25 settembre 2017 18:00

Il sospetto che avevo avuto la settimana scorsa – cioè che la maggioranza degli abitanti di Okinawa non si opponesse alla presenza delle basi militari statunitensi – era sbagliato. In realtà circa l’80 per cento è contrario a questa presenza straniera che occupa il 18 per cento del territorio dell’isola. Ma allora perché alle proteste partecipano in pochi?

La settimana scorsa trenta persone, soprattutto anziani, hanno bloccato l’ingresso a una base in costruzione a Henoko, nella parte nord di Okinawa. Si è formata una lunga coda di camion che trasportavano materiali e macchinari. Alcune guardie private in uniforme blu si sono assicurate che gli attivisti non entrassero nel cantiere. Subito dopo gli agenti antisommossa vestiti di bianco hanno allontanato i manifestanti dall’ingresso, e i camion hanno cominciato a entrare. Le proteste quotidiane, che vanno avanti da 1.170 giorni, non hanno bloccato i lavori.

Ovviamente il governo giapponese è favorevole alla presenza statunitense. Washington paga l’affitto e rimborsa le città e gli abitanti per i danni causati dalle basi. La maggioranza degli 1,4 milioni di abitanti di Okinawa si accontenterebbe di non ampliare o aumentare il numero delle basi. C’è anche chi sostiene che, non potendo impedire la costruzione di una base a Henoko, tanto vale approfittare delle maggiori entrate. I più ferventi oppositori delle basi non ottengono i risarcimenti. E questa potrebbe essere una risposta alla mia domanda iniziale.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questa rubrica è stata pubblicata il 22 settembre 2017 a pagina 31 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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