24 dicembre 2014 10:41

C’è una puntata dei Simpson che si apre con il notiziario del giornalista Kent Brockman che con tono concitato passa la linea al collega del meteo: “Diamo un’occhiata al conteggio delle vittime della tempesta killer che si sta abbattendo su di noi con una furia spaventosa…”. “Sì Kent”, risponde il meteorologo, “il conteggio delle vittime finora è zero ma è pronto a lievitare rapidamente”. Ovviamente il giorno dopo il sole splende su Springfield per il disappunto di Bart che sperava nella chiusura delle scuole.

Il costante e parossistico allarmismo del personaggio creato da Matt Groening pronto a parlare di emergenze a ogni tg (a corto di argomenti in un’altra puntata lancerà, dopo l’allarme neve, l’allarme pioggia e l’allarme ghiaccio, anche l’allarme “bel tempo”) fa una efficace parodia del tono delle news di gran parte dei giornalisti mondiali. Dunque non siamo soli. Ma leggendo le cronache dell’inchiesta Mondo di mezzo, che ha sollevato il velo sulla corruzione nella gestione del comune di Roma, l’atteggiamento della stampa locale e nazionale suscita, tra le tante, un’ulteriore riflessione.

Abbiamo appreso quale fosse il metodo di Salvatore Buzzi (considerato il braccio destro di Massimo Carminati, il capo dell’organizzazione criminale Mafia capitale), l’ex detenuto che con la sua cooperativa 29 giugno aveva costruito un impero da milioni di euro ora sotto sequestro. Più di tutto lo illustra lui stesso nell’sms di auguri che inviava nell’ultimo Capodanno: “Speriamo che il 2013 sia un anno pieno di monnezza, profughi, immigrati, sfollati, minori, piovoso così cresce l’erba da tagliare e magari con qualche bufera di neve: evviva la cooperazione sociale”.

Già, perché una macchina amministrativa lenta, inefficiente, resa spesso ingestibile da collusioni e favoritismi e da un pendolo continuo che oscillava tra consociativismo e rissosità tra partiti politici, sindacati e poteri economici, non riusciva ad assolvere in modo regolamentare nessuno di quei banali compiti elencati da Buzzi.

E così invece di usare l’azienda comunale per raccogliere la monnezza o pulire i tombini dalle foglie secche, di usare il servizio giardini per tagliare l’erba, l’assessorato alla casa per sistemare gli sfollati, la protezione civile per spalare la neve e i servizi sociali per occuparsi di minori e profughi, si finiva costantemente per rivolgersi, spesso senza bando o gara pubblica, alle cooperative sociali, a quelle oneste e, ovviamente, molto di più, a quelle corrotte.

C’è, però, un elemento che avrebbe impedito, o reso molto complicato, anche ad un amministratore onesto e corretto di affrontare in modo metodico e ordinato quelle incombenze: l’eterna emergenza decretata a mezzo stampa. È senz’altro vero che alcuni dei problemi della capitale sono così antichi da meritare lo stigma dello scandalo. Ma strillare di continuo titoloni sull’emergenza rifiuti, l’emergenza immigrati, l’emergenza pioggia o l’emergenza neve, non ha solo fatto il gioco dell’opposizione politica di turno, non ha solo fatto vendere qualche copia in più, ha anche aiutato Buzzi e i suoi compari a strappare un nuovo appalto, una proroga straordinaria, l’ennesimo affidamento.

Così, salvo rare eccezioni, la foto dei maiali che grufolano nella spazzatura post natalizia, pescata da un social network, non diventa l’occasione per un’attenta inchiesta sulla situazione complessiva dei rifiuti, sull’origine delle carenze organizzative dell’Ama, sulle complicità dei suoi vertici e, magari, su quel Mondo di mezzo che prosperava dietro le quinte. È solo un altro bel titolone “Caos rifiuti” o “Emergenza monnezza” e un nuovo assegno da 5 milioni fatto arrivare in tutta fretta dal comune alle coop per ripulire le strade. Allo stesso modo abbiamo scoperto come ci fosse sempre il Mondo di mezzo dietro alla presunta “Emergenza immigrati” che rendeva a Buzzi “più del traffico di droga” e che a Tor Sapienza aveva portato tumulti e rivolte di strada, cortei di politici e promesse (mantenute) di pogrom.

Ora molto, non ancora tutto, è stato spiegato ma, paradossalmente, la stampa (anche qui salvo rare eccezioni) invece di abbandonare il suo tratto impressionistico e tornare a essere analitica, esaustiva, a misurare i problemi e a smettere di propagandare soluzioni semplici per problemi complessi ha semplicemente cambiato un sostantivo. Ed ecco qui la nuova “Emergenza Capitale”.

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