11 dicembre 2015 17:12

Cosa dice il mondo arabo delle invettive contro i musulmani di Donald Trump, uno dei candidati repubblicani alla presidenza statunitense? E come commenta la vittoria del Front national alle elezioni regionali in Francia? Ne ride e se ne preoccupa. Molto.

L’umorismo è sicuramente il modo migliore per combattere il forte senso di smarrimento davanti all’espressione di tanto odio, e i comici del mondo arabo e musulmano hanno subito reagito alla dichiarazione di Trump che vuole chiudere le frontiere degli Stati Uniti a tutti i musulmani – e anche ai cittadini americani di religione musulmana, come ha sottolineato in seguito il suo portavoce.

Nel programma satirico statunitense The Daily Show l’attore Hasan Minhaj, nelle vesti di analista politico, spiega il fenomeno con poche parole:

Donald Trump è un leader estremista, uscito fuori dal nulla. Si finanzia da solo, recluta i suoi sostenitori attraverso i social media, e attrae i suoi seguaci grazie a un’ideologia radicale che ha come obiettivo quello di conquistare il mondo e promuovere attivamente una guerra tra l’islam e l’occidente.

“Oh mio dio, è uno Stato islamico bianco!”, gli risponde terrorizzato il conduttore dello show.

Bassem Youssef, la star televisiva egiziana, vittima della censura del generale Al Sisi in Egitto, ha immediatamente twittato: “Non sapevo che Trump parlasse perfettamente in nazista”.

E poi ha proseguito: “Parlando con Trump, dopo i suoi commenti sui musulmani, mi sono accorto che stavo parlando con un pupazzo. Proprio come lui”.

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E ha aggiunto: “Cazzate simili te le aspetti da un coglione come il vero Donald Trump, quello che preoccupa sono le orde di fan che esultano per queste cazzate”.

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Ma al di là dell’ironia, la preoccupazione è fortissima: Sana Saed, producer di Al Jazeera, scrive: “Sono così stanca delle persone che ci dicono di non avere paura (…). Molti mezzi d’informazione condannano ora i commenti di Trump, ma la verità è che i media statunitensi non ‘amano’ i musulmani. Provano, adesso, a distanziarsi da ciò che hanno fatto: aiutare Trump ad arrivare fino a dove è arrivato grazie al suo odio”.

La convinzione che le affermazione di Trump in realtà esprimano l’islamofobia diffusa negli Stati Uniti e in occidente è condivisa dalla maggior parte della stampa araba. Il quotidiano panarabo Al Hayat prende sul serio le sue dichiarazioni e “non vede altra possibilità che paragonarlo a un Hitler americano”: “Trump ricorda chiaramente Hitler e le sue politiche contro gli ebrei”, scrive il giornale in prima pagina.

In Egitto le principali istituzioni religiose come l’Università di Al Azhar o Dar al Ifta sottolineano il peso dei musulmani nella società statunitense e ricordano, sulle pagine del quotidiano governativo Al Ahram, che questi “atteggiamenticosì ostili all’islam e ai musulmani non faranno che accrescere le tensioni all’interno della società americana, in cui vivono otto milioni di cittadini musulmani pacifici e leali”.

Tornando alla storia americana, l’editorialista di Al Jazeera Hamid Dabashi, considera invece che “la minaccia che vivono oggi i musulmani negli Stati Uniti non si limita a questi aspiranti fascisti come Trump. La sfida è molto più profonda e saldamente radicata nella cultura politica di un paese che ha cominciato la sua storia con il genocidio degli indiani, ha continuato con la schiavitù sistematica degli afroamericani, e ha rinchiuso la popolazione americana di origine giapponese nei campi d’internamento durante la seconda guerra mondiale”.

In Libano è il quotidiano L’Orient le jour, espressione della comunità cristiano maronita, che considera le affermazioni di Trump come l’esito finale di un processo di una pericolosità inaudita, comune a tutto l’occidente:

Gli attentati di Parigi e di San Bernardino hanno liberato in occidente un discorso antimusulmano di una violenza inedita, da quello dell’americano Donald Trump, che vuole vietare l’ingresso dei musulmani negli Stati Uniti, a quello dell’australiano Tony Abbott, che parla di “superiorità” della cultura occidentale. E la vittoria del Front National, che ha registrato un risultato storico alle elezioni regionali in Francia tre settimane dopo la strage di Parigi, non fa che aggiungersi al resto.

Ma è dai paesi arabi più ricchi che sono arrivate le condanne più efficaci per una personalità come Donald Trump. Sul quotidiano del Qatar Al Watan, Said Sachin Mendawa, direttore esecutivo dei negozi Lifestyle, che vendono prodotti delle aziende di Trump, ha annunciato. “Tenuto conto delle recenti dichiarazioni del candidato alle presidenziali americane, abbiamo deciso di interrompere la vendita di tutti i prodotti che portano la marca Trump”.

I punti vendita Lifestyle, di proprietà del gigante mediorientale della distribuzione Landmark group, boicotteranno i suoi prodotti in 195 negozi sparsi tra Medio Oriente, Nordafrica, Golfo Persico, Pakistan e Tanzania. Forse l’unico ragionamento che Donald Trump potrà capire?

Il blogger irachenolibanese Karl Sharro commenta:

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“Trump ha fatto incazzare il gruppo di musulmani più pericoloso che esista: i ricchi consumatori del Golfo”.

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