27 maggio 2014 07:00

Malgrado le apparenze ci sono buoni motivi per sperare in un allentamento della tensione in Ucraina. Annunciato domenica sera come vincitore delle presidenziali con il 54 per cento dei voti (risultato confermato nella giornata di lunedì) Petro Porošenko ha dichiarato subito di voler visitare le regioni orientali del paese, attualmente nelle mani dei separatisti filorussi.

La decisione del nuovo presidente rappresenta allo stesso tempo un gesto distensivo e un modo per affermare la propria autorità sui territori in cui le elezioni non si sono svolte. I separatisti hanno risposto occupando l’aeroporto di Donetsk, dove sarebbe dovuto atterrare Porošenko. Il presidente ha subito inviato l’aviazione con l’ordine di riprendere il controllo dell’aeroporto, provocando violenti scontri. Eppure questo braccio di ferro non è necessariamente indicativo di ciò che accadrà in futuro.

Il presidente aveva tutto il diritto di usare le maniere forti, perché altrimenti avrebbe perso credibilità, e a loro volta i separatisti hanno dovuto mostrare i muscoli per non screditare la loro causa. Tutto questo è nell’ordine delle cose, e in realtà non è l’aspetto più importante della vicenda.

Ciò che davvero conta è che le presidenziali si sono finalmente svolte. Lo scrutinio ha regalato all’Ucraina un presidente eletto al primo turno e forte di una maggioranza netta che gli conferisce una legittimità incontestabile. Fatto altrettanto importante, la Russia ha implicitamente riconosciuto la nuova situazione dichiarandosi pronta a partecipare a un “dialogo pragmatico” con Petro Porošenko. In questo momento Kiev e Mosca non sembrano più così lontane dal compromesso proposto dall’Ue sulla fornitura di gas russo all’Ucraina, sul pagamento dei debiti e sul futuro prezzo al metro cubo.

Nel frattempo la Russia continua a ripetere che le sanzioni imposte dall’occidente dopo l’annessione della Crimea e gli scontri in Ucraina orientale non hanno alcun effetto, ma la realtà è chiaramente diversa. Le sanzioni hanno infatti provocato una fuga massiccia di capitali russi e scoraggiato gli investimenti esteri. L’economia russa, già in difficoltà, si avvicina pericolosamente alla recessione. Anche per questo Vladimir Putin si è recato in Cina per firmare alcuni contratti per la fornitura di gas, ma il governo russo è consapevole del rischio di essere assorbito nell’orbita di Pechino se il paese diventerà dipendente dal sostegno del potente vicino.

Mosca deve assolutamente tenere aperti due fronti, e dunque non può permettersi una rottura totale dei rapporti economici con l’Occidente. Inoltre l’annessione dell’Ucraina orientale costerebbe molto cara, perché il governo russo dovrebbe farsi carico dei nuovi territori.

La Russia ha tutto l’interesse a trovare un compromesso con l’Ucraina, e sa benissimo di poter ottenere in cambio una forma di autonomia per le regioni orientali e l’impegno a non entrare nella Nato da parte di Kiev, altrettanto interessata a percorrere la via del negoziato. Nella speranza che la ragione trionfi, insomma, in questo momento possiamo scommettere su una soluzione alla crisi ucraina.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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