20 giugno 2014 07:00

Intoccabile e sacrosanta fino a ieri, l’austerità europea è sempre più contestata, sia dai paesi dell’Unione che dagli Stati Uniti e dalle istituzioni finanziarie internazionali.

Quando parliamo di rigore finanziario intendiamo prima di tutto le regole che i paesi europei hanno fissato al momento del passaggio alla moneta unica e che li obbligano a mantenere un deficit inferiore al 3 per cento del prodotto interno lordo e un debito pubblico inferiore al sessanta per cento del pil. In seguito il risanamento economico ha fornito le basi del patto di stabilità, concordato dai paesi Ue in un momento in cui i limiti stabiliti erano tranquillamente ignorati da molti governi e la situazione era diventata ormai insostenibile a causa di due crisi finanziarie consecutive, del crack di Wall Street e dell’esplosione del debito pubblico in Europa.

L’insistenza della Germania e la minaccia che pendeva sull’euro e su tutte le economie del continente hanno spinto i governi europei ad affidare alla Commissione il ruolo di guardiano delle regole budgetarie comuni, sottoponendo al suo giudizio i bilanci nazionali e permettendole di emanare raccomandazioni e sanzioni per gli stati troppo permissivi.

In entrambi i casi non si tratta delle imposizioni di burocrati non eletti, ma di un compito assegnato di comune accordo alla Commissione, che non è l’organo decisionale d’Europa ma soltanto l’esecutore delle volontà dei governi nazionali e del Consiglio europeo, l’istituzione che permette ai capi di stato di determinare le politiche Ue. Oggi non esistono politiche realmente europee, ma soltanto scelte imposte dalla maggioranza politica del Consiglio, che al momento è rappresentata dai liberal-conservatori.

La linea adottata dal Consiglio è contestata dai governi di sinistra (in particolare da quello francese), che chiedono di affiancare al risanamento economico misure di rilancio della crescita basate su investimenti comuni.

Questo approccio continua a guadagnare consensi, anche perché l’austerità ha finito per soffocare le economie europee, i conservatori tedeschi sono costretti a governare insieme ai socialdemocratici e il disamore per l’Unione preoccupa il Consiglio. L’Italia ha deciso di unirsi alla Francia, mentre la sinistra tedesca e l’ex cancelliere Schröder chiedono un rinvio delle scadenze per il risanamento economico, la stessa linea adottata dagli Stati Uniti. Nella giornata di giovedì il Fondo monetario internazionale ha sottolineato che il patto di stabilità sta “scoraggiando gli investimenti pubblici” in Europa.

L’idea di rilanciare la crescita attraverso investimenti concordati sta per prevalere, proprio nel momento in cui la democrazia europea potrebbe compiere un passo avanti con la nomina alla presidenza della Commissione di Jean-Claude Juncker, candidato del Partito popolare europeo che ha ottenuto il maggior numero di voti alle ultime elezioni continentali. In Europa, insomma, le cose stanno finalmente cambiando.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it