26 giugno 2015 09:20

La scadenza decisiva è stata rinviata a sabato, quando dopo la battuta d’arresto di giovedì, Atene, i suoi partner europei e il Fondo monetario internazionale troveranno (o meno) un compromesso per evitare che la Grecia si ritrovi in default di pagamento il prossimo 30 giugno e sia costretta a uscire dall’euro tornando alla dracma, una moneta che sarà svalutata almeno del 50 per cento, con un debito colossale e la necessità di importare gran parte delle materie prime.

Per la Grecia sarebbe un cataclisma, e allo stesso tempo questo scenario metterebbe in dubbio la sopravvivenza della moneta unica. Per questo motivo il fallimento di questo negoziato apparentemente interminabile è tutto fuorché auspicabile. La Grecia, gli europei e l’Fmi lo sanno benissimo, ed è per questo che i vertici dell’ultima spiaggia si trasformano ogni volta nei vertici della penultima spiaggia. Il problema è che già in passato la logica e l’interesse comune non sono riusciti a prevalere.

Braccio di ferro

Non siamo ancora alla svolta negativa, ma questo pericolo è più che mai reale, per due motivi. Il primo è che il governo di sinistra di Atene non vuole tradire le sue promesse elettorali. Syriza aveva garantito la fine dell’austerità conquistando il favore dei greci, e se anche Alexis Tsipras volesse fare marcia indietro dovrebbe fare i conti con parlamentari pronti a metterlo in minoranza se dovesse spingersi troppo oltre sulla via delle concessioni.

A quel punto altri deputati (di destra, sinistra o centrosinistra) potrebbero accordargli il loro appoggio per formare una nuova maggioranza, ma non è detto che il primo ministro greco sia pronto a rinunciare così presto al suo tentativo di modificare le politiche europee.

Il secondo motivo per prendere sul serio il rischio di un fallimento del negoziato è che molti europei sono convinti che l’uscita della Grecia dall’eurozona sarebbe meno grave rispetto ad accordare reali concessioni al governo di Atene.

Per i paesi del nord culturalmente ostili al deficit di budget, per la destra al potere in Spagna spaventata dalla possibile affermazione di Podemos e per la destra tedesca che prende le distanze da Angela Merkel, un successo diplomatico di Syriza potrebbe compromettere la politica di risanamento dei conti pubblici in Europa ispirando altri paesi a seguire la strada indicata da Atene.

Il negoziato, insomma, somiglia sempre di più a un braccio di ferro ideologico e politico, e questo non facilita la ricerca di un compromesso che resta indispensabile.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it