04 maggio 2020 16:01

Quando scoppiò la rivoluzione egiziana nel 2011, Shadi Habash era ancora un adolescente. In quei mesi il cantante Ramy Essam divenne la voce della rivoluzione con la canzone intitolata Pane, libertà, giustizia sociale e il brano Irhal (”vattene!” indirizzato a Hosni Mubarak), cantati insieme a lui da milioni di manifestanti a piazza Tahrir.

Qualche anno dopo, a vent’anni, il giovane regista Habash ha girato il videoclip di un altro brano di Essam, Balaha, dove il cantante chiama il presidente Abdel Fattah al Sisi con il nomignolo balaha, dattero, un personaggio comico del cinema popolare egiziano degli anni settanta noto per mentire in modo patologico.

A pochi giorni dalle elezioni del marzo del 2018 il video aveva raggiunto 3,5 milioni di visualizzazioni, spiega il quotidiano libanese Al Akhbar. Essam oggi vive in esilio in Svezia ma Habash era stato arrestato a causa della canzone insieme al poeta Galal el Beheiry – tutt’ora in carcere – che aveva scritto le parole.

A causa di questo videoclip Shadi Habash è morto, il 2 maggio, a soli 24 anni nella prigione di massima sicurezza di Tora, al Cairo, per cause ancora ignote.

L’attivista Abdelrahman Ayyash ha scritto su Twitter: “L’artista, fotografo e regista Shadi Habash è appena morto nella prigione di Tora. Shadi si è gravemente ammalato nella sua cella, gli altri detenuti chiedevano aiuto da tempo ma le guardie non sono intervenute fino al suo ultimo respiro”.

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Shady Habash non era mai stato processato, le accuse contro di lui erano di “terrorismo” e “divulgazione di false notizie”, e nella sua ultima lettera chiedeva di non scordarsi di lui:

Ho bisogno del vostro sostegno, ho bisogno che gli ricordiate che sono ancora in prigione e che mi hanno dimenticato, e che sto morendo lentamente perché sono da solo di fronte a tutto ciò.

Nella sua breve carriera era stato il fotografo prediletto della scena rock e underground araba, tra cui il gruppo libanese Mashrou’ Leila, e aveva realizzato una post-produzione elettrizzante di un’altra canzone di Essam, El horreya geddan, e il videoclip del brano della cantante Souad Massi Bima al Taaloul.

Per il quotidiano Al Araby al Jadid, la morte di Habash corrisponde “a una nuova strategia del regime di Al Sisi, che usa la detenzione preventiva per far tacere chiunque alzi la voce nel paese”. Il presidente della commissione per i diritti umani nel parlamento egiziano Alaa Abed ha stimato che nel gennaio del 2018 il numero di carcerati in “detenzione preventiva” in Egitto era compreso tra i 25mila e i 30mila: “Questi casi hanno raggiunto un numero senza precedenti nella storia egiziana”.

Lo stesso quotidiano cita le organizzazioni dei diritti umani che segnalano un nuovo record di morti della peggiore dittatura mai vissuta nell’Egitto moderno, con almeno 917 prigionieri deceduti tra il giugno del 2013 e il novembre del 2019, di cui 677 per negligenza medica e 136 per tortura.

Habash aveva tre anni in meno di Patrick Zaki, il giovane studente egiziano dell’università di Bologna, in carcere da 55 giorni e tuttora in attesa di processo.

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