bibbia. Non sono stati accusati di diffamazione.

Un cognome familiare
Jacoba Ballard è stata una delle prime a mettere insieme i pezzi, e c’è voluto molto tempo. Ha saputo di essere stata concepita grazie a un donatore quando aveva dieci anni, e nel 2014, a 33 anni, ha cominciato a cercare dei fratellastri nati dallo stesso donatore. “Credevo di trovarne uno, due al massimo”, racconta. Ripensandoci, la prima volta era stato fin troppo facile: si era iscritta a un forum online per persone adottate o concepite con la fecondazione assistita e aveva conosciuto subito un’altra donna la cui madre era stata in terapia da Cline. Aveva cercato la donna su Face­book e aveva guardato le sue foto. “Ho pensato ‘dio mio!’, questa deve essere mia sorella”, racconta Ballard. Quella donna ne conosceva un’altra la cui madre era stata a sua volta paziente di Cline e che aveva anche una sorella. Hanno deciso di fare tutte il test di 23andMe. L’analisi del dna ha confermato che erano sorelle, e ha mostrato anche altre quattro corrispondenze, portando a otto il numero di fratellastri e sorellastre.

Grazie ai test del dna, Ballard cominciava a scoprire la sua storia, che era molto diversa da quella che Cline aveva raccontato ai suoi genitori. Il dottore aveva detto che i donatori erano medici tirocinanti, e che il seme di ognuno di loro era stato usato solo per tre fecondazioni riuscite. Ma i test di 23andMe dimostravano che il dottore aveva usato lo stesso donatore almeno otto volte, e che gli anni di nascita dei bambini concepiti con il suo seme andavano dal 1979 al 1986. Quale tirocinante poteva essere rimasto in ospedale per sette anni?

La risposta, hanno concluso Ballard e i suoi fratellastri e sorellastre, era nel loro dna. Nel database di 23andMe nessuno condivideva abbastanza geni per poter essere il loro padre, però hanno trovato decine di corrispondenze genetiche più lontane. Setacciando documenti pubblici e profili sui social network e a volte semplicemente chiedendo corrispondenze genetiche sui loro familiari, sono riusciti a costruire un gigantesco albero genealogico che, speravano, li avrebbe finalmente portati fino al padre. Migliaia di persone adottate o concepite grazie a un donatore ricorrono a questo metodo per rintracciare i loro genitori biologici, e gli esperti di genealogia forense lo usano per indagare sui casi irrisolti.

Da sinistra, Heather Woock e Jacoba Ballard. (Alyssa Schukar, The Atlantic)

Nelle loro ricerche Ballard e i fratellastri continuavano a imbattersi in un cognome sospettosamente familiare: Cline. Alla fine una donna che condivideva parte del loro dna ha detto di avere un cugino, Donald Cline, che faceva il medico a Indianapolis.

Ma perfino a quel punto, racconta Ballard, non erano sicuri che Cline fosse il loro padre. Forse aveva un fratello o un altro parente maschio che era stato donatore. Quattro degli otto fratelli hanno deciso di presentare una denuncia al procuratore di Indianapolis, dicendo di sospettare che Cline avesse usato il proprio seme con le pazienti e chiedendo che venisse aperta un’indagine. Ballard ha contattato una giornalista di un’emittente televisiva locale, Fox59, che ha mandato in onda un breve servizio sul numero insolitamente alto di bambini nati da un unico donatore, ma senza fare il nome di Cline.

Per mesi non è successo niente di importante. Poi una delle sorellastre di Ballard ha fatto un tentativo: ha rintracciato su Facebook i figli di Cline, quelli avuti dalla moglie, e i suoi nipoti adulti, e gli ha mandato un messaggio di gruppo. Una nipote le ha risposto dicendo di non sapere niente e di non poter essere d’aiuto. Ma anche il figlio di Cline le ha scritto. Aveva guardato le foto della sorellastra di Ballard su Facebook e aveva riconosciuto un prete (anche lui era cattolico, diceva). Si è offerto di aiutarla a organizzare un incontro tra suo padre e sei dei fratellastri.

Donald Cline, che ormai era vicino agli ottanta, è entrato nel ristorante appoggiandosi a un bastone.

