16 luglio 2021 15:28

La Germania occidentale, in particolare i Land del Nordreno Vestfalia e della Renania Palatinato, è stata investita dalla tempesta Bernd, che finora ha provocato più di cento morti, e secondo le autorità il bilancio è destinato a peggiorare. Il maltempo ha causato inondazioni che hanno travolto interi centri abitati. Più di 165mila persone sono attualmente senza corrente elettrica.

“Dopo tre anni consecutivi di siccità estiva”, scrive la Süddeutsche Zeitung, “nel 2021 è tornata finalmente un’estate umida, ma questa catastrofe naturale ha spento ogni entusiasmo”. Non è il caso di prendersela con chi fa le previsioni meteorologiche, continua il quotidiano bavarese, perché gli esperti avevano previsto il maltempo e anche con un certo anticipo. “Se si vogliono cercare dei colpevoli, si possono indicare due fattori che non possono essere portati in tribunale. Da un lato c’è il caso, perché eventi così estremi ci sono sempre stati; dall’altro c’è il cambiamento climatico: i dati dimostrano quello che a lungo è stato solo una previsione, e cioè che le forti precipitazioni sono sempre più frequenti e dannose, e il riscaldamento climatico le ha rese molto più probabili”.

I danni di questi giorni, conclude la Süddeutsche Zeitung, sono dovuti anche alla carenza di opere che proteggano soprattutto le abitazioni da eventi simili. “Ma se finora è stato un grave errore non fare niente contro il cambiamento climatico, continuare a ignorarlo sarebbe anche peggio”.

Bisogna lavorare perché le persone e i territori siano più preparati ad affrontare eventi di questo tipo, scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitug. “È necessario cominciare subito, coinvolgendo tutti i cittadini. Premunirsi non significa arrendersi davanti all’inevitabile. Questa catastrofe dimostra quanto il riscaldamento climatico ormai influisca sulla nostra vita”.

Anche il Belgio e il nord della Francia sono stati colpiti dalle alluvioni.

“‘Un giorno ci saranno dei morti. Dobbiamo fare qualcosa prima che accada’. Questa agghiacciante premonizione fatta a Le Soir da un componente dell’unità di consulenza e supporto specializzata nella lotta contro le inondazioni nella regione della Vallonia, purtroppo ha richiesto solo dieci giorni per avverarsi”, scrive La Libre Belgique. Nella regione meridionale del Belgio, a maggioranza francofona, le vittime delle alluvioni sono almeno dodici. “Anche se bisogna fare attenzione a non stabilire collegamenti troppo frettolosi tra i cambiamenti climatici e gli eventi drammatici vissuti dalla Vallonia, ma anche da alcune parti delle Fiandre, è chiaro che non siamo pronti ad affrontare episodi meteorologici così estremi. Episodi che gli scienziati prevedono sempre più frequenti e più estremi. Ma una volta passata la tempesta, le lezioni dovranno essere – finalmente! – imparate e andranno attuati senza tentennamenti cambiamenti strutturali fondamentali anche se a volte spiacevoli. Non siamo padroni delle forze della natura. Possiamo solo fare del nostro meglio per evitare di destabilizzarla ulteriormente. Non si tratta di religione o ideologia, si tratta di scienza. Guardare in faccia la realtà, per quanto lontana possa sembrare. Dobbiamo cambiare i nostri stili di vita: l’utilizzo del suolo è uno di questi. È stata spesa troppa energia per trovare le ragioni sbagliate per non fare ciò che va fatto. Troppo spesso le voci che da anni si alzano per appellarsi alla ragione e al principio di precauzione sono state ignorate o derise. ‘Domani sarò comunque morto’, abbiamo sentito più volte dire da alcuni leader politici ed economici che non hanno fretta di agire. Ecco. Siamo a domani. Ed è appena cominciato”.

