13 gennaio 2015 08:34

Per ora lo dicono a bassa voce, ma nessuno ne dubita. Francesi, europei, americani o arabi che siano, tutti i leader dei paesi coinvolti dal terrorismo, tutti i servizi segreti, tutti i ricercatori e tutti i diplomatici prevedono nuovi attentati.

Dove, quando e contro chi, ancora non lo sappiamo. Possiamo incrociare le dita, raddoppiare la vigilanza sui possibili sospetti e proteggere i possibili bersagli, ma purtroppo tutto lascia pensare che il sangue continuerà a scorrere, per diversi motivi.

Innanzitutto c’è il video, misteriosamente diffuso dopo la sua morte, in cui Amedy Coulibaly sostiene di essere un combattente dello Stato islamico. Le sue azioni, spiega, sono “legittime e ampiamente meritate”. “Voi attaccate il califfato e lo Stato islamico, noi attacchiamo voi”, aggiunge. “Tutto questo perché applichiamo la sharia? Siete voi a dover decidere quello che succede sulla terra?”.

Il secondo motivo per temere nuovi attentati è rappresentato da una parte (piccola ma sufficiente) dei giovani tornati in Europa dopo aver cercato una ragione di vita combattendo sotto il vessillo jihadista in Medio Oriente, e che oggi sono bombe a orologeria che potrebbero esplodere in qualsiasi momento. Infine non dobbiamo dimenticare che lo Stato islamico ha bisogno di nuovi attentati per rispondere a due obiettivi: spaventare l’opinione pubblica affinché spinga i governi a smettere di combattere il terrorismo e alimentare la fobia nei confronti di tutti i musulmani per scatenare il caos e favorire il reclutamento.

La sfida è chiara, ma come possiamo affrontarla? Aumentando la protezione dei potenziali bersagli come ha fatto la Francia; migliorando il coordinamento tra i servizi segreti di ogni paese; evitando di rinchiudere nella stessa cella teorici del jihadismo, combattenti agguerriti e piccoli delinquenti che rischiano di essere reclutati; regolamentando internet, perché sottomettere la rete alle stesse norme che regolano la stampa non significa limitare la libertà di espressione; proibendo l’incitamento in rete all’odio razziale, all’omicidio e alla violenza terrorista.

Tutto questo sarà fatto, ma il punto fondamentale è un altro. La risposta essenziale è quella che hanno dato i francesi in modo così sorprendente, istintivo e deciso: non avere paura, serrare i ranghi, opporre una determinazione collettiva al terrore organizzato dei lupi solitari e soprattutto non cadere nel tranello teso dai jihadisti confondendo una fede religiosa con il terrorismo. Angela Merkel si è impegnata a seguire questa strada in Germania, ed è precisamente questo il senso dell’appello lanciato sabato dal fratello di Ahmed Merabet, il poliziotto francese ucciso dai terroristi che hanno preso d’assalto la redazione di Charlie. Ascoltatelo. Le sue sono parole forti e sconvolgenti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it