Ballard ricorda quella prima riunione familiare come stranamente pragmatica e concreta. Cline ha ammesso di aver usato il suo sperma, ma ha detto che le cartelle cliniche erano state distrutte anni prima. Ha chiesto informazioni sulla vita di ognuno di loro e ha letto dei versetti della Bibbia da un taccuino. Per Ballard era un tentativo maldestro di consolarla, e gli ha risposto in tono brusco: “Non cerchi di usare la mia religione”.

Quello era il suo padre biologico, ma non trasmetteva affetto paterno. Ballard si domandava cosa significasse aver ereditato il dna di un uomo capace di mentire ai suoi pazienti e approfittare della sua posizione. Ciò che lo aveva spinto ad agire, qualunque cosa fosse, trovava posto anche dentro di lei? Sapeva che non era un’idea del tutto razionale, ma non riusciva a togliersi di dosso la sensazione che in lei si fosse annidato un impulso oscuro.

Cos’aveva spinto Cline a fare quello che aveva fatto? I fratellastri non smettevano di chiederselo. Era un fatto religioso? Sessuale?. “Forse l’esigenza di dare vita a una razza superiore?”, ipotizzava uno.

“Per lui siamo solo un esperimento scientifico”, suggeriva un altro.

“Magari voleva prendere il controllo dell’Indiana”.

“Doveva mandare avanti la sua attività”.

“Onestamente non lo so. Non ne ho idea”.

“Complesso di onnipotenza”.

“Forse pensava davvero di aiutare la gente. Forse ha un disturbo delirante”.

Segretezza assoluta
Quando Donald Cline aprì la sua clinica, nel 1979, le terapie per l’infertilità erano un settore ancora relativamente nuovo. Non esistevano grandi banche del seme né cataloghi di donatori da scegliere in base al colore degli occhi o agli hobby preferiti.

Di solito erano gli stessi medici a trovare i donatori, spesso tra gli specializzandi, che avevano il vantaggio di essere a portata di mano e avevano la fama di essere giovani di successo (all’epoca gli studenti di medicina erano quasi tutti maschi).

La donazione di sperma è sempre stata avvolta dalla segretezza. Nel 1884 il medico William Pancoast non riusciva ad aiutare un ricco paziente di Filadelfia che lottava contro l’infertilità. Non era il tipo che si arrendeva, così tentò qualcosa di nuovo. Dopo aver anestetizzato con il cloroformio la moglie dell’uomo, le iniettò il liquido seminale del suo studente di medicina più attraente. È il primo caso documentato d’inseminazione da donatore riuscita. Pancoast disse la verità all’uomo solo dopo, e lui accettò di non dirlo mai alla moglie. Il fine giustificava i mezzi. Il bambino in ottima salute giustificava la menzogna.

Negli anni settanta del novecento erano già centinaia i medici statunitensi che praticavano l’inseminazione da donatore, ma la segretezza era ancora la norma. I medici consigliavano ai genitori di non dire niente ai figli. Secondo un’indagine del 1977, più della metà dei medici non conservavano neanche le cartelle, in modo da non lasciare documenti che potessero collegare donatore e bambino. La segretezza era dovuta in parte al problema di chi sarebbe stato secondo la legge il padre di un bambino concepito da donatore, perché la questione all’epoca non era stata ancora affrontata dai legislatori. Ma derivava anche dalla paura di un possibile danno psicologico. “Il bambino poteva sentirsi rifiutato, il marito sterile poteva sentirsi umiliato e la moglie poteva essere accusata di adulterio”, racconta Kara Swanson, docente alla Northeastern university school of law di Boston, nel libro Banking on the body .

Liz White. (Alyssa Schukar, The Atlantic)

Quando Liz White entrò nello studio di Cline con il marito, nel 1981, si sentiva schiacciata da questo peso. Non aveva parlato quasi con nessuno dei loro problemi di infertilità. Fu solo 35 anni dopo – quando Cline finì sui giornali – che lei e la sua migliore amica si resero conto di essere entrambe andate da lui. All’epoca era l’esperto di fertilità di Indianapolis. I suoi pazienti lo consideravano un uomo garbato e gentile. Il suo studio era decorato con le foto dei bambini che aveva aiutato a far nascere – un dettaglio che oggi sembra piuttosto inquietante.

