16 ottobre 2015 09:26

Sempre popolare e al potere da quasi dieci anni, Angela Merkel era “la mamma” dei tedeschi. Ora però, nonostante il soprannome affettuoso, la cancelliera appare in difficoltà. Questo non significa che i democristiani si preparino a mandarla via, come i conservatori britannici avevano fatto con Margaret Thatcher, o che rischi una rivolta interna.

Eppure la cancelliera comincia a soffrire il fatto di essere al contempo la capofila dei conservatori tedeschi e la leader europea più favorevole ad accogliere i profughi siriani, a cui ha aperto le porte del paese.

Questa scelta non è ben vista dalla base e dagli eletti del suo partito. L’Unione cristiano sociale in Bavaria (Csu), l’ala bavarese del suo partito, è inquieta, e le intenzioni di voto nei confronti della destra sono in calo, pur restando attorno al 38 per cento. Alcuni militanti (non troppi) riconsegnano la tessera, mentre i giornali conservatori parlano di un divorzio tra il popolo della destra e la sua cancelliera.

I motivi per scappare dalla Siria non spariranno da un giorno all’altro. È una sfida per l’Europa e l’Europa deve raccoglierla

Per Merkel, che ha sempre saputo come tenere compatto il suo elettorato, il momento è complicato. Ma resiste, sottolineando che la “chiusura delle frontiere è un’illusione” e che la solidarietà davanti a questa sfida “è l’unica soluzione possibile” per l’Europa. “Ce la faremo”, ripete incessantemente sottolineando che il compito non è più arduo rispetto all’unificazione della Germania. In questo, Angela Merkel ha ragione.

La cancelliera fa bene a voler prendere di petto il problema anziché ignorarlo, a voler convincere la gente anziché condividere le paure dell’opposizione. I fatti, d’altronde, sono innegabili. Da gennaio in Europa sono arrivati oltre 700mila rifugiati e altri ne arriveranno, perché i motivi per scappare dalla Siria non spariranno da un giorno all’altro. È una sfida per l’Europa e l’Europa deve raccoglierla. Anche perché quali sarebbero le alternative?

Fare affidamento sulla Turchia? Sì, forse, certamente. Proprio su questo si è concentrato il Consiglio europeo di giovedì che ha messo in campo dei reali strumenti di cooperazione, ma la Turchia sprofonda in una crisi politica e potrà aiutare l’Europa solo a condizione di ricevere in cambio l’adesione, eventualità che al momento sembra poco auspicabile. Resta la possibilità di dire alla Grecia e all’Italia di sbrigarsela da sole, ma Roma e Atene non lo accetterebbero mai.

L’Europa intera deve raccogliere questa sfida perché non ha altra scelta e perché può farlo. Non solo una popolazione di 500 milioni di persone è perfettamente in grado di integrare i profughi senza reali difficoltà, ma l’Europa potrebbe crescere grazie al loro contributo, a condizione di saperne sfruttare le capacità anziché demonizzarli. Quando si vuole si può. E per potere basta dovere e volere.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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