03 luglio 2014 07:00

Mentre l’Ucraina resta in uno stato di profonda incertezza, l’Iraq si sta spaccando nel quadro di un devastante caos regionale. L’ultimo segnale d’allerta è arrivato martedì, quando il presidente del Kurdistan iracheno (autonomo ormai da quasi 25 anni) ha manifestato l’intenzione di organizzare un referendum sull’indipendenza. “L’Iraq è ormai diviso, quindi perché dovremmo continuare a subire la situazione tragica del paese?”, ha chiesto pubblicamente Massud Barzani prima di aggiungere che l’organizzazione del referendum è ormai “questione di mesi”.

Senza dubbio i curdi voteranno a favore dell’indipendenza, anche perché il Kurdistan iracheno attraversa un periodo di forte crescita economica. Passando da Istanbul, gli uomini d’affari europei, americani e arabi sbarcano in massa nella regione, e le strade sono ormai sicure e ben curate. Il Kurdistan iracheno, già indipendente di fatto, è spinto verso una separazione formale dall’Iraq da quando i jihadisti dello Stato islamico hanno approfittato dell’emarginazione dei sunniti da parte della maggioranza sciita per assumere il controllo delle regioni dove domina la minoranza che governava il paese ai tempi di Saddam Hussein.

Fatta eccezione per la capitale, a maggioranza sciita, l’Iraq è ormai la giustapposizione di tre diversi paesi – sunnita, sciita e curdo – all’interno di frontiere internazionali smentite dalla realtà sul campo. Tra le zone sunnite dell’Iraq e della Siria, infatti, non esiste più un confine reale, mentre una frontiera è progressivamente emersa tra il Kurdistan e il resto dell’Iraq.

Se gli sciiti riusciranno a superare le divisioni interne, convincendo i curdi a non separarsi e i sunniti a rivoltarsi contro lo Stato islamico, l’unità irachena potrebbe sopravvivere. Ma è uno scenario improbabile, e a questo punto la cosa migliore sarebbe un allontanamento delle tribù sunnite da quei jihadisti che le hanno aiutate a rialzare la testa. Uno sviluppo di questo tipo non è del tutto impossibile, perché in fondo i sunniti iracheni realmente favorevoli al jihadismo sono pochi, ma è altrettanto vero che la riunificazione di un paese creato artificialmente dagli imperi britannico e francese alla fine della Prima guerra mondiale non sembra più possibile.

Questa situazione avrà tre conseguenze principali. La prima è che le altre minoranze curde della regione (in Siria, Iran e Turchia) saranno incoraggiate dal precedente iracheno e rivendicheranno più energicamente la loro autonomia. La seconda è che il legame tra la maggioranza sunnita siriana e la minoranza sunnita irachena provocherà una spaccatura della Siria dopo aver generato quella dell’Iraq. La terza conseguenza è che l’Iran rischia di perdere due alleati, l’Iraq a maggioranza sciita (offerto a Teheran su un piatto d’argento dall’intervento statunitensei) e la Siria guidata dal clan Assad, sciita-alauita. Con una mappa in piena evoluzione, il Medio Oriente si sta ormai balcanizzando.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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