De Standaard invita a far sì che le inondazioni siano un punto di non ritorno. Scrive Inge Ghijs: “Caldo torrido da una parte dell’oceano, il diluvio dall’altra. Due estremi, ma due espressioni dello stesso problema. Per molto tempo, i meteorologi sono stati riluttanti a collegare un’ondata di caldo, forti piogge o grandinate ai cambiamenti climatici, perché condizioni meteorologiche estreme si sono sempre verificate. Basti pensare all’alluvione del 1953 nei Paesi Bassi o alla grande inondazione di Ruisbroek nel 1976. Ma quell’esitazione è scomparsa. Non si può negare che esiste un legame tra il cambiamento climatico e gli eventi meteorologici estremi. Non possiamo dire di non essere stati avvertiti. La conferenza delle Nazioni Unite sul clima ha indicato molti anni fa che i fenomeni meteorologici estremi diventeranno sempre più comuni. Sembrava che accadesse sempre altrove, lontano da casa nostra. Foreste in fiamme per settimane, temperature di 50 gradi, enormi frane di fango, persone che annegano in vortici d’acqua: qui da noi non poteva succedere. L’estrema siccità delle ultime estati è stata fastidiosa – hanno sofferto soprattutto gli agricoltori – ma comunque sopportabile. Quello che abbiamo vissuto negli ultimi due giorni è diverso. Il danno materiale, ma soprattutto la sofferenza degli esseri umani, è grande. Bisognerà adeguarsi: lasciare più spazio all’acqua, farla fluire più dolcemente, costruire e abitare altrove, creare ammortizzatori. Ma se vogliamo evitare di peggiorare la situazione, non dovremmo limitarci a trattare i sintomi. Dobbiamo anche affrontare le cause profonde del riscaldamento globale”.

L’idrologa francese Emma Haziza, intervistata da Europe1, ha esaminato le diverse cause che hanno portato alle ultime inondazioni. Tra queste, afferma, l’urbanizzazione ha gran parte della responsabilità per i danni causati. “Dobbiamo riflettere profondamente” e integrare dei nuovi automatismi nell’urbanistica, visto che praticamente da nessuna parte, in Francia le case sono costruite con princìpi adatti ad affrontare un’inondazione. Modalità che a oggi “non vengono assolutamente prese in considerazione, né dagli urbanisti né dagli architetti”, se non nelle zone interessate dai piani di prevenzione dei rischi di alluvione, dove l’urbanistica è piuttosto ben controllata, precisa. In tutti i casi, “i rischi di esondazione non vengono presi in considerazione, non sono mappati”, deplora l’idrologa. Per quanto riguarda i tombini e il sistema fognario “non sono assolutamente adeguati ai livelli di pioggia di questa portata”, continua. “Quindi c’è davvero una riflessione profonda da fare molto rapidamente”.

Gli scienziati del clima avevano previsto da tempo che le emissioni di gas serra avrebbero causato più inondazioni, ondate di calore, siccità, tempeste e altre forme meteorologiche estreme, ma i recenti eventi hanno superato molte previsioni. “Con il cambiamento climatico ci aspettiamo che tutti gli estremi idro-meteorologici si acutizzino. Quello che abbiamo visto in Germania è sostanzialmente coerente con questa tendenza”, ha affermato sul Guardian Carlo Buontempo, direttore del Copernicus climate change service presso il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine. Gli ultimi sette anni sono stati i più caldi da quando si registrano le temperature, continua il quotidiano britannico, in gran parte a causa del riscaldamento globale, causato dai gas di scarico delle auto, dall’incendio delle foreste e da altre attività umane. I modelli informatici prevedono che questo causerà condizioni meteo più estreme, il che significa che i record verranno battuti con maggiore frequenza e in più luoghi. Daniel Swain, un climatologo presso l’Università della California a Los Angeles, ha affermato che quest’estate negli Stati Uniti sono stati stabiliti così tanti record che non hanno nemmeno fatto notizia.

Anche la Lapponia e parti della Siberia hanno sofferto il caldo record di giugno e molte città di India, Pakistan e Libia hanno sopportato temperature insolitamente elevate nelle ultime settimane. I sobborghi di Tokyo sono stati colpiti dalle piogge più intense da quando sono cominciate le misurazioni e in un giorno di luglio su Londra è caduta la pioggia di un mese. Gli eventi che una volta si verificavano ogni cento anni stanno diventando all’ordine del giorno. “Alcuni esperti temono che i recenti scossoni indichino che il sistema climatico potrebbe aver superato una soglia pericolosa. Invece di assistere a temperature che aumentano gradualmente o a eventi estremi in aumento costante, ora si chiedono se la tendenza possa essere sempre più ‘non lineare’, irregolare, a causa degli effetti a catena della siccità o dello scioglimento dei ghiacci nell’Artico”.

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