21 marzo 2015 15:34
Un modello in scala della nuova Cairo presentato agli investitori a Sharm el Sheikh, in Egitto, il 15 marzo 2015. (Amr Abdallah Dalsh, Reuters/Contrasto)

In arabo dialettale egiziano si usa la parola Masr per indicare sia l’Egitto sia Il Cairo, segno della centralità che la capitale riveste nella vita e nell’immaginario degli egiziani. Anche per gli standard mondiali Il Cairo è una città con numeri da capogiro: si stima che in quest’area urbana vivano tra i 18 e i 20 milioni di abitanti, che si prevede diventeranno 40 milioni nel 2050; è una delle metropoli più densamente popolate del mondo, con un traffico folle e livelli d’inquinamento alle stelle. I primati sono tanti, e molto negativi.

Eppure Il Cairo è stata anche la testimone, quattro anni fa, della rivoluzione con più seguito e più popolare del mondo arabo. E piazza Tahrir, in pieno centro, è diventata il simbolo topografico delle primavere arabe.

Dopo il ritorno al potere dell’esercito con il nuovo regime del presidente Abdel Fattah al Sisi, il governo egiziano ha sentito l’esigenza di trovare una nuova sede. In occasione della conferenza economica “Il futuro dell’Egitto”, che si è svolta a Sharm el Sheikh dal 13 al 15 marzo, il presidente Al Sisi ha ricevuto promesse di investimenti miliardari da parte di imprenditori stranieri – soprattutto dei paesi del Golfo – e ha svelato il progetto faraonico di una nuova capitale, che sorgerà cinquanta chilometri a est del Cairo, in pieno deserto.

Il progetto della nuova città dovrebbe costare circa 45 miliardi di dollari. Interesserà un’area di 700 chilometri quadrati di deserto, dove si prevede la costruzione di strade su un’estensione complessiva di 140 chilometri quadrati, di 40mila stanze d’albergo, di un quartiere degli affari di 5,6 chilometri quadrati, di 21 zone residenziali, 700 asili d’infanzia, quattro milioni di metri quadri di centri commerciali… Grande dodici volte Manhattan, ospiterà cinque milioni di persone e dovrebbe creare un milione e mezzo di posti di lavoro, scrive il sito ufficiale del progetto The capital Cairo.

Un modello in scala della nuova Cairo presentato agli investitori a Sharm el Sheikh, in Egitto, il 13 marzo 2015. (Amr Abdallah Dalsh, Reuters/Contrasto)

I mezzi d’informazione governativi non hanno abbastanza superlativi a disposizione per descrivere i piani di Al Sisi: “L’Egitto è felice”, titola Al Masry al Youm. “Sisi, ora l’Egitto si risveglia!”, scrive Al Shorouk. Secondo Al Youm al Sabe, “i partecipanti alla conferenza di Sharm el Sheikh sono ‘uomini veri’”. Tra selfie e ragazzi in festa, la chiusura della conferenza è diventata l’occasione per una celebrazione di Al Sisi.

Alcuni commentatori egiziani, però, sollevano dei dubbi. Fami Howeidi scrive su Al Shorouk: “Il progetto è lussuoso, oneroso e mastodontico. Riguarda un futuro lontano, e ha poco a che vedere con la vita quotidiana degli egiziani”.

Khaled Fahmy, professore di storia all’American university of Cairo, pubblica su Cairobserver un articolo intitolato A caccia di miraggi nel deserto: “Immaginate di essere russi e di svegliarvi una mattina scoprendo che, visti i gravi problemi di traffico a Mosca, il Cremlino ha deciso, non di costruire un sistema di trasporti pubblici, ma una nuova capitale, in mezzo al nulla. O di essere italiani e di apprendere da un giorno all’altro che il governo ha deciso di abbandonare Roma per costruire una capitale più vicina alla costa e alle rotte marittime. È esattamente quello che ha fatto il governo egiziano, senza consultare i cittadini”.

Sul Guardian Patrick Kingsley dà voce agli scettici: “La nuova capitale dovrebbe avere 660 ospedali, 1.250 moschee e chiese e un parco di divertimenti grande quattro volte Disneyland. Tutto questo in sette anni. Ma è davvero fattibile?”. Kingsley intervista David Sims, urbanista che vive al Cairo e autore del libro Egypt’s desert dreams. Sims ricorda che l’Egitto ha una lunga storia di costruzione di città satellite (tra le quali una già chiamata “nuova Cairo”), alcune risalgono a pochi decenni fa e sono state un fallimento, perché sorgono nel deserto e non hanno collegamenti e infrastrutture adeguate. La maggioranza degli egiziani non può permettersi di avere un’auto ed è esclusa da questo tipo di urbanizzazione.

Una nuova Dubai
La più grande capitale costruita dal nulla (come Islamabad che ha 1,9 milioni di abitanti, o Brasilia che ne ha 2,5 milioni, o Canberra che ne ha 330mila) non ha ancora un nome. Ma gli egiziani si sono già prodigati in battute sul nuovo progetto faraonico. Su Twitter spopola l’hashtag arabo che sta per “Suggerisci un nome per la capitale egiziana” e, come racconta Cairoscene, le proposte della rete sono divertenti: si va da Per-Sisi-polis a Old York, a Umm Dhabi (dove il termine arabo umm, madre, sostituisce abu, padre).

Anche negli Emirati Arabi Uniti si parla molto del progetto. “Una parte della città sarà intitolata a Mohammed bin Zayed, principe ereditario di Abu Dhabi”, annuncia The National. Il costruttore a cui saranno affidati i lavori è infatti un cittadino degli Emirati: è Mohamed Alabbar, l’ideatore della torre più alta del mondo, il Burj Khalifa, nonché stretto consigliere dello sceicco di Dubai. Come si legge sul sito The capital Cairo, “negli ultimi decenni Alabbar ha portato avanti ambiziosi progetti di sviluppo immobiliare per un valore di 24 miliardi di dollari in quindici diversi paesi e ha gestito la creazione di icone globali che ispirano l’umanità”.

Per gli Emirati la “nuova Cairo” potrebbe essere la tanto attesa affermazione culturale, che sancisce la loro posizione centrale nel mondo arabo. Nel corso della storia, scrive The National, “ogni tentativo di costruire ‘una nuova Cairo’ ha corrisposto all’idea della città di successo di quel momento. All’inizio del novecento Heliopolis fu concepita come una città europea, il new Cairo degli anni duemila come una città americana. La nuovissima capitale somiglierà chiaramente alla città araba più importante del momento: Dubai. Una volta tutto il mondo arabo teneva lo sguardo rivolto verso il Cairo. Oggi, invece, guarda a Dubai come alla città ideale”.

Mentre gli emiri del Golfo trionfano e si apprestano a costruire la nuova capitale dell’Egitto, Khaled Fahmy, lo storico egiziano, è preoccupato per i suoi concittadini, che sono tagliati fuori dal progetto: “Che ne sarà del Cairo, la capitale dell’Egitto per oltre mille anni? Cosa succederà a questa metropoli di quasi venti milioni di abitanti? Dove si collocano gli abitanti nei piani del governo per la nuova capitale? Secondo il sito ufficiale la città avrà cinque milioni di abitanti. Ammettendo che ospiterà la nuova capitale amministrativa e che alleggerirà la pressione sul centro del Cairo (dove sono collocati tutti gli uffici governativi e dove c’è un grave problema di sovrappopolazione) che ne sarà poi di quelli che rimarranno a viverci?”.

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