03 dicembre 2020 16:14

La sera del 3 dicembre, dopo 16 giorni di carcere, Karim Ennarah, Mohammed Basheer e Gasser Abdel Razek sono stati liberati dalla prigione di Tora, nel sud dell’Egitto. Resta invece in carcere Patrick Zaki, studente all’università di Bologna, in prigione dal 7 febbraio 2020 senza processo. Per loro si erano mobilitate organizzazioni internazionali e varie personalità: l’appello lanciato da Scarlett Johansson ha fatto il giro del mondo.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

I tre attivisti egiziani liberati lavorano per l’Iniziativa egiziana per i diritti personali (Eipr), una delle ultime ong rimasta a lavorare in Egitto dopo l’attacco senza precedenti lanciato dal presidente Abdel Fattah al Sisi contro qualsiasi forma di dissenso. Gli arresti arbitrari sono diventati la norma. Abbiamo già parlato molte volte su Internazionale dei casi più eclatanti, come il suicidio di Sarah Hegazy o la vicenda di Shadi Habash, morto in prigione, o ancora gli arresti di Alaa Abdel Fatah e di altri attivisti.

Ennarah, Basheer e Razek erano gli ultimi che riuscivano a dare notizie sulle persone arrestate in Egitto e che andavano a visitarle in carcere. A loro volta detenuti – con l’accusa di terrorismo – sono stati trattati in modo degradante. Erano stati arrestati tutti e tre, tra il 15 e il 19 novembre, perché avevano incontrato tredici diplomatici europei, a cui avevano denunciato l’escalation della persecuzione e chiesto la liberazione dei detenuti. All’incontro, avvenuto il 3 novembre presso la sede dell’Eipr, erano presenti gli ambasciatori di Germania, Francia, Belgio, Danimarca, Finlandia, Italia, Paesi Bassi, Spagna e Svizzera, nonché gli incaricati d’affari di Canada, Norvegia e Svezia, il viceambasciatore del Regno Unito e i rappresentanti della Commissione europea al Cairo.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

A livello diplomatico, questi arresti sono stati quindi un ennesimo schiaffo di Al Sisi agli europei. Secondo la giovane moglie di Karim Ennarah, che ha scritto un editoriale per il New York Times, sono stati anche un test di Al Sisi al nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden, per capire se potrà, come con l’amministrazione Trump, approfittare del suo status di “dittatore preferito” – come lo aveva soprannominato l’ex presidente statunitense. Biden ha invece spiegato che non ci saranno più “assegni in bianco” per Al Sisi. È arrivato il momento della verità, ma di fatto lo stile è già cambiato: Antony Blinken, prossimo segretario di stato, ha scritto un tweet di sostegno ai tre attivisti: “Incontrare diplomatici stranieri non è un crimine”.

Oltre a Johansson, anche gli attori britannici Ralph Fiennes ed Emma Thompson avevano chiesto il loro rilascio. La Cnn aveva dedicato una trasmissione, diretta da Christiane Amanpour, a Jessy Kelly, moglie di Karim, e a Hossam Bahgat, fondatore dell’Eipr e arrestato a sua volta nel 2015. Bahgat è un giornalista e aveva ricevuto nel 2016 il premio Anna Politkovskaja al festival di Internazionale a Ferrara, ma non aveva potuto ritirarlo perché gli era stato ritirato il passaporto.

Due casi che scottano
E l’Italia che fa? Questa settimana, i procuratori italiani hanno denunciato che l’Egitto di Al Sisi li sta prendendo in giro e non li aiuterà mai a giudicare i sospetti torturatori e assassini di Giulio Regeni. Gli inquirenti italiani chiedono senza sosta gli indirizzi degli indagati, cinque funzionari della National security agency, il servizio segreto interno egiziano, che l’Egitto si ostina a non far pervenire. Al contrario, l’ultimo comunicato della procura del Cairo riporta l’indagine a zero, ribadendo la pista della rapina. I magistrati italiani, che il 4 dicembre devono presentare i risultati delle indagini preliminari, hanno dichiarato che procederanno invece con il processo nei confronti dei funzionari egiziani.

Ma c’è un altro giovane in pericolo: l’egiziano Patrick Zaki, che per l’Eipr si occupava di questioni di genere, contrariamente ai suoi compagni di prigione non è stato liberato. Ha potuto vedere la sua avvocata per la prima volta il 2 dicembre e ha rivelato che la sua salute si è ulteriormente deteriorata e che dorme per terra in cella da 10 mesi. Amnesty international ha chiesto la sua immediata liberazione.

La Federazione Internazionale per i diritti umani sta lanciando una campagna perché il presidente francese Emmanuel Macron non riceva Al Sisi, che dovrebbe visitare Parigi il 7 dicembre, senza esigere il loro rilascio.

La forza normativa dell’Unione europea, il suo attaccamento ai diritti umani sono i fondamenti etici dell’Unione europea, che ora deve dire basta e alzare la voce.

Questo articolo è stato aggiornato il 4 dicembre 2020.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it