02 novembre 2017 12:50

Tutto ha una fine. Ce l’avrà anche il terrorismo islamico che ha nuovamente colpito il 31 ottobre a New York, ma purtroppo non sembra vicina. In occidente come in Asia, in Africa come in Medio Oriente, gli attentati jihadisti continueranno a uccidere almeno per un’altra ventina d’anni, per due motivi.

Il primo è che Al Qaeda e il gruppo Stato islamico (Is) hanno la capacità di sopravvivere alla sconfitta. Al Qaeda ha perso il suo capo e la sua catena di comando, mentre l’Is ha perso le sue capitali in Iraq e in Siria (Mosul e Raqqa) e gran parte delle immense risorse che ricavava dalle tasse e dai pozzi di petrolio che controllava. Eppure entrambe le organizzazioni, soprattutto l’Is, conservano un jolly che le rende estremamente pericolose.

In un mondo dove la fiducia nel futuro non esiste più, dove il denaro regna sovrano e il cattolicesimo, il socialismo e il comunismo non sono più così forti da incanalare il desiderio di giustizia delle giovani generazioni, il jihadismo è diventato l’unica ideologia rivoluzionaria ancora disponibile sul mercato. Chiaro, si tratta solo di sangue, delirio e crudeltà, ma per molti sbandati la radicalità dei terroristi ha un certo fascino di rottura con uno status quo che considerano detestabile.

Non per sempre
Con il jihadismo non è l’islam a radicalizzarsi, ma la radicalità che si islamizza. È per questo che l’Is (o quello che ne rimane) continuerà per molto tempo a far breccia nell’animo di persone disperate e disposte a credere che si può diventare eroi lanciandosi con un furgone contro i passanti o sgozzando due ragazze in una stazione di Marsiglia.

Questa situazione è destinata a durare finché dureranno – nel Sahel, in Medio Oriente o nel sudest asiatico – i problemi economici, politici e sociali che permettono agli islamisti di far circolare l’idea che l’islam sia la soluzione a tutti i problemi, che naturalmente vengono tutti dall’occidente.

Le ragazze e i ragazzi scesi in piazza durante le primavere arabe saranno al potere tra venticinque anni

Andremo avanti così per un quarto di secolo, fino a quando le generazioni della primavera araba del 2011 arriveranno al potere. Ovunque tranne che in Tunisia, queste generazioni sono imbavagliate e violentemente represse da dittature che hanno ripreso il controllo un po’ dappertutto. Ma questo non deve farci dimenticare tutti quelli che erano scesi in strada, ragazzi e ragazze insieme, con numeri mille volte maggiori rispetto a quelli degli islamisti, per chiedere libertà, stato di diritto e democrazia.

Per la semplice legge della biologia, tra venticinque anni al potere ci saranno loro, nello stesso momento in cui il terrorismo islamico avrà definitivamente fallito perché non avrà portato alcuna soluzione a nessun problema. Il jihadismo continuerà a colpire, ma non per sempre.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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