18 marzo 2015 08:23

Il risultato delle elezioni israeliane è ancora incerto e serviranno ventiquattro o trentasei ore per capire chi governerà con chi a Gerusalemme. Per il momento l’unica certezza è che nei tre giorni prima dello scrutinio Benjamin Netanyahu ha realizzato una grande rimonta con il suo Likud.

Tutti i sondaggi avevano dato la formazione di destra dietro l’Unione sionista, il fronte costituito dalla sinistra laburista e dai centristi, ma alla fine il Likud ha staccato nettamente l’avversario.

Questa svolta è sufficiente a rendere il primo ministro uscente il grande vincitore delle elezioni. Netanyahu resta una figura centrale sulla scena politica israeliana, anche se bisognerà capire chi è stato penalizzato dalla sua svolta, operata presentandosi come garante della sicurezza di Israele.

Se il Likud ha sottratto voti agli altri partiti di destra, bisognerà stabilire se è in grado di costituire una maggioranza parlamentare. Al momento sembra probabile ma non del tutto certo, perché la destra è profondamente divisa tra laici e religiosi e tra destra ed estrema destra. In questo senso più di un leader di partito potrebbe essere tentato di mettere in difficoltà Netanyahu per affermare la propria corrente.

Inoltre resta da capire se la destra sociale di Kulanu, la nuova formazione guidata da Moshe Kahlon e uscita dal Likud perché in rotta con il liberismo di Netanyahu, alla fine deciderà di voltare le spalle alla destra ed entrare nel campo del centrosinistra. È proprio questa formazione che potrebbe essere decisiva per creare una maggioranza, ed è su questo punto che il capo del centrosinistra Isaac Herzog ha continuato a battere stanotte, dichiarando che la partita non è ancora finita e che farà “di tutto per creare un vero governo sociale in Israele”.

La terza incognita riguarda i partiti arabi, che ottenendo 13 seggi sono diventati la terza forza politica israeliana e potrebbero accordare al centrosinistra un appoggio esterno, anche se non è detto che Herzog abbia intenzione di rischiare la creazione di un governo di minoranza dipendente dai voti degli arabi.

Dalla risposta a queste tre incognite nascerà il prossimo governo di Israele. Per il momento niente è deciso, ma ci sono già due conclusioni da trarre. La prima è che il sistema proporzionale semi integrale in vigore in Israele rende il paese sempre più ingovernabile, favorendo il moltiplicarsi di piccoli partiti che diventano decisivi per il risultato finale. “Ci manca un De Gaulle”, pensano e dicono gli israeliani, un problema condiviso dai palestinesi.

La seconda conclusione è che la pace non arriverà presto. Netanyahu non ne vuole sapere di uno stato palestinese (e l’ha ribadito lunedì) mentre Herzog, anche se riuscisse a creare una maggioranza, sarebbe troppo debole per percorrere il cammino della conciliazione.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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