28 maggio 1998 00:00

È l’ennesimo segno della profonda instabilità dell’Asia. Dopo che la Cina ha avviato gli scavi petroliferi al largo delle isole Paracelso, che insieme alle Spratly sono al centro di una contesa con il Vietnam che va avanti da decenni, negli ultimi giorni le marine dei due paesi si sono scontrate violentemente. In Vietnam è aumentata la tensione nazionalista, e martedì gli operai di un’importante zona industriale hanno incendiato una quindicina di fabbriche straniere che ritenevano tutte cinesi.

La violenza delle manifestazioni ha alimentato la collera sociale nei confronti delle condizioni di lavoro e dei salari che rendono il Vietnam molto attraente per gli investitori stranieri e soprattutto cinesi, e davanti a questa escalation le autorità vietnamite sono state costrette a usare il pugno di ferro arrestando circa 500 rivoltosi e annunciando pesanti condanne. Tuttavia resta il fatto che è stata proprio la reazione del governo di Hanoi a infiammare l’opinione pubblica in un momento storico in cui il Vietnam, come tutti i paesi asiatici, è profondamente preoccupato dalla crescita della Cina.

L’anno scorso Giappone e Cina si sono ripetutamente scontrati a proposito di un piccolo arcipelago conteso nella zona orientale del mar della Cina, le Senkaku (Diaoyu per i cinesi), e la crisi aveva minacciato di innescare un vero e proprio conflitto militare. Oggi i tanti contenziosi storici tra i due paesi tornano a galla, e i rapporti tra Pechino e Tokyo sono molto tesi.

In entrambe le dispute territoriali il problema di fondo non sono tanto le ricchezze potenziali o la sicurezza del mar della Cina (dove transitano gli approvvigionamenti petroliferi dei paesi coinvolti) quanto piuttosto il fatto che Pechino è ormai una superpotenza e negli ultimi tempi ha sviluppato il suo apparato militare a ritmo esponenziale, preparandosi a diventare padrona assoluta dell’Asia.

È per questo motivo che gli americani vorrebbero sganciarsi dall’Europa e dal Medio Oriente e concentrare i loro sforzi sul Pacifico. Per non lasciarsi superare sulla scena internazionale, Washington vorrebbe diventare il protettore dei paesi asiatici contro lo strapotere della Cina, un po’ come aveva fatto con l’Europa ai tempi della minaccia sovietica. Di conseguenza gli americani hanno deciso di appoggiare le rivendicazioni di Vietnam e Giappone in un braccio di ferro che è appena cominciato.

Nel frattempo in Asia si sta sviluppando un’altra rivalità, più ovattata ma altrettanto viva, tra India e Cina, i due giganti del continente. New Delhi non potrà ignorare ancora a lungo lo scontro d’influenza tra Washington e Pechino, e cercherà di approfittare della situazione fino a quando non sarà costretta a prendere posizione, presumibilmente a fianco degli americani. Il quadro è ulteriormente complicato dal fatto che l’India, attualmente in preda all’esaltazione religiosa e nazionalista, è in conflitto permanente con il vicino Pakistan, paese musulmano e dotato anch’esso della bomba atomica. L’Asia, insomma, è diventata ciò che l’Europa è stata per secoli: un continente alla ricerca di un equilibrio tra potenze rivali.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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