30 giugno 2011 00:00

Da una settimana siamo fermi in una città portuale della Grecia. La nave canadese su cui dovrei imbarcarmi si chiama “Tahrir”. Cinquanta persone – in maggioranza canadesi, belgi e danesi – dovrebbero salire a bordo e prendere il mare in direzione della Striscia di Gaza. Ma la flotta di circa dieci imbarcazioni è bloccata da forze non proprio misteriose.

La burocrazia Le autorità portuali greche hanno ricevuto delle segnalazioni anonime secondo cui le navi sono “inadatte a prendere il largo”. Quindi, anche se hanno già superato tutti i controlli, devono essere esaminate di nuovo.

Sabotaggi Il 27 giugno abbiamo trovato una spaccatura d’origine dolosa nell’elica della nave grecosvedese Juliano. Da quel momento tutte le imbarcazioni sono sorvegliate 24 ore su 24. Circolano voci non confermate di un altro sabotaggio.

La politica Il partito di destra Laos ha chiesto al governo di Atene di impedire la partenza della flotta per ragioni “di interesse nazionale”. Inoltre Israele ha fatto capire alla Grecia che si aspetta un intervento contro questa “provocazione”.

Bugie e minacce I mezzi d’informazione israeliani, citando fonti anonime della sicurezza, hanno riferito della presenza a bordo di “sostanze chimiche” da impiegare contro i soldati. Tutti i partecipanti alla spedizione si sono impegnati a non ricorrere alla violenza. La disinformazione serve a suscitare paura e sospetto. Inoltre fornisce un alibi ai militari nel caso intercettino le navi e ci scappi il morto.

*Traduzione di Andrea Sparacino.

Internazionale, numero 904, 1 luglio 2011*

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