Quando andarono da Cline, White e il marito stavano cercando di avere un figlio da due anni e mezzo. Erano già stati da un altro specialista che aveva provato l’inseminazione con il seme congelato di un donatore. Non aveva funzionato, e quello stesso medico gli aveva consigliato di andare da Cline, perché lo sperma fresco all’epoca aveva una maggiore percentuale di successo rispetto a quello congelato. Cline disse che avrebbe trovato un tirocinante che somigliasse al marito di White e con lo stesso gruppo sanguigno. Anche lui consigliò di non dire a nessuno della donazione di seme, neanche al loro futuro figlio.

White oggi ha 66 anni, e quando la incontro, nell’autunno del 2018, mi accoglie sulla porta di casa scalza e con i capelli bianchi raccolti in uno chignon. La sua casa a Zionsville, vicino a Indianapolis, è ordinata in modo meticoloso, così come i suoi discorsi. Mi dice che Cline aveva eseguito su di lei quindici tentativi di inseminazione nell’arco di cinque mesi. “Ci sono andata a ottobre, novembre e dicembre del 1981, e poi a gennaio e a febbraio del 1982”. Andava nel suo studio ogni mese nei tre giorni fertili, anche se cadevano nei fine settimana. Ricorda come stava sdraiata in camice sul lettino nella clinica vuota, e ora si domanda cosa facesse Cline quando andava nell’altra stanza a prendere il seme.

Quindici volte
Fino a tempi molto recenti nella storia umana, la riproduzione ha richiesto necessariamente un atto di intimità sessuale. Oggi eludiamo questa realtà con moduli per il consenso, un oscuro linguaggio clinico e strumenti ginecologici che sembrano brutalmente utilitaristici. Ma l’inseminazione assistita richiede comunque uno scambio di fluidi corporei che si possono procurare solo tramite stimolazione sessuale (pensate allo stereotipo del cassetto con le riviste pornografiche nello studio del medico). Se il medico si masturba nello studio accanto e poi si siede tra le gambe della paziente iniettandole il suo sperma, l’edificio che separa la dimensione clinica e quella sessuale crolla completamente.

È impossibile dire con esattezza cosa passasse nella mente di Cline (sono andata a casa sua per intervistarlo, ma ha detto che il suo avvocato gli aveva consigliato di non parlare. Neanche l’avvocato ha voluto rilasciare dichiarazioni). Alcuni dei figli che ha avuto come donatore mi hanno detto che quando hanno scoperto la verità le loro madri non hanno visto le azioni di Cline come degli atti sessuali. Alcune madri non ci hanno neppure riflettuto più di tanto. White, invece, ha ricostruito mentalmente la sequenza degli avvenimenti. Ha pensato a Cline che si masturbava nello studio. La donna lavora come assistente sociosanitaria e per esprimere le sue idee usa un linguaggio medico: “Nella mente di un uomo dopo l’eiaculazione c’è un sacco di dopamina, serotonina e norepinefrina. Sono tutte sostanze euforizzanti che provocano sensazioni meravigliose. Noi eravamo andate da lui per una procedura medica. Mi sento come se fossi stata stuprata quindici volte”.

Giovane e radiosa
In questi trent’anni è cambiato anche il nostro modo di pensare al sesso, alla fecondazione assistita e all’autorità medica. Quando la storia di Cline è stata resa nota, la comunità medica ha denunciato la sua condotta. “Ha infranto il patto di fiducia tra medico e paziente. Il suo comportamento può essere definito immorale”, dice Robert Colver, uno specialista in problemi di fertilità che conosceva Cline. “Siamo rimasti tutti sconvolti”.

Ma trent’anni fa la vicenda sarebbe stata altrettanto sconvolgente? Nel 1987 un sondaggio condotto in tutti gli Stati Uniti rilevava che il 2 per cento dei medici che si occupava di fecondazione assistita aveva usato il proprio seme con le pazienti. Non era la prassi, ma evidentemente non doveva essere neanche totalmente inconcepibile. Il sondaggio non chiedeva se le pazienti sapevano che medico e donatore erano la stessa persona.

Colver si occupa di procreazione assistita dagli anni ottanta. Gli chiedo come un medico potesse anche solo pensare a un inganno di questo tipo. All’inizio esita, poi osserva che all’epoca procurarsi il liquido seminale era complicato e richiedeva tempo. Cline si è difeso sostenendo che cercava di portare a termine l’inseminazione in meno di un’ora per massimizzare la vitalità del seme. Questo implicava coordinare la disponibilità del donatore con l’appuntamento della paziente nei vari giorni dell’ovulazione, ogni mese. Cline era uno dei maggiore specialisti di Indianapolis e aveva molte pazienti.

Matt White. (Alyssa Schukar, The Atlantic)

Calcolando le date di nascita dei figli più giovani che ha avuto inseminando le pazienti, si arriva alla conclusione che Cline dovrebbe aver smesso di usare il suo sperma alla fine degli anni ottanta, quando le banche del seme erano più diffuse. Quando il medico ha ricevuto le prime denunce, i suoi familiari e amici hanno scritto al giudice per spiegare che Cline non voleva deludere le pazienti quando non si trovava un donatore. Un amico che ha avuto la moglie in cura da Cline – ma non ha avuto figli con l’inseminazione da donatore – ha scritto: “Cline ha sempre messo i pazienti al primo posto. Empatico e comprensivo, ha cercato il modo di aiutare le famiglie nel periodo più delicato, quando marito e moglie si sentono impotenti. Possiamo anche metterci nei panni della coppia che aspetta trepidante perché il momento è quello giusto, e possiamo capire la sua disperazione se in quel momento non si trovasse un donatore”.

Ma chi critica Cline vede in questa spiegazione qualcosa di ripugnante. Per queste persone il medico non era animato da spirito di abnegazione ma da egoismo. Sono convinte che Cline si sentisse onnipotente. Se veramente credeva di non fare niente di male, perché ingannava le pazienti? Colver è più moderato. Dice di capire il desiderio di non deludere una paziente. “È triste trovarsi a dire: ‘Purtroppo il donatore non è potuto venire. Mi dispiace, ma dovremo aspettare il prossimo mese’”. Ma ammette che l’alternativa, “dire la verità alla paziente una trentina di anni dopo, quando la notizia è uscita in questo modo, è decisamente peggiore”.

Liz White porta sempre con sé una foto del 1982 che la ritrae radiosa in un letto di ospedale con il figlio tra le braccia. Lo ha chiamato Matthew, che deriva dall’ebraico e significa “dono di Dio”, perché all’epoca vedeva la donazione di seme come un regalo. Nella foto ha trent’anni. “Guarda com’ero giovane”, dice, ma ho la sensazione che voglia dire: so che ora mi vedi vecchia, ma allora ero giovane, vulnerabile e sola con quell’uomo.

Matt avrebbe capito tutto prima di sua madre. Dopo la denuncia dei quattro fratellastri, Angela Ganote, una giornalista di Fox59, ha chiesto di Cline al procuratore locale. La sua inchiesta ha portato all’apertura di un’indagine. Nel settembre del 2016 Ganote ha diffuso la notizia che Cline era stato accusato d’intralcio alla giustizia, e Matt, insieme a tutta l’opinione pubblica, ha saputo cosa aveva fatto il medico.

Sapeva di essere stato concepito con il seme di un donatore. Durante una lezione di biologia al liceo aveva scoperto che il suo gruppo sanguigno era diverso da quello dei genitori. Aveva chiesto spiegazioni al padre e alla madre, e loro gli avevano raccontato del donatore. Nessuno aveva pensato troppo alla promessa di Cline che il gruppo sanguigno sarebbe stato quello del padre. Matt ricorda di essersi sentito triste per il padre, ma la rivelazione non gli provocò una crisi di identità. Quando passavano in macchina sulla 86ma strada, la madre a volte gli indicava un edificio: “È il posto dove sono rimasta incinta di te”. Per lei era un ricordo felice. Quando Matt ha visto Cline nei notiziari, ha cercato l’indirizzo del suo vecchio studio. Coincideva con quello che la madre gli indicava. Un test del dna ha confermato quello che lui aveva intuito. La somiglianza tra Matt e Cline da giovane è impressionante. Sembrano quasi la stessa persona.

Nel corso dell’anno seguente, Matt e i suoi nuovi fratelli hanno seguito l’inchiesta contro Cline. Non era accusato di stupro né di frode, perché tutti i documenti erano scomparsi da tempo. Di fatto, Cline non era accusato per quello che aveva fatto decenni prima. Nessuna legge dell’Indiana, e di tanti altri stati, vieta specificamente a un medico di usare il proprio seme con le sue pazienti.

L’accusa della procura era di intralcio alla giustizia: Cline aveva ricevuto lettere dall’ufficio del procuratore generale che gli notificava l’indagine in corso e aveva risposto almeno due volte dicendo di non aver usato il proprio seme e che qualunque donna sostenesse il contrario era “colpevole di calunnia o diffamazione”. La sua posizione era facile da confutare. Gli inquirenti sono andati a casa di Cline con un mandato per ottenere il suo dna. Gli hanno passato un tampone sull’interno della guancia e hanno chiuso la questione.

Negli anni ottanta nessuno poteva immaginare che un giorno i test del dna sarebbero stati alla portata di tutti attraverso i siti online. A quei tempi Cline pensava che non lo avrebbero mai scoperto. Ora, di fronte alle conseguenze delle sue azioni, sembrava convinto di poter risolvere la situazione negando con tutta la sua forza. Tim DeLaney, che rappresentava l’accusa, dice di considerare il reato originario un abuso di potere. “Quando Cline è stato accusato, ha assunto la stessa posizione di potere e ha detto: ‘Io sono un medico. Queste persone mentono. Mi diffamano’. Non era la reazione di un uomo spaventato e inerme. Era la reazione di chi è abituato ad avere potere”.

Il portavoce del gruppo
Quello che ha particolarmente infastidito alcuni dei fratellastri è il modo in cui Cline ha usato la fede per sfuggire alle accuse. A detta di tutti è un uomo molto religioso, e diverse persone che frequentano la sua chiesa hanno scritto lettere al giudice per lodare il suo carattere. Dopo l’incontro al ristorante, Cline ha chiamato Ballard per dirle che quel modo di rivangare il passato stava distruggendo il suo matrimonio. La moglie ormai lo considerava un adultero. Nella telefonata, che Ballard ha registrato, Cline diceva di essere dispiaciuto per quello che aveva fatto e ha citato Geremia 1,5, in cui dio espone il suo progetto per il profeta: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo”. Ballard ha avuto di nuovo la sensazione che Cline usasse la fede per manipolarla.

Alla fine Cline se l’è cavata con cinquecento dollari di multa e un anno di libertà vigilata. Non può più esercitare, ma era già in pensione dal 2009. Se non avesse risposto alle lettere del procuratore – cosa che non era tenuto a fare – avrebbe potuto cavarsela senza conseguenze (in seguito altre persone concepite da donatore e le loro madri hanno fatto causa a Cline). DeLaney ripensa spesso a questo caso. “Sul piano filosofico è il più interessante che abbia mai avuto”, dice. Cline ha sicuramente violato la fiducia delle pazienti, ma ha fatto un torto anche ai loro figli, che non sarebbero mai venuti al mondo senza il suo inganno?

L’intera vicenda ha risvegliato la determinazione di Matt White. Anche lui ha avuto problemi d’infertilità e i suoi due figli sono stati concepiti con donazione di seme (la versione moderna, con cataloghi online e foto dei donatori da piccoli). Questo gli ha fatto intuire cosa aveva dovuto sopportare sua madre per averlo. Ha capito perché si sentiva violentata.

Conosco Matt, che ha 36 anni, in una panetteria di Indianapolis, una mattina di novembre del 2018, dopo la prima bufera della stagione che ha ricoperto le strade di una lastra di ghiaccio. Il giorno prima sua madre, lui e diversi fratellastri avevano incontrato Rodric Bray, il presidente pro tempore del senato dell’Indiana. Nella legislatura precedente Bray ha presentato un progetto di legge ispirato alla vicenda di Cline, che non è mai stato discusso in aula. I fratellastri hanno cercato di rilanciarlo per rendere illegale quel tipo di frode, e White è diventato il portavoce non ufficiale del gruppo.

L’uomo sa bene che molte persone considerano la vicenda di Cline un caso eccezionale, lo strano comportamento di un medico dell’Indiana. In realtà, spiega, ci sono altri medici accusati di aver segretamente usato il proprio seme in Connecticut, in Virginia, nell’Idaho, in Vermont e in Canada. CeCe Moore, una genealogista che aiuta le persone adottate e concepite da donatori a ritrovare i loro genitori biologici, mi ha raccontato di essersi imbattuta in un numero piuttosto alto di medici che hanno usato il proprio seme. Molte persone nate così hanno deciso di non divulgare la cosa e hanno avuto reazioni molto diverse. Alcuni “hanno un’ottima opinione del padre donatore, per ‘l’aiuto’ dato alla madre”, racconta Moore. “Altri sono inorriditi”.

Matt White fa parte del secondo gruppo. Sua madre ha contattato Jody Madeira, che insegna legge all’Indiana university ed è specializzata in bioetica e medicina riproduttiva. Madeira si è interessata al caso e ha contribuito alla stesura del progetto di legge sulle frodi in materia di fertilità. “Quando parli con qualcuno del caso Cline, c’è una fisiologica reazione di disgusto, la sensazione che sul piano morale sia profondamente sbagliato”, dice. “È sbagliato anche dal punto di vista giuridico? Dovrebbe esserlo”.

Una pila di lettere
Molti dei figli che Cline ha avuto dalla moglie vivono a Indianapolis e capita che s’imbattano casualmente nei fratellastri. Mentre siamo nella panetteria, White indica davanti a sé. Cline “abita in fondo alla strada”, dice. “Io abito in quest’altra strada e mia madre vive qui in città”. La nuora di Cline è un’ostetrica nello studio dove va la moglie di White. Una volta in un bar ha visto anche la figlia di Cline, un’infermiera che lavorava nello studio del padre. Ha sentito un senso di nausea e se ne è andato. Anche la madre di White l’ha incontrata, in un salone di bellezza; si stava facendo un pedicure e non ha potuto andarsene.

I figli segreti di Cline hanno anche cominciato a documentare il modo in cui le loro strade si sono incrociate. White frequentava l’università di Purdue quando ci andava anche uno dei suoi fratellastri. Uno ha venduto una macchina a un altro. Due vivevano nella stessa strada. Altri due avevano i figli nella stessa squadra di softball. Sono preoccupati perché i loro figli si stanno avvicinando all’età di avere un ragazzo o una ragazza. “Non è un problema che viviamo tutti in una zona relativamente piccola?”, racconta di essersi chiesta una sorella pensando a Cline. “Credeva davvero che non ci saremmo mai conosciuti? Non pensava che avremmo anche potuto fidanzarci? Che avremmo avuto dei figli che avrebbero potuto uscire insieme? Sul serio non ci ha mai pensato?”. Oggi la figura di Cline incombe su ogni cotta innocente dei loro figli, su ogni appuntamento per il ballo scolastico. Cline ha ammesso di aver usato il proprio seme una cinquantina di volte, più o meno lo stesso numero di figli che sono stati individuati con il test del dna. Ma potrebbero essercene altri: questi test sono diventati molto diffusi ma sono ben lontano dall’essere universali. Da quando sono in contatto con i figli che Cline ha avuto come donatore, c’è sempre qualcuno che di tanto in tanto mi dice di aver trovato un altro fratello.

All’inizio di gennaio White mi manda un messaggio in cui mi spiega che subito dopo aver preparato una pila di lettere da mandare al parlamento dell’Indiana perché sostenga il disegno di legge sulla frode in materia di fertilità aveva trovato altri due fratelli. Gli aggiornamenti di White sul ritrovamento di nuovi fratelli sembrano sempre arrivare con un misto di rabbia e tristezza: rabbia per la sempre più vasta portata dei misfatti di Cline, e tristezza per le nuove famiglie messe a soqquadro da un segreto vecchio di decenni. Ma ogni nuovo fratello reagisce alla rivelazione in modo diverso.

Segreti nella tomba
Lo stesso Natale in cui ha ricevuto in regalo il test del dna, Heather Woock aveva preparato per il padre un libro che ricostruiva tutto l’albero genealogico, risalendo fino ai reali di Scozia. Perdere il rapporto genetico con il padre per lei ha significato perdere la storia che aveva letteralmente scritto su chi era e come era venuta al mondo. È questa crisi di identità – più che il comportamento inspiegabile di Cline – che Woock sta ancora cercando di superare. La parte più difficile, dice, è “elaborare il fatto che i miei genitori mi hanno mentito per tutta l’infanzia”.

Kylene Gott, un’insegnante di 38 anni di Indianapolis, ha rivelato alla madre che Cline era il suo padre biologico mentre erano in macchina. La reazione della madre è stata: “Ah, bene”. Bene? “Poteva essere chiunque. Sono contenta che sia stato lui”. Gott dice che la madre poi le ha raccontato di aver visto le foto dei figli di Cline alle pareti e come erano carini e intelligenti. Lei voleva dei figli così. Quella reazione ha turbato Kylene, convinta che la storia della sue origini spieghi la sensazione di disagio che ha sempre provato. “Non ho mai saputo davvero chi sono, ed è per questo che non riesco ancora a capire cosa dovrei fare in questo mondo”, dice. La scoperta di avere dei fratellastri l’ha elettrizzata, e ha studiato la loro vita cercando possibili somiglianze, dai menù preferiti del McDonald’s ai bouquet nelle foto dei matrimoni.

Un’altra donna di Indianapolis, che ha chiesto di non usare il suo vero nome e che chiamerò Amy, mi racconta che sua madre è rimasta stranamente calma quando ha saputo la verità su Cline. Una reazione che lei ha trovato particolarmente inquietante, perché pensava che Cline avesse usato il seme di suo padre, non di un donatore, e questo inganno le è sembrato ancora più grottesco.

Qualche settimana dopo il nostro primo incontro, Amy mi manda un’email dicendo di volermi parlare. Ha avuto un confronto con la madre, che ha ammesso di aver sempre saputo che lo sperma era di un donatore, se non dello stesso Cline. Quando Amy era stata concepita, i genitori si erano promessi di non dirglielo mai, una promessa che la madre aveva mantenuto anche quando il padre di Amy era morto. Amy avrebbe preferito non sapere la verità. “Restare all’oscuro è una benedizione”, mi dice sottolineando l’ultima parola.

Un uomo che chiamerò Tyler, capocantiere a Washington, mi racconta che sia lui sia la madre credevano che Cline avesse usato il seme del marito. Ma stranamente la madre sembrava più arrabbiata per il fatto che la storia fosse venuta alla luce che per il comportamento di Cline. Ha fatto giurare a Tyler di non dirlo al padre. “Tu e io dobbiamo portarcelo nella tomba”, ha detto. Tyler ora si chiede se la madre non avesse sempre saputo che il seme era di un donatore, anche se non sospettava che potesse essere Cline. Tyler non ne ha ancora parlato con il padre.

Joseph ha un fratello gemello, ma non si somigliano per niente. “Sono più alto di lui, e lui pesa 15 chili di più”, dice. Hanno anche un carattere diverso. Nel 2017, quando Joseph ha fatto il test del dna e ha scoperto l’identità di suo padre, sia lui sia il fratello si sono chiesti se avevano padri diversi, perché Cline aveva detto alla madre di aver mescolato il seme del marito e quello di un donatore. In realtà no: avevano entrambi il dna di Cline. Caratteri diversi e reazioni opposte: Joseph è molto attivo nel gruppo di Facebook, mentre il fratello non vuole averci niente a che fare. Ma la cosa più strana è che Joseph ha conosciuto un fratellastro che gli somiglia tantissimo, molto più del suo gemello.

Riunione di famiglia
Sono solo alcune delle tante persone che stanno costruendo dei legami dopo lo shock iniziale. Persone adottate che si sono riunite con i genitori biologici. Altre che hanno trovato il donatore che ha contribuito alla loro nascita. E fratellastri che si sono conosciuti creando nuovi modelli familiari completamente diversi dalla famiglia tradizionale che i genitori avevano cercato andando da uno specialista dei problemi di fertilità.

A giugno del 2018, quando negli Stati Uniti si celebra la festa del papà, i fratellastri si sono riuniti in Indiana per il loro secondo picnic annuale. Si erano già ritrovati in gruppi più piccoli per le vacanze, serate di sole donne e riunioni con i politici dello stato. Ma questo era un grande raduno. Tyler è arrivato in aereo da Washington. C’erano anche mariti, mogli e figli. Matt ha affittato una struttura per il picnic e ha preparato dei cartellini con i nomi perché molti fratelli si sarebbero incontrati per la prima volta. Dall’anno precedente il loro numero era quasi triplicato.

Tutti hanno portato qualcosa. C’era anche una torta di compleanno, che stava diventando una tradizione. Kylene ha portato patatine e salse. Amy ha preparato un’insalata di pasta. Heather si è occupata dell’acqua. Matt aveva comprato le ali di pollo e le ha cucinate alla griglia sudando copiosamente. Era una giornata calda. I bambini si sono bagnati correndo tra gli irrigatori, si sono arrampicati sugli alberi e si sono ricoperti di resina appiccicosa. Da lontano doveva sembrare una riunione di famiglia come tante.

(Traduzione di Giuseppina Cavallo)

Da sapere
Le leggi,i dati, gli altri casi

◆ All’inizio di aprile del 2019 il parlamento dell’Indiana ha approvato una legge che affronta la questione delle “frodi della fertilità”, venute alla luce nello stato quando si è saputo che Donald Cline, un medico di Indianapolis, aveva avuto più di cinquanta figli dalle sue pazienti perché usava segretamente il proprio sperma per la fecondazione assistita. La legge, che dovrà ottenere il via libera del governatore, prevede che si possano chiedere dei risarcimenti in sede civile ed equipara comportamenti come quelli di Cline a reati di livello 6, che prevede condanne dai sei mesi ai due anni e mezzo di carcere. Attualmente in Indiana, come in altri stati americani, non ci sono leggi che regolano questo tipo di situazioni. Per questo Cline è stato condannato solo per intralcio alla giustizia. The Indianapolis Star

◆Negli ultimi anni vicende come quella di Donald Cline sono venute alla luce perché sono in aumento le persone che si sottopongono a test genetici comprati online. Per circa 60 euro, aziende come Ancestry e 23andMe permettono non solo di ricostruire il proprio albero genealogico ma anche di trovare le corrispondenze di dna con altri utenti che si sono sottoposti ai test. Il fatto che delle aziende private siano in possesso di alcuni dei database di dna più grandi del mondo solleva una serie di preoccupazioni sul rispetto della privacy. Se il settore continuerà a crescere al ritmo attuale, negli Stati Uniti queste aziende saranno in grado nel prossimo futuro di tracciare i rapporti di parentela tra tutti gli statunitensi. Un altro aspetto discusso riguarda l’uso di questi archivi nelle indagini di polizia. Nel 2018, per esempio, in California gli agenti hanno usato uno di questi database per arrestare un serial killer. Mit Technology Review

◆ Una storia simile a quella del medico statunitense Donald Cline è venuta alla luce di recente nei Paesi Bassi. Si è scoperto che Jan Karbaat, medico ed ex direttore di una clinica per la procreazione assistita a Rotterdam, morto nell’aprile del 2017, avrebbe usato per più di dieci anni il proprio sperma per fecondare le sue pazienti. Secondo Defence for children, un’ong che rappresenta i genitori e i bambini al centro dello scandalo, i risultati dei test del dna mostrano che i figli concepiti con il seme di Karbaat sono almeno 49. Prima di morire il medico avrebbe confessato di aver avuto in questo modo circa sessanta figli. Molti di loro hanno presentato un ricorso in tribunale per ottenere il dna di Karbaat. Gli avvocati della famiglia del medico si sono sempre opposti a questa richiesta, appellandosi al diritto alla privacy. Alla fine il tribunale ha dato la priorità al diritto dei figli di scoprire le loro origini, e ha ordinato di condurre i test. Bbc


Questo articolo è uscito sul numero 1305 di Internazionale. Era stato pubblicato dall’Atlantic